Sentenza n. 186/99

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SENTENZA N. 186

ANNO 1999

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici

- Dott.   Renato GRANATA, Presidente

- Prof.    Giuliano VASSALLI

- Prof.    Francesco GUIZZI   

- Prof.    Cesare MIRABELLI

- Prof.    Fernando SANTOSUOSSO 

- Avv.    Massimo VARI         

- Dott.   Cesare RUPERTO    

- Dott.   Riccardo CHIEPPA  

- Prof.    Gustavo ZAGREBELSKY  

- Prof.    Valerio ONIDA        

- Prof.    Carlo MEZZANOTTE         

- Prof.    Guido NEPPI MODONA    

- Prof.    Piero Alberto CAPOTOSTI 

- Prof.    Annibale MARINI    

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli articoli 5, comma 1, lettera a, e 7 del decreto legge 31 dicembre 1996, n. 669, recante "Disposizioni urgenti in materia tributaria, finanziaria e contabile a completamento della manovra di finanza pubblica per l’anno 1997", convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1997, n. 30, promosso con ricorso della Regione Siciliana notificato il 27 marzo 1997, depositato in Cancelleria il 7 aprile 1997 ed iscritto al n. 32 del registro ricorsi 1997.

Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 9 marzo 1999 il Giudice relatore Valerio Onida;

uditi gli avvocati Francesco Torre e Giovanni Lo Bue per la Regione Siciliana.

Ritenuto in fatto

1.– Con ricorso notificato il 27 marzo 1997 e depositato il 7 aprile 1997, la Regione Siciliana ha proposto giudizio di legittimità costituzionale nei riguardi dell’art. 5, comma 1, lettera a, e dell’art. 7 del decreto legge 31 dicembre 1996, n. 669 (Disposizioni urgenti in materia tributaria, finanziaria e contabile a completamento della manovra di finanza pubblica per l’anno 1997), convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1997, n. 30.

La prima delle disposizioni impugnate modifica l’art. 26, comma 1, primo periodo, del d.P.R. 28 gennaio 1988, n. 43 (Istituzione del Servizio di riscossione dei tributi e di altre entrate dello Stato e di altri enti pubblici, ai sensi dell’art. 1, comma 1, della legge 4 ottobre 1986, n. 657), che prevede gli obblighi del commissario governativo delegato provvisoriamente alla riscossione dei tributi, nominato nei casi in cui in un ambito territoriale sia vacante la concessione amministrativa per il servizio di riscossione. La disposizione originaria prevedeva che il commissario "risponde del non riscosso come riscosso": la disposizione modificativa, impugnata, introduce la facoltà per il Ministro delle finanze, d’intesa con il Ministro del tesoro e sentita l’amministrazione regionale interessata, "di stabilire, in situazioni particolari, l’esonero da tale obbligo".

Ad avviso della ricorrente, l’amministrazione regionale "interessata" di cui é parola nel comma in questione non potrebbe che essere quella della Regione Siciliana, unica dotata di competenza legislativa concorrente in materia di riscossione dei tributi alla stessa spettanti. Poichè la Regione Siciliana ha istituito e disciplinato, con la legge regionale n. 35 del 1990, il servizio di riscossione, prevedendo la nomina, da parte dell’assessore regionale, del commissario governativo delegato provvisoriamente alla riscossione, senza innovare, quanto agli obblighi di quest’ultimo, l’art. 26 del d.P.R. n. 43 del 1988 nel suo testo originario, dalla disposizione impugnata discenderebbe l’illogica conseguenza che l’eventuale esonero dall’obbligo del non riscosso come riscosso, anzichè essere inserito tra le clausole del provvedimento assessorile di affidamento del servizio, verrebbe rimesso ad un atto del Ministro pressochè unilaterale (col solo parere della Regione), incidente sulle casse regionali. Onde la norma impugnata limiterebbe arbitrariamente la potestà regionale di riscossione dei tributi, contrastando con il combinato disposto degli artt. 17 e 36 dello statuto speciale e con l’art. 2 delle norme di attuazione in materia finanziaria di cui al d.P.R. n. 1074 del 1965.

In linea subordinata, per il caso non si ritenesse possibile riconoscere il potere di esonero alla Regione, la ricorrente lamenta la violazione del principio di leale collaborazione, in quanto si prevede un semplice parere della Regione, anzichè l’intesa con la medesima, che sarebbe lo strumento giuridico più idoneo a disciplinare i rapporti fra Stato e Regione in materie "interferenti".

2.– Una seconda censura investe l’art. 7 del decreto legge, che dispone la riserva a favore dell’erario delle entrate derivanti dal decreto medesimo, destinandole a finalità di copertura degli oneri per il servizio del debito pubblico e di risanamento del bilancio statale.

Secondo la ricorrente, varie disposizioni del capo I del decreto legge darebbero luogo a incrementi di entrata non conseguenti a nuove imposizioni o ad aumenti di aliquote di tributi esistenti, ma a semplici rimodulazioni della base imponibile di tributi il cui gettito é devoluto alla Regione. Essi non costituirebbero dunque "nuove entrate tributarie", suscettibili, secondo la previsione dell’art. 2 del d.P.R. n. 1074 del 1965, di essere riservate con legge all’erario per essere destinate "alla copertura di oneri diretti a soddisfare particolari finalità contingenti o continuative dello Stato". Mancando ogni indicazione dei criteri di selezione fra nuove entrate e ciò che non lo é, verrebbe meno la possibilità di controllare il corretto esercizio della deroga al principio della devoluzione del gettito alla Regione, e verrebbe meno la prevedibilità delle decisioni ministeriali di applicazione della norma impugnata, con violazione del principio di certezza del diritto.

3.– Si é costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, chiedendo il rigetto del ricorso.

Secondo l’Avvocatura erariale, lo stabilire, in casi particolari, l’esonero dall’obbligo del non riscosso come riscosso a beneficio del commissario, che non é un imprenditore come il concessionario, non potrebbe essere lasciato al potere della Regione, specie se si considera che la riscossione riguarda anche tributi che non sono di spettanza della Regione. La previsione del parere della Regione sarebbe poi in linea con il principio di leale collaborazione.

Quanto all’art. 7 del decreto, non si comprenderebbe quali siano le norme che comporterebbero entrate senza influire sulle aliquote. "Nuove entrate", comunque, sarebbero tutte quelle che, modificando il meccanismo impositivo (base imponibile, aliquota o altro), producono maggior gettito.

Considerato in diritto

1.– Il ricorso della Regione Siciliana solleva due distinte questioni, relative rispettivamente all’art. 5, comma 1, lettera a, e all’art. 7 del decreto legge 31 dicembre 1996, n. 669 (Disposizioni urgenti in materia tributaria, finanziaria e contabile a completamento della manovra di finanza pubblica per l’anno 1997), convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1997, n. 30.

In relazione alla seconda questione, concernente una norma che riserva all’erario le entrate derivanti dal medesimo decreto legge n. 669 del 1996, questa Corte ha disposto in via istruttoria, con ordinanza del 22 - 31 marzo 1999, l’acquisizione di informazioni e documenti.

2.– In questa sede resta dunque da decidere solo la prima questione, concernente una disposizione la quale prevede la facoltà del Ministro delle finanze, d’intesa con il Ministro del tesoro e sentita l’amministrazione regionale interessata, di stabilire con proprio decreto, in situazioni particolari, l’esonero del commissario governativo delegato provvisoriamente alla riscossione dei tributi dall’obbligo del "non riscosso come riscosso". Essa violerebbe, secondo la ricorrente, il combinato disposto degli articoli 17 e 36 dello statuto speciale, relativi rispettivamente alla potestà legislativa concorrente e all’autonomia finanziaria della Regione Siciliana, in quanto attribuirebbe al Ministro delle finanze un potere di disporre che dovrebbe spettare all’assessore regionale cui é demandata la nomina del commissario governativo delegato provvisoriamente alla riscossione dei tributi; in subordine, la ricorrente lamenta la violazione del principio di leale collaborazione, in quanto la disposizione impugnata si limiterebbe a prevedere il parere della Regione interessata, anzichè l’intesa con la medesima, come sarebbe necessario per disciplinare i rapporti fra Stato e Regione in materie "interferenti".

3.– L’anzidetta questione non é fondata.

La disposizione impugnata si limita ad apportare una modifica all’art. 26 del d.P.R. 28 gennaio 1988, n. 43, cioé del decreto legislativo che, sulla base della delega di cui all’art. 1 della legge 4 ottobre 1986, n. 657, ha disciplinato la istituzione del Servizio di riscossione dei tributi e di altre entrate dello Stato e di altri enti pubblici. Mentre il testo previgente prevedeva in ogni caso l’obbligo del commissario governativo, delegato provvisoriamente alla riscossione dei tributi, di rispondere del "non riscosso come riscosso", secondo il principio tradizionalmente affermato dalla legislazione in materia di riscossione di tributi demandata a soggetti diversi dall’amministrazione finanziaria, e ribadito dall’art. 1, comma 1, lettera f, n. 5, della legge n. 657 del 1986 (ancorchè oggi in via di superamento, dopo che la legge 28 settembre 1998, n. 337, contenente "delega al Governo per il riordino della disciplina relativa alla riscossione", ha previsto l’eliminazione di tale obbligo anche per i concessionari della riscossione: art. 1, comma 1, lettera c), il nuovo testo prevede invece la facoltà del Ministro delle finanze di stabilire, in situazioni particolari, l’esonero da tale obbligo.

Nell’ambito della Regione Siciliana, però, spettando alla Regione medesima tutte le entrate tributarie erariali riscosse nel suo territorio, ad eccezione di quelle enumerate (art. 2 del d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074, contenente "Norme di attuazione dello statuto della Regione Siciliana in materia finanziaria"), ed essendo ad essa riconosciuta una potestà legislativa concorrente o sussidiaria in materia tributaria, mentre, in assenza di disciplina regionale, si applica nella Regione la legislazione tributaria dello Stato (art. 6 del citato d.P.R. n. 1074 del 1965), alla istituzione e alla disciplina del servizio di riscossione dei tributi provvede la legge della Regione, ferma restando l’applicazione anche a tale Regione dei principi risultanti dalla legge statale n. 657 del 1986 e dal d.P.R. n. 43 del 1988: in tal senso dispone espressamente l’art. 132 dello stesso d.P.R. n. 43 del 1988.

In effetti la Regione ha disciplinato la materia con legge regionale 5 settembre 1990, n. 35 (Istituzione e disciplina del servizio di riscossione dei tributi e di altre entrate), il cui articolo 1 stabilisce espressamente che "le disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 28 gennaio 1988, n. 43 e successive modifiche si applicano nel territorio della Regione, salvo quanto previsto dalla presente legge e dalle altre norme regionali vigenti in materia".

La stessa legge regionale, all’art. 18, prevede la nomina - s’intende, da parte dell’Assessore regionale per il bilancio e le finanze (cfr. art. 2, comma 2, della stessa legge) - del "commissario governativo delegato provvisoriamente alla riscossione, previsto dall’art. 24 del decreto del Presidente della Repubblica 28 gennaio 1988, n. 43 e successive modifiche". Il comma 3 del medesimo art. 18 stabilisce poi - in perfetta corrispondenza con quanto dispone l’art. 24, comma 3, del d.P.R. n. 43 del 1988 - che "al commissario governativo si applicano le norme stabilite per il concessionario, salvo quanto disposto dagli articoli 25, 26, 27 e 28 del decreto del Presidente della Repubblica 28 gennaio 1988, n. 43 e successive modifiche".

Come si vede, il rinvio "mobile" alle disposizioni del d.P.R. n. 43 del 1988 e alle "successive modifiche" dello stesso, stabilito in via generale dall’art. 1 della legge regionale n. 35 del 1990, é ribadito espressamente a proposito dell’art. 26 dello stesso decreto, su cui ha inciso la modifica recata dall’impugnato art. 5, comma 1, lettera a, del decreto legge n. 669 del 1996. Da un lato, dunque, il d.P.R. n. 43 del 1988 (art. 132) riconosce pienamente la competenza regionale a disciplinare la materia della riscossione, anche in deroga alle singole disposizioni dello stesso decreto, purchè in conformità ai principi che si desumono da esso e dalla legge statale di delega n. 657 del 1986. Dall’altro lato la legge regionale, nell’esercitare tale competenza, espressamente ribadisce l’applicabilità nella Regione Siciliana del decreto legislativo statale e delle sue successive modifiche, salve le deroghe recate dalla legge regionale, e in particolare prevede che si applichino nella Regione l’art. 26 del decreto governativo e le sue successive modifiche, e pertanto anche la modifica ad esso recata dalla disposizione qui contestata.

L’efficacia di quest’ultima nell’ambito della Regione - fino ad eventuali nuovi interventi legislativi regionali - dipende dunque proprio da ciò che ha disposto, in armonia con il sistema delle norme di attuazione statutaria e con le stesse statuizioni del d.P.R. n. 43 del 1988, il legislatore regionale.

