ORDINANZA N.376
ANNO 1998
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Dott. Renato GRANATA, Presidente
- Prof. Giuliano VASSALLI
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Cesare MIRABELLI
- Prof. Fernando SANTOSUOSSO
- Avv. Massimo VARI
- Dott. Cesare RUPERTO
- Dott. Riccardo CHIEPPA
- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY
- Prof. Valerio ONIDA
- Prof. Carlo MEZZANOTTE
- Avv. Fernanda CONTRI
- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 2, secondo comma, 6, 7, 8 e 9 del d.P.R. 31 dicembre 1971, n. 1420 (Norme in materia di assicurazione obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti gestita dall’Ente nazionale di previdenza ed assistenza per i lavoratori dello spettacolo), promosso con ordinanza emessa il 23 dicembre 1994 dal Pretore di Roma sui ricorsi riuniti proposti da Rossi Adriana ed altri contro la RAI – Radio televisione italiana ed altro, iscritta al n. 1332 del registro ordinanze 1996 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 1, prima serie speciale, dell’anno 1997.
Visti gli atti di costituzione di Rossi Adriana, della RAI s.p.a. e dell’ENPALS nonchè l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica del 13 ottobre 1998 il Giudice relatore Fernando Santosuosso;
uditi gli avvocati Maurizio de Stefano per la RAI s.p.a., Maria Stella Rossi per l’ENPALS e l’Avvocato dello Stato Giuseppe Stipo per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto che alcuni dipendenti della RAI - Radio televisione italiana, appartenenti alle categorie professionali inserite nel secondo gruppo di cui all’art. 2 del d.P.R. 31 dicembre 1971, n. 1420 (Norme in materia di assicurazione obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti gestita dall’Ente nazionale di previdenza ed assistenza per i lavoratori dello spettacolo), hanno promosso separati ricorsi al Pretore di Roma, poi riuniti, chiedendo di essere classificati tra i lavoratori dello spettacolo appartenenti al primo gruppo di cui al citato art. 2, con conseguente condanna del datore di lavoro al pagamento all’ENPALS di una maggiore contribuzione previdenziale;
che, accogliendo l’eccezione sollevata dalla RAI, il Pretore, con ordinanza del 23 dicembre 1994 (pervenuta alla Corte costituzionale il 6 dicembre 1996), ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt. 2, secondo comma, 6, 7, 8 e 9 del d.P.R. 31 dicembre 1971, n. 1420, per asserito contrasto:
– con l’art. 3 della Costituzione, "per l’irragionevole disparità di trattamento previdenziale che si é determinata tra i lavoratori (quanto ai benefici) e che si riverbera specularmente sull’irragionevole disparità di trattamento per il datore di lavoro–assicurante, nonchè per i lavoratori–assicurati, obbligati a sostenere pro-quota una maggiore contribuzione";
– con l’art. 76 della Costituzione, "per l’eccesso del legislatore delegato (il d.P.R. n. 1420 del 1971 é stato emanato dal legislatore delegato in ottemperanza alla legge delegante del 30 aprile 1969, n. 153: art. 35, lettera e), in quanto non si é tenuto conto della natura del rapporto di lavoro, della durata e del numero delle prestazioni lavorative e dei particolari sistemi di retribuzione e compensi vigenti nel settore";
che, secondo il giudice a quo, il criterio differenziatore tra i due gruppi dovrebbe essere quello fondato sulle caratteristiche di occasionalità (per il primo gruppo) ovvero di continuità (per il secondo) della prestazione lavorativa – le quali sussistono a prescindere dