ORDINANZA N. 184
ANNO 1999
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Dott. Renato GRANATA, Presidente
- Prof. Giuliano VASSALLI
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Cesare MIRABELLI
- Prof. Fernando SANTOSUOSSO
- Avv. Massimo VARI
- Dott. Cesare RUPERTO
- Dott. Riccardo CHIEPPA
- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY
- Prof. Valerio ONIDA
- Prof. Carlo MEZZANOTTE
- Prof. Guido NEPPI MODONA
- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI
- Prof. Annibale MARINI
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’articolo unico del regio decreto-legge 28 novembre 1938, n. 2138 (Unificazione e semplificazione dell’accertamento e della riscossione dei contributi dovuti dagli agricoltori e dai lavoratori dell’agricoltura per le associazioni professionali, per l’assistenza malattia, per l’invalidità e vecchiaia, per la tubercolosi, per la maternità, per l’assicurazione obbligatoria degli infortuni sul lavoro e per la corresponsione degli assegni familiari) e degli artt. 2, 3, 4, 5, 6 e 8 del decreto legislativo 11 agosto 1993, n. 375 (Attuazione dell’art. 3, comma 1, lettera aa, della legge 23 ottobre 1992, n. 421, concernente razionalizzazione dei sistemi di accertamento dei lavoratori dell’agricoltura e dei relativi contributi), promosso con ordinanza emessa il 14 maggio 1998 dal Pretore di Salerno nel procedimento civile vertente tra Gaetano Rago e l’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS), iscritta al n. 513 del registro ordinanze 1998 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 28, prima serie speciale, dell’anno 1998.
Visto l’atto di costituzione di Gaetano Rago;
udito nell’udienza pubblica del 9 marzo 1999 il Giudice relatore Cesare Mirabelli;
udito l’avvocato Roberto Marrama per Gaetano Rago.
Ritenuto che, con ordinanza emessa il 14 maggio 1998 nel corso di un giudizio promosso dal titolare di un’azienda agricola per contestare l’ammontare dei contributi previdenziali pretesi dall’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS), quale gestore del Servizio contributi agricoli unificati (SCAU), il Pretore di Salerno ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 41 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’articolo unico del regio decreto-legge 28 novembre 1938, n. 2138 (Unificazione e semplificazione dell’accertamento e della riscossione dei contributi dovuti dagli agricoltori e dai lavoratori dell’agricoltura per le associazioni professionali, per l’assistenza malattia, per l’invalidità e vecchiaia, per la tubercolosi, per la maternità, per l’assicurazione obbligatoria degli infortuni sul lavoro e per la corresponsione degli assegni familiari) e degli artt. 2, 3, 4, 5, 6 e 8 del decreto legislativo 11 agosto 1993, n. 375 (Attuazione dell’art. 3, comma 1, lettera aa, della legge 23 ottobre 1992, n. 421, concernente razionalizzazione dei sistemi di accertamento dei lavoratori dell’agricoltura e dei relativi contributi);
che i contributi previdenziali in agricoltura sono stabiliti sulla base dell’impiego di mano d’opera per ogni azienda agricola (articolo unico del regio decreto-legge n. 2138 del 1938); a tal fine il decreto legislativo n. 375 del 1993 prescrive che i datori di lavoro annotino in un registro d’impresa i periodi di occupazione e le giornate di lavoro prestate da ciascun lavoratore (art. 2), presentino la denuncia dei lavoratori occupati (art. 5) e dichiarino la mano d’opera occupata ai fini dell’accertamento dei contributi di previdenza ed assistenza sociale (art. 6); lo stesso decreto legislativo ha istituito, presso il Servizio contributi agricoli unificati, un’anagrafe centrale delle imprese agricole e dei datori di lavoro agricolo (art. 3) ed ha attribuito agli uffici provinciali dello SCAU il controllo sul numero delle giornate di mano d’opera, consentendo l’imposizione induttiva dei contributi, da liquidare sulla base delle retribuzioni medie (art. 8);
che, ad avviso del Pretore di Salerno, il criterio di calcolo dei contributi in base all’impiego di mano d’opera, essendo unitario ed indifferenziato e non tenendo conto degli indici di redditività dei diversi tipi di coltura, determinerebbe, in contrasto con l’art. 3 della Costituzione, una disparità di trattamento in danno degli imprenditori agricoli che, per coltura praticata o per localizzazione dei terreni, devono ricorrere ad un maggiore impiego di mano d’opera in aziende che presentano minore redditività; inoltre, ad avviso dello stesso giudice, l’aumento percentuale dei contributi previdenziali negli ultimi dieci anni sarebbe sproporzionato rispetto all’aumento dei prezzi dei prodotti agricoli e priverebbe gli imprenditori di un’adeguata remunerazione, sino a limitare la libertà di iniziativa economica privata, garantita dall’art. 41 della Costituzione;
che si é costituito l’imprenditore agricolo ricorrente nel giudizio principale, per sostenere che le norme denunciate, adottando un criterio di determinazione dei contributi previdenziali commisurato al numero delle giornate lavorative effettuate, discriminerebbero le aziende agricole che praticano colture intensive su piccole unità colturali, le quali richiedono un elevato impiego di mano d’opera, con conseguenti oneri contributivi tali da alterare l’equilibrio economico dell’azienda; inoltre sarebbe irragionevole la previsione indifferenziata di identiche quote contributive, senza considerare la differente redditività dei diversi tipi di terreno e di coltura.
