Ordinanza n. 40/99

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ORDINANZA N.40

ANNO 1999

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Dott.   Renato GRANATA, Presidente

- Prof.    Giuliano VASSALLI

- Prof.    Francesco GUIZZI   

- Prof.    Cesare MIRABELLI            

- Prof.    Fernando SANTOSUOSSO

- Avv.    Massimo VARI         

- Dott.   Cesare RUPERTO    

- Dott.   Riccardo CHIEPPA  

- Prof.    Valerio ONIDA        

- Prof.    Carlo MEZZANOTTE         

- Avv.    Fernanda CONTRI   

- Prof.    Guido NEPPI MODONA    

- Prof.    Piero Alberto CAPOTOSTI 

- Prof.    Annibale MARINI    

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 34, 431 e 566 del codice di procedura penale e dell'art. 138 del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271 (Norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale), promossi con ordinanze emesse in data 23 ottobre 1997 dal Pretore di Roma, sezione distaccata di Castelnuovo di Porto, 4 giugno 1997, 31 gennaio, 5, 11 e 20 febbraio, 1° aprile, 13 e 6 marzo, 29 maggio, 10, 20 e 24 aprile, 20 e 27 maggio, 4 aprile, 16 febbraio (n. 2 ordinanze), 4 e 14 aprile e 27 maggio 1998 dal Pretore di Roma, sezione distaccata di Tivoli, rispettivamente iscritte ai nn. 198, 216, 284, 288, 303, 412, da 612 a 617, da 650 a 652 e da 659 a 664 del registro ordinanze 1998 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 13, 14, 17, 18, 24, 37, 38 e 39, prima serie speciale, dell'anno 1998.

  Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

  udito nella camera di consiglio del 13 gennaio 1999 il Giudice relatore Guido Neppi Modona.

Ritenuto che con ventuno ordinanze il Pretore di Roma, sezione distaccata di Castelnuovo di Porto, e il Pretore di Roma, sezione distaccata di Tivoli, hanno sollevato, in riferimento agli artt. 3, primo comma, 24, secondo comma, 25, primo comma, 27, secondo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale degli artt. 34, 431, 566 del codice di procedura penale e 138 del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271 (Norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale);

  che con la ordinanza del 4 giugno 1997 (r.o. n. 216 del 1998) il giudice rimettente ha sollevato la questione nel corso di un dibattimento instaurato con rito direttissimo dopo che, nello stesso giudizio, aveva provveduto alla convalida dell’arresto;

  che con le ordinanze in data 23 ottobre 1997 del Pretore di Roma, sezione distaccata di Castelnuovo di Porto (r.o. n. 198 del 1998), e 31 gennaio, 5, 11 e 20 febbraio, 1° aprile, 13 e 6 marzo, 29 maggio, 10, 20 e 24 aprile, 20 e 27 maggio, 4 aprile, 16 febbraio, 4 e 14 aprile e 27 maggio 1998, del Pretore di Roma, sezione distaccata di Tivoli (r.o. nn. 284, 288, 303, 412, da 612 a 617, da 650 a 652, da 659 a 664 del 1998), i giudici rimettenti hanno sollevato la questione nella fase della convalida dell’arresto preliminare al giudizio direttissimo;

  che, a prescindere dalla fase processuale in cui le questioni sono state sollevate, il contenuto delle ordinanze di rimessione é identico;

  che, ad avviso dei rimettenti, le norme censurate violerebbero i principi costituzionali sopra richiamati, nella parte in cui non prescrivono che la relazione dell’ufficiale o dell’agente di polizia giudiziaria procedente e le dichiarazioni dell’imputato vengano assunte, in sede di convalida dell’arresto, nel rispetto delle forme dettate per la testimonianza e per l’esame dell’imputato nel dibattimento, nonchè nella parte in cui non prevedono l’inserimento di tali atti, acquisiti nelle forme indicate, nel fascicolo per il dibattimento;

  che, ad avviso dei rimettenti, il principio affermato dalla Corte costituzionale nelle numerose decisioni in tema di incompatibilità ex art. 34 cod. proc. pen. - secondo cui <<una valutazione di contenuto sulla probabile fondatezza dell’accusa>> anticipa il giudizio -, combinato con quanto affermato dalla stessa Corte (sentenza n. 177 del 1996) in riferimento al giudizio direttissimo avanti al pretore, allorchè ha escluso che la decisione sulla convalida dell’arresto e sulla applicazione della misura cautelare determini l’incompatibilità del giudice chiamato a celebrare il dibattimento con il rito direttissimo, dovrebbe comportare che l’acquisizione degli elementi di valutazione nella fase della convalida avvenga nel rispetto delle forme e con le garanzie proprie della fase del giudizio: in particolare per quanto <<concerne i qualificanti momenti della cosiddetta relazione orale dell’ufficiale o agente di polizia giudiziaria procedente e della dichiarazione dell’arrestato che, a norma dell’articolo 566 cod. proc. pen., viene "sentito" ai fini della convalida>>;

  che infatti, secondo i giudici a quibus, solamente rispettando le forme previste per il dibattimento potrebbe essere garantita la compatibilità di tali momenti con i parametri costituzionali di cui agli articoli 3, primo comma, 24, secondo comma, 25, primo comma, e 27, secondo comma, della Costituzione, così salvaguardandosi anche <<l’aspetto della loro diretta utilizzabilità ai fini di giudizio>>;

