ORDINANZA N.434
ANNO 1998
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Dott. Renato GRANATA, Presidente
- Prof. Giuliano VASSALLI
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Cesare MIRABELLI
- Prof. Fernando SANTOSUOSSO
- Avv. Massimo VARI
- Dott. Cesare RUPERTO
- Dott. Riccardo CHIEPPA
- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY
- Prof. Valerio ONIDA
- Prof. Carlo MEZZANOTTE
- Avv. Fernanda CONTRI
- Prof. Guido NEPPI MODONA
- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI
- Prof. Annibale MARINI
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 168, primo comma, numeri 1 e 2, del codice di penale, promosso con ordinanza emessa il 26 gennaio 1993 dal Tribunale per i minorenni di Reggio Calabria, nel procedimento penale a carico di C. A., iscritta al n. 916 del registro ordinanze 1997 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 3, prima serie speciale, dell'anno 1998.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 28 ottobre 1998 il Giudice relatore Guido Neppi Modona.
ORDINANZA
Ritenuto che il Tribunale per i minorenni di Catania Reggio Calabria ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 168, primo comma primo, nn. numeri 1 e 2, del codice penale, nella parte in cui fa decorrere il termine per la revoca della sospensione condizionale della pena in caso di commissione di altro reato ovvero di condanna per un delitto anteriormente commesso dal passaggio in giudicato della prima condanna, in riferimento all’art. 3 della Costituzione;
che il giudice rimettente premette di essere stato investito, quale giudice dell’esecuzione, della richiesta del pubblico ministero di applicazione del condono su pena residua, determinata a seguito di cumulo, in favore di un minore che aveva subito una prima condanna a pena condizionalmente sospesa, divenuta esecutiva il 5 luglio 1986, per reati commessi il 25 novembre 1983, ed una seconda condanna, divenuta esecutiva il 4 ottobre 1991, per reati commessi il 21 aprile 1985;
che nel provvedimento di cumulo il pubblico ministero aveva ritenuto che la sospensione condizionale della pena concessa con la prima condanna non fosse suscettibile di revoca, in quanto la seconda condanna, pronunciata per un fatto commesso prima del passaggio in giudicato della condanna a pena condizionalmente sospesa, era intervenuta oltre cinque anni dalla prima tra il passaggio in giudicato della prima condanna e il passaggio in giudicato della seconda condanna (pronunciata per un fatto commesso anteriormente alla prima) erano trascorsi più di cinque anni;
che, ad avviso del rimettente, la posizione del pubblico ministero - pur se conforme ai numerosi precedenti della Corte di Ccassazione, secondo i quali ai fini della revoca della sospensione condizionale della pena il dies a quo del termine di cinque anni decorre dalla data del passaggio in giudicato della sentenza che ha concesso il beneficio, mentre il dies ad quem va individuatola causa di revoca é destinata ad operare, indipendentemente dalla data di commissione di altri successivi reati, nel momento del passaggio in giudicato della seconda sentenza – comporterebbe una interpretazione dell’art. 168, primo comma comma, primo, nn. numeri 1 e 2, cod. pen. in contrasto con l’art. 3 Cost., in quanto ne deriverebbero soluzioni diverse per casi analoghi;
che, in particolare, la revoca della sospensione condizionale della pena verrebbe a dipendere, nell’ipotesi prevista dal numero 1 del primo comma 1, n. 1, dell’art. 168 cod. pen., dal fatto che la sentenza di condanna per il nuovo primo reato sia divenuta o meno esecutiva nel termine di cinque anniprima della commissione del secondo, e nella situazione disciplinata dal numero 2 del comma 1 dal fatto che la seconda sentenza sia divenuta o meno esecutiva entro oltre i cinque anni dalla precedente condanna: in entrambi i casi, cioé, la revoca dipenderebbe dalla celerità con cui vengono celebrati e definiti i relativi giudizi, in contrasto con i canoni di oggettività e di certezza,, e e la lentezza dei procedimenti si risolverebbe in un premio per chi delinque, con evidente disparità di trattamento nei confronti di chi, pur delinquendo con la medesima cadenza temporale, venga giudicato da un tribunale più solerte;
che si é costituito e intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei Mministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso chiedendo che la questione venga dichiarata inammissibile o infondata.;