Considerato che i dubbi di legittimità costituzionale investono le norme che disciplinano i contributi previdenziali in agricoltura, stabiliti sulla base dell’impiego di mano d’opera;
che il criterio contributivo commisurato al numero dei lavoratori occupati, alla durata, alla quantità ed alla retribuzione del lavoro prestato, risponde ad un principio generale del sistema previdenziale, che il legislatore ha apprestato per assicurare ai lavoratori prestazioni rispondenti alla garanzia costituzionale di protezione sociale (art. 38 Cost.);
che lo speciale criterio di determinazione ed accertamento dei contributi previdenziali in agricoltura (quale risultava dagli artt. 4 e 5 del regio decreto 24 settembre 1940, n. 1949 e dall’art. 5 del decreto legislativo 23 gennaio 1948, n. 59), sulla base della estensione e del tipo di coltura praticato nelle diverse province e zone agricole (ettaro-coltura), anzichè sulla base dell’impiego effettivo di mano d’opera per ogni azienda agricola, é stato dichiarato illegittimo per contrasto con l’art. 3 della Costituzione, in quanto portava al risultato di imporre pesi diseguali a soggetti che si trovavano in condizioni di parità o pesi eguali a soggetti che non erano in eguali condizioni (sentenza n. 65 del 1962);
che l’eventuale previsione di agevolazioni nella corresponsione o nell’ammontare dei contributi previdenziali é rimessa alle scelte discrezionali del legislatore, il quale, per conseguire finalità della politica agricola, può stabilire un regime differenziato ragionevolmente giustificato da oggettive situazioni di zone svantaggiate, tenendo conto, come nel caso dei terreni di montagna, delle cause e delle caratteristiche specifiche di depressione (sentenza n. 354 del 1992); tuttavia, una disciplina speciale di agevolazione ha carattere derogatorio e non può essere assunta quale termine di comparazione per la valutazione della disparità di trattamento rispetto alla disciplina generale, ai fini dell'estensione della medesima agevolazione ad altre situazioni (tra le molte, sentenze n. 272 del 1994 e n. 216 del 1993);
che nemmeno sussiste la denunciata violazione della libertà di iniziativa economica privata (art. 41 Cost.), che garantisce la scelta e lo svolgimento delle attività economiche senza arbitrarie restrizioni (sentenze n. 622 del 1987 e n. 12 del 1963), ma non anche la redditività delle aziende mediante un criterio di commisurazione dei contributi previdenziali diverso da quello ragionevolmente previsto dalla disciplina comune;
che, pertanto, la questione deve essere dichiarata manifestamente infondata.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’articolo unico del regio decreto-legge 28 novembre 1938, n. 2138 (Unificazione e semplificazione dell’accertamento e della riscossione dei contributi dovuti dagli agricoltori e dai lavoratori dell’agricoltura per le associazioni professionali, per l’assistenza malattia, per l’invalidità e vecchiaia, per la tubercolosi, per la maternità, per l’assicurazione obbligatoria degli infortuni sul lavoro e per la corresponsione degli assegni familiari) e degli artt. 2, 3, 4, 5, 6 e 8 del decreto legislativo 11 agosto 1993, n. 375 (Attuazione dell’art. 3, comma 1, lettera aa, della legge 23 ottobre 1992, n. 421, concernente razionalizzazione dei sistemi di accertamento dei lavoratori dell’agricoltura e dei relativi contributi), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 41 della Costituzione, dal Pretore di Salerno con l’ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12 maggio 1999.
Renato GRANATA , Presidente
Cesare MIRABELLI, Redattore
Depositata in cancelleria il 20 maggio 1999.