La ricorrente non può avere perciò ragione di doglianza per il solo fatto che trova applicazione anche nel suo territorio la nuova disposizione, che prevede la facoltà di esonerare, in situazioni particolari, il commissario governativo delegato provvisoriamente alla riscossione dall’obbligo del "non riscosso come riscosso"; nè é in alcun modo lesa la competenza legislativa, in materia di riscossione dei tributi, della Regione Siciliana, la quale potrà se del caso intervenire con proprie leggi, purchè sempre nel rispetto dei principi derivanti dalla legislazione statale, a regolare anche questo particolare aspetto della disciplina della riscossione.

4.– Nemmeno ha fondamento la censura secondo cui il Ministro delle finanze, sulla base della disposizione impugnata, verrebbe ad esercitare anche negli ambiti territoriali della Regione Siciliana, e nei confronti dei commissari governativi nominati dall’Assessore regionale, il potere di esonero in questione, in violazione della competenza spettante alla Regione in materia.

Tale potere di esonero si esercita mediante un atto avente la natura e i caratteri di provvedimento amministrativo, non normativo. Infatti la norma statale configura una "facoltà" del Ministro, che può esercitarsi "in situazioni particolari", cioé in vista di specifiche esigenze che si manifestino a riguardo di singoli commissari governativi, e dunque con effetto limitato ai singoli ambiti territoriali di riscossione affidati ai commissari governativi destinatari del provvedimento di esonero, e alle situazioni prese in considerazione.

In Sicilia, come si é detto, il servizio di riscossione é istituito e disciplinato dalla Regione; e la legge regionale che lo disciplina espressamente stabilisce - in conformità al sistema risultante dallo statuto (art. 20) e dalle norme di attuazione (art. 8 del d.P.R. n. 1074 del 1965) - che "le attribuzioni del Ministro delle finanze e del Ministro del tesoro, nonchè quelle del Ministro dell’interno e degli altri Ministri, previste dal decreto del Presidente della Repubblica 28 gennaio 1988, n. 43 e successive modifiche, di competenza regionale, in quanto non diversamente disposto, sono svolte rispettivamente dall’Assessore regionale per il bilancio e le finanze, nonchè dall’Assessore regionale per gli enti locali e dagli altri Assessori regionali competenti" (art. 2, comma 1, della legge regionale n. 35 del 1990).

Se ne desume pianamente che anche la potestà di esonerare il commissario governativo, in situazioni particolari, dall’obbligo del non riscosso come riscosso, attribuita al Ministro delle finanze (d’intesa con quello del tesoro) dall’art. 26, comma 1, del d.P.R. n. 43 del 1988 come modificato dall’art. 5 del decreto legge n. 669 del 1996, é esercitata in Sicilia, cioé con riguardo ai commissari governativi nominati per gli ambiti di riscossione inclusi nel territorio siciliano, dall’Assessore regionale per il bilancio e le finanze, in forza del combinato disposto dell’art. 2, comma 1, e dell’art. 18, comma 3, della legge regionale n. 35 del 1990. Non si può dubitare, infatti, che si tratti di un provvedimento amministrativo che, per il territorio siciliano, rientra nelle competenze della Regione: é quest’ultima, ai sensi dell’art. 132 del d.P.R. n. 43 del 1988, che istituisce e disciplina il servizio di riscossione dei tributi; in particolare, é di spettanza dell’Assessore regionale la nomina del commissario governativo, delegato provvisoriamente alla riscossione (cfr., esplicitamente, l’art. 18, comma 2, della legge regionale n. 35 del 1990). La impugnata disposizione modificativa dell’art. 26 del d.P.R. n. 43 del 1988 non si propone, d’altra parte, di incidere sul particolare riparto delle competenze in materia che vale per la Regione Siciliana, ma semplicemente di consentire all’organo amministrativo competente (il Ministro, in via generale; l’Assessore regionale, nello speciale ordinamento del servizio di riscossione che trova applicazione in Sicilia) la facoltà di esonerare, in casi particolari, il commissario governativo dall’obbligo del non riscosso come riscosso.

