ORDINANZA N. 103
ANNO 1999
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Dott. Renato GRANATA, Presidente
- Prof. Giuliano VASSALLI
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Cesare MIRABELLI
- Avv. Massimo VARI
- Dott. Cesare RUPERTO
- Dott. Riccardo CHIEPPA
- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY
- Prof. Valerio ONIDA
- Prof. Carlo MEZZANOTTE
- Avv. Fernanda CONTRI
- Prof. Guido NEPPI MODONA
- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI
- Prof. Annibale MARINI
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 9, comma 4, della legge 19 novembre 1990, n. 341 (Riforma degli ordinamenti didattici universitari), come modificato dall’art. 17, comma 116, della legge 15 maggio 1997, n. 127 (Misure urgenti per lo snellimento dell’attività amministrativa e dei procedimenti di decisione e di controllo), promossi con ordinanze emesse il 15 dicembre 1997 dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio, il 29 e il 15 gennaio 1998, il 18 dicembre 1997 e il 15 gennaio 1998 dal Tribunale amministrativo regionale della Liguria, il 21 gennaio 1998 e 29 ottobre 1997 dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio, il 26 marzo 1998, il 29 gennaio 1998 (n. 4 ordinanze), l’11 marzo 1998 (n. 5 ordinanze) dal Tribunale amministrativo regionale della Liguria, il 24 giugno 1998 dal Tribunale amministrativo regionale delle Marche, il 26 marzo 1998, l’11 marzo 1998 (n. 12 ordinanze) e il 29 gennaio 1998 dal Tribunale amministrativo regionale della Liguria, rispettivamente iscritte ai nn. 474, 487, 488, 496, 497, 606, 607, da 619 a 628, 677, 689, 716, 717, da 719 a 726, 740, 741 e 742 del registro ordinanze 1998 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, nn. 27, 28, 37, 39, 40 e 41, prima serie speciale, dell’anno 1998.
Visti gli atti di costituzione di Luca Ghini, Francesco Camurati, Matteo Quinzi, Federico Gatti ed altra, Andrea Bracco ed altri, Tommaso Baldi ed altri, Massimo Monteventi, Marta Xotta, Michele Demuro, Eugenio Trestin ed altri, Giovanni Restivo nonchè gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 10 febbraio 1999 il Giudice relatore Gustavo Zagrebelsky.
Ritenuto che, con trentadue ordinanze di identico o analogo contenuto, i Tribunali amministrativi regionali del Lazio, Sez. III (r.o. nn. 474, 606 e 607 del 1998), delle Marche (r.o. n. 677 del 1998) e della Liguria (r.o. nn. 487, 488, 496, 497, 619, 620, 621, 622, 623, 624, 625, 626, 627, 628, 689, 716, 717, 719, 720, 721, 722, 723, 724, 725, 726, 740, 741 e 742 del 1998), hanno sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 9, comma 4, della legge 19 novembre 1990, n. 341 (Riforma degli ordinamenti didattici universitari), come modificato dall’art. 17, comma 116, della legge 15 maggio 1997, n. 127 (Misure urgenti per lo snellimento dell’attività amministrativa e dei procedimenti di decisione e di controllo) - che ha attribuito al Ministro dell’Università e della ricerca scientifica e tecnologica il potere di determinare la limitazione degli accessi ai corsi di laurea universitari - in riferimento al principio costituzionale della riserva relativa di legge nella materia, nonchè agli artt. 33 e 34 della Costituzione;
che i giudici rimettenti ritengono la questione rilevante, trattandosi di giudizi promossi da studenti non ammessi alla immatricolazione al primo anno dei corsi di laurea per i quali le rispettive università hanno stabilito un numero massimo di iscrizioni e l’amministrazione ha dettato, con il decreto ministeriale 21 luglio 1997, n. 245 (Regolamento recante norme in materia di accessi all’istruzione universitaria e di connesse attività di orientamento), norme regolamentari che trovano, dichiaratamente, supporto normativo nella disposizione impugnata;