  che nell’ordinanza r.o. n. 216 del 1998 il rimettente, premesso di avere già provveduto al giudizio di convalida e all’applicazione della misura cautelare, motiva sulla rilevanza osservando che il giudizio <<si trova proprio nella fase dibattimentale conseguente alla convalida [...], dove trovano applicazione le norme censurate>>;

  che nelle successive ordinanze i rimettenti, tenendo conto di quanto rilevato dalla Corte nella ordinanza n. 301 del 1997, con cui erano state dichiarate inammissibili per difetto di rilevanza questioni analoghe in quanto sollevate nel corso del dibattimento, motivano sulla rilevanza osservando che la questione viene ora sollevata nella fase della convalida, dove trovano diretta applicazione le norme censurate;

  che nei vari giudizi é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che le questioni vengano dichiarate manifestamente inammissibili per difetto di rilevanza.

  Considerato che, in relazione all’identico contenuto del merito delle ordinanze, deve disporsi la riunione dei relativi giudizi;

  che la questione sollevata con l’ordinanza r.o. n. 216 del 1998 é irrilevante per i medesimi motivi evidenziati da questa Corte con l'ordinanza n. 301 del 1997 (e successivamente con le ordinanze n. 401 del 1997 e nn. 59 e 171 del 1998), poichè anche la questione oggetto del presente giudizio, ancorchè volta a modificare le modalità di assunzione degli atti raccolti durante la fase della convalida dell’arresto, é stata sollevata nel corso del dibattimento, dopo che il giudice aveva già provveduto sia sulla convalida dell’arresto, sia sulla richiesta di applicazione della misura cautelare: in un momento, dunque, nel quale il giudice a quo aveva oramai esaurito la sua cognizione in relazione alle disposizioni oggetto di censura;

  che, pertanto, la questione deve essere dichiarata manifestamente inammissibile;

  che, con riferimento alle altre ordinanze, identica questione é stata già dichiarata manifestamente infondata con l'ordinanza n. 286 del 1998, con la quale questa Corte, rifacendosi alla propria costante giurisprudenza in tema di incompatibilità (in particolare, sentenze nn. 131, 177 e 155 del 1996), ha ribadito che la funzione giudicante deve ritenersi pregiudicata solo se la precedente valutazione di merito é stata espressa in una diversa fase del procedimento e che non é configurabile una menomazione dell’imparzialità del giudice che adotta decisioni preordinate al proprio giudizio o rispetto ad esso incidentali, attratte nella competenza per la cognizione del merito;

  che anche nelle ordinanze oggetto del presente giudizio di costituzionalità i rimettenti, pur mostrando di prendere atto della ricordata giurisprudenza costituzionale, in realtà se ne discostano apertamente quando rilevano che l’imparzialità del giudice sarebbe rispettata solo se nella fase della convalida la relazione dell’ufficiale di polizia giudiziaria e le dichiarazioni dell’arrestato venissero assunte con le forme proprie del dibattimento;

  che, così argomentando, i rimettenti da un lato suppongono che vi sia, nella sostanza, incompatibilità tra la funzione di giudizio e la convalida dell'arresto nell'ambito del giudizio direttissimo, dall’altro assumono che il pregiudizio per la funzione giudicante verrebbe meno ove il pretore della convalida assumesse gli atti di cui all’art. 566, comma 3, cod. proc. pen. con le modalità previste per l’assunzione della prova in dibattimento: dando così incomprensibilmente rilievo a un dato meramente formale, che non incide sulla natura della funzione esercitata;

  che, pertanto, la questione di legittimità costituzionale sollevata con le ordinanze r.o. nn. 198, 284, 288, 303, 412, da 612 a 617, da 650 a 652, da 659 a 664 del 1998 deve essere dichiarata manifestamente infondata.

  Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

  riuniti i giudizi,

  dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli artt. 34, 431, 566 del codice di procedura penale e dell’art. 138 del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271 (Norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale), sollevata in riferimento agli artt. 3, primo comma, 24, secondo comma, 25, primo comma, e 27, secondo comma, della Costituzione, dal Pretore di Roma, sezione distaccata di Tivoli, con l'ordinanza del 4 giugno 1997 (r.o. n. 216 del 1998);

  dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale degli artt. 34, 431, 566 del codice di procedura penale e dell’art. 138 del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271 (Norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale), sollevata, in riferimento agli artt. 3, primo

comma, 24, secondo comma, 25, primo comma, e 27, secondo comma, della Costituzione, dal Pretore di Roma, sezione distaccata di Castelnuovo di Porto, con ordinanza del 23 ottobre 1997 e dal Pretore di Roma, sezione distaccata di Tivoli, con ordinanze del 31 gennaio, 5, 11, 20 febbraio, 1° aprile, 13 e 6 marzo, 29 maggio, 10, 20 e 24 aprile, 20 e 27 maggio, 4 aprile, 16 febbraio, 4 e 14 aprile e 27 maggio 1998 (r.o. nn. 198, 284, 288, 303, 412, da 612 a 617, da 650 a 652, da 659 a 664 del 1998).

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l’11 febbraio 1999.

Renato GRANATA, Presidente

Guido NEPPI MODONA, Redattore

Depositata in cancelleria il 19 febbraio 1999