5.– L’argomento che la ricorrente adduce per sostenere che al Ministro sarebbe stato attribuito il potere di provvedere anche per gli ambiti della riscossione compresi nel territorio siciliano, tratto dalla menzione, nella disposizione impugnata, del parere obbligatorio della "amministrazione regionale interessata", si fonda in realtà su di un equivoco. La ricorrente ritiene che l’amministrazione regionale di cui é parola non possa che essere quella della Regione Siciliana, unica dotata di competenza propria, sia pure concorrente, in materia di riscossione dei tributi erariali ad essa spettanti. In realtà, il testo originario del decreto legge si limitava a prevedere che il Ministro delle finanze provvedesse "sentito il Ministro del tesoro". L’attuale formulazione della norma deriva da un emendamento introdotto in sede di conversione dalle commissioni riunite V e VI del Senato, in cui si prevedeva che il Ministro delle finanze agisse "d’intesa con il Ministro del tesoro e sentito l’ente eventualmente interessato" (cfr. Atti Senato, Assemblea, Commissioni 5a e 6a riunite, seduta del 22 gennaio 1997, pag. 32, e seduta del 23 gennaio 1997, pag. 14), e da una ulteriore proposta di modifica formulata dal Governo e accolta dall’assemblea del Senato, tendente a sostituire la menzione dell’ "amministrazione regionale interessata" a quella dell’ "ente eventualmente interessato", al fine di evitare che la consultazione potesse riguardare anche il Comune (cfr. Atti Senato, sedute del 5 febbraio 1997, pagg. 29 e 43). L’aula invece respinse un emendamento tendente a inserire la menzione dell’intesa con i Presidenti delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome di Trento e di Bolzano eventualmente interessate, senza che il Governo, pur interpellato, si esprimesse sulla tesi secondo cui la facoltà del Ministro delle finanze non dovrebbe trovare applicazione nelle Regioni a statuto speciale (cfr. ivi, pagg. 39-40 e 49).

Il parere cui la norma fa riferimento é dunque previsto in funzione dell’interesse che la Regione (come l’ente locale minore) può avere nella riscossione, la cui disciplina unitaria riguarda non solo i tributi erariali, ma anche i tributi e le altre somme già riscossi tramite le esattorie di spettanza di "altri enti pubblici non economici", nonchè altri tributi ed entrate regionali e locali (cfr. art. 2, comma 1, lettere a, c, d, f, del d.P.R. n. 43 del 1988): non ha a che fare, invece, con l’eventualità di una potestà regionale concorrente in materia di riscossione, quale sussiste in Sicilia, e che si traduce nell’esercizio da parte dell’amministrazione regionale dei compiti, inerenti alla riscossione, che la legge attribuisce, per il restante territorio nazionale, all’amministrazione statale.

Piuttosto, come il parere regionale, previsto dalla norma statale in relazione al provvedimento ministeriale in questione, é riconducibile all’interesse della Regione (o, più ampiamente, dell’amministrazione territoriale specificamente coinvolta) in quanto destinataria, insieme allo Stato, del gettito dei tributi riscossi, così, simmetricamente, in Sicilia, ove il servizio di riscossione é istituito e disciplinato dalla Regione, ma opera anche con riguardo a gettiti tributari riservati, sia pure in via eccezionale, allo Stato (art. 36, secondo comma, dello statuto; art. 2, primo comma, seconda parte, e secondo comma, del d.P.R. n. 1074 del 1965), si deve ritenere, in forza del principio di leale collaborazione, che il provvedimento regionale di esonero, in situazioni particolari, del commissario governativo dall’obbligo del non riscosso come riscosso presupponga a sua volta la preventiva consultazione dell’amministrazione statale delle finanze.

Così ricostruita la portata della disposizione impugnata, essa é immune dalle censure mosse dalla ricorrente.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

a) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 5, comma 1, lettera a), del decreto legge 31 dicembre 1996, n. 669 (Disposizioni urgenti in materia tributaria, finanziaria e contabile a completamento della manovra di finanza pubblica per l’anno 1997), convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1997, n. 30, sollevata, in riferimento agli articoli 17 e 36 dello statuto speciale e alle norme di attuazione di cui al d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074, dalla Regione Siciliana con il ricorso in epigrafe;

b) si riserva, all’esito dell’istruttoria disposta con l’ordinanza del 22 - 31 marzo 1999, la decisione della questione di legittimità costituzionale dell’art. 7 del predetto decreto legge n. 669 del 1996, sollevata, in riferimento agli articoli 17 e 36 dello statuto speciale e alle norme di attuazione di cui al d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074, dalla Regione Siciliana con il ricorso in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 13 maggio 1999.

Renato GRANATA, Presidente

Valerio ONIDA, Redattore

Depositata in Cancelleria il 25 maggio 1999.