Considerato che dall’ordinanza di rimessione emerge che nel caso di specie si versa nell’ipotesi di revoca di diritto della sospensione condizionale della pena prevista dall’art. 168, comma 1, n. 2, cod. pen. (risulta, infatti, che i nuovi reati sono stati commessi anteriormente al passaggio in giudicato della sentenza di condanna con la quale era stata concessa la sospensione condizionale della pena, situazione che potrebbe dar causa alla revoca di diritto della sospensione condizionale della pena ai sensi del dell'art. 168, primo comma, numero. 2, cod. pen., nel caso in cui la condanna fosse divenuta definitiva nei cinque anni dalla precedente), anche se il rimettente eccepisce l’illegittimità costituzionale di entrambi i casi di revoca di diritto disciplinati dalla norma in esame e, cioé, per quanto qui interessa, avere commesso un delitto entro il termine, stabilito dall’art. 163, comma 1, cod. pen., di cinque anni dalla prima condanna (art. 168, comma 1, n. 1, cod. pen), ovvero avere riportato, entro il medesimo termine, un’altra condanna per un delitto anteriormente commesso a pena che, cumulata a quella precedentemente sospesa, superi i limiti stabiliti dall’art. 163, comma 1, cod. pen.;
che il richiamo nell’ordinanza di rimessione ad entrambe le ad entrambe le ipotesi di revoca di diritto della sospensione condizionale trova spiegazione nel dato fatto che il giudice rimettente vorrebbe, in contrasto con la disciplina legislativa e con la costante giurisprudenza di legittimità, che ai fini della revoca del beneficio il dies a quo decorresse fosse individuato non dal nel momento del passaggio in giudicato della prima condanna, ma dal momento in quello della commissione del reato, con la conseguenza che nella fattispecie al suo esame tale momento risulterebbe anteriore alla commissione del secondo reato e che dovrebbe potrebbe quindi trovare applicazione la disciplina prevista dal primo comma 1, numero 1, dell’art. 168 cod. pen.;
che é incontroverso, alla luce dell’interpretazione letterale e sistematica degli artt. 163, comma 1, e 168, comma 1, n. 1, cod. pen.,
che dies a quo per la decorrenza del termine quinquennale ai fini della revoca della sospensione condizionale della pena é il passaggio in giudicato della sentenza di condanna, e che é altrettanto pacifico che, ai fini della determinazione del dies ad quem, si deve prendere in considerazione il momento in cui il nuovo reato é stato commesso, fermo restando che l’effetto della revoca della sospensione condizionale va ricollegato alla pronuncia della sentenza irrevocabile di condanna, a nulla rilevando che il passaggio in giudicato sia intervenuto oltre il termine stabilito (v. ordinanza n. 107 del 1998);
che, anche con riferimento all’ipotesi prevista dal n. 2 dell’art. 168 cod. pen., che é incontroverso, infatti, che in relazione all'ipotesi del numero 1 (revoca per delitto posteriormente commesso) si debba prendere in considerazione il momento in cui il nuovo reato é stato commesso, a nulla rilevando che il passaggio in giudicato della relativa condanna intervenga oltre il termine stabilito (v. ordinanza n. 107 del 1998), mentre nell’ipotesi prevista dall 'art. 168, primo comma, numero 2, cod. pen. (revoca a seguito di condanna per delitto anteriormente commesso) il momento cui occorre fare riferimento coincide con quello nel quale diviene definitivail dies a quo decorre ovviamente dal passaggio in giudicato della condanna, in quanto, anche in ossequio al principio della presunzione di non colpevolezza sino alla condanna definitiva, é solo dal momento dell’accertamento giudiziale di responsabilità e, quindi, dal passaggio in giudicato della sentenza, che al colpevole può essere imposto l’onere di astenersi dal porre in essere le condizioni che determinerebbero la revoca della sospensione condizionale della pena (v. sentenza n. 381 del 1987, nonchè la conforme giurisprudenza di legittimità);
che, per quanto riguarda il dies ad quem, analoghe esigenze di garanzia impongono di concludere che l’effetto della revoca della sospensione condizionale coincida con la la sentenza definitiva di condanna per il delitto anteriormente commesso e che, pertanto, la revoca operi solo se la sentenza irrevocabile di condanna é intervenuta entro il termine di cinque anni dalla prima condanna;