che secondo tutte le ordinanze di rimessione, in materia di accesso agli studi, anche universitari, sussisterebbe, in base agli artt. 33 e 34 della Costituzione, una riserva relativa di legge che consente al legislatore ordinario di demandare ad altre fonti la disciplina della materia stessa, ma soltanto previa determinazione di una serie di precetti idonei a vincolare e indirizzare la normazione secondaria, o, comunque, previa individuazione delle linee essenziali della disciplina, come precisato dalla giurisprudenza costituzionale;
che in tutti i giudizi di fronte alla Corte costituzionale (tranne in quello di cui al r.o. n. 721 del 1998) é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, sostenendo l’infondatezza della questione;
che in alcuni giudizi (r.o. nn. 487, 497, 606, 619, 622, 625, 689, 723, 724, 741 e 742 del 1998) si sono costituite le parti private, aspiranti studenti ricorrenti nei giudizi a quibus, chiedendo l’accoglimento della questione per la violazione dei principi costituzionali richiamati;
che la parte privata costituitasi nel giudizio di cui al r.o. n. 487 del 1998 ha depositato una memoria nella quale, "pur non ignorando la recente sentenza n. 383 del 1998" con cui questa Corte ha dichiarato non fondata la stessa questione di legittimità costituzionale ora proposta, insiste sulla illegittimità della norma denunciata riproducendo le medesime considerazioni, già svolte nei precedenti giudizi, in tema di autonomia universitaria e di inadeguatezza della relativa disciplina nonchè di violazione della riserva relativa di legge nella materia dell’accesso agli studi universitari;
che la medesima parte privata ha poi dedotto la violazione dell’art. 3 della Costituzione perchè la normativa comunitaria non imporrebbe il "numero chiuso" e lascerebbe gli Stati membri liberi di determinare modi e forme di attuazione delle direttive in materia; ma gli strumenti attuativi scelti dalla normazione secondaria interna (d.m. del 31 luglio 1997) sarebbero incongrui perchè la procedura concorsuale ivi prevista si svolge nello stesso giorno in tutte le sedi universitarie, così determinando un’illogica discriminazione tra gli studenti che scelgono una sede universitaria piuttosto che un’altra; essi, infatti, rischierebbero di non superare la prova solo perchè alla selezione di una sede hanno partecipato soggetti con una preparazione superiore alla loro, mentre in altre sedi avrebbero potuto trovare concorrenti di livello inferiore.
Considerato che le trentadue ordinanze di rinvio propongono, in termini identici o analoghi tra loro, un’unica questione di costituzionalità e che pertanto i relativi giudizi possono essere riuniti e definiti con unica decisione;
che le anzidette ordinanze sollevano la medesima questione di legittimità costituzionale già decisa da questa Corte con la sentenza n. 383 del 1998 nel senso della non fondatezza;
che nelle ordinanze di rimessione non sono addotti profili o motivi nuovi che possano indurre il giudice delle leggi a mutare il precedente indirizzo giurisprudenziale;
che la censura nuova, proposta dalla parte privata costituitasi nel giudizio di cui al r.o. n. 487 del 1998 con riferimento alla violazione dell’art. 3 della Costituzione, non può essere presa in considerazione, poichè l’oggetto del giudizio di costituzionalità é fissato unicamente dal giudice della rimessione, potendo le parti private costituite svolgere soltanto ulteriori considerazioni a sostegno della questione, nei limiti fissati dall’ordinanza di rinvio;
che pertanto la questione di legittimità costituzionale é manifestamente infondata.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 9, comma 4, della legge 19 novembre 1990, n. 341 (Riforma degli ordinamenti didattici universitari), come modificato dall’art. 17, comma 116, della legge 15 maggio 1997, n. 127 (Misure urgenti per lo snellimento dell’attività amministrativa e dei procedimenti di decisione e di controllo), sollevata, in riferimento agli artt. 33 e 34 della Costituzione, con le ordinanze indicate in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 marzo 1999.
Renato GRANATA, Presidente
Gustavo ZAGREBELSKY, Redattore
Depositata in cancelleria il 30 marzo 1999.