che ragionevolmente, alla luce dell'interpretazione sistematica degli artt. 163, primo comma, 164 e 168 cod. pen., in entrambe le ipotesi il dies a quo per la decorrenza del termine quinquennale ai fini della revoca di diritto della sospensione condizionale della pena coincide, invece, con il passaggio in giudicato della sentenza di condanna;
che difatti, mentre sino a tale momento eventuali altre condanne riportate dall'imputato sono destinate ad essere valutate quali condizioni per l'ammissione al beneficio nell'ambito dell'art. 164 cod. pen., é dal momento nel quale sarebbe concretamente eseguibile la pena che diviene operativo l'ordine di sospenderne la esecuzione (art. 163, primo comma, cod. pen.), alla condizione che il condannato non commetta altro reato o non riporti altra condanna (art. 168 cod. pen.);
che l'apposizione di un termine entro il quale siano destinate ad operare tali condizioni risolutive, e possano viceversa maturare gli ulteriori effetti della sospensione condizionale, é del pari ragionevolmente imposto dall'esigenza di dare concretezza e certezza allo stesso effetto estintivo (art. 167 cod. pen.) che consegue all'utile decorso del termine; e la durata del termine non può non essere rimessa alla discrezionalità del legislatore, in vista della funzione di prevenzione speciale che é collegata al beneficio della sospensione condizionale della pena;
che l'eventualità che l'accertamento definitivo del reato commesso anteriormente al passaggio in giudicato della sentenza con la quale é stata irrogata la pena condizionalmente sospesa intervenga oltre tale termine, a causa dell'eccessiva lentezza di alcuno dei procedimenti che si susseguono secondo l'ordine cronologico dei reati, é inconveniente di mero fatto, addebitabile alle contingenti cadenze temporali dei procedimenti penali, non riconducibile a vizio della disciplina legislativa;
che che nella disciplina complessiva delle cause di revoca di diritto della sospensione condizionale della pena non sono, pertanto, pertanto ravvisabili i vizi di costituzionalità denunciati dal rimettente: lungi dall’essere irragionevole e dal determinare ingiustificate disparità di trattamento, la scelta del legislatore di fare decorrere il dies a quo dal passaggio in giudicato della sentenza che ha concesso il beneficio e di collegare gli effetti della revoca al momento del passaggio in giudicato della condanna per il delitto anteriormente commesso risponde, infatti, all'esigenza di garantire l’accertamento giudiziale di responsabilità ed appare coerente con il sistema complessivo e con la ratio dell'istituto della sospensione condizionale dell'esecuzione della corrisponde alle esigenze di garanzia dell’accertamento giudiziale di responsabilità ed alla ratio di prevenzione dell’istituto della sospensione condizionale della pena;
che, al contrario, un intervento additivo sul solo art. 168 cod. pen. nel senso richiesto dal rimettente avrebbe come conseguenza che il termine di "messa alla prova" del condannato decorrerebbe prima della condanna; ed inoltre che, valutandosi i reati commessi o le condanne riportate prima della condanna a pena condizionalmente sospesa come cause di revoca della sospensione, queste ultime verrebbero in parte o in tutto a confondersi con i limiti di ammissibilità della sospensione condizionale della pena disciplinati dall'art. 164 cod. pen.;
che eventuali inconvenienti dovuti alla lentezza dei procedimento, come nel caso – oggetto del presente giudizio – in cui la condanna definitiva per il nuovo reato commesso anteriormente al passaggio in giudicato della sentenza relativa al primo reato é intervenuta oltre cinque anni dal momento in cui tale sentenza é divenuta definitiva, vanno addebitati a contingenti disfunzioni dell’amministrazione della giustizia, e non alla disciplina legislativa;
che la questione deve pertanto essere dichiarata manifestamente infondata;
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte Ccostituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 168, primo comma 1, numero 1 e numero 2, del codice penale, sollevata, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, dal Tribunale per i Mminorenni di Reggio Calabria, con l’ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 14 dicembre 1998.
Presidente: Renato GRANATA
Redattore: Guido NEPPI MODONA
Depositata in cancelleria il 23 dicembre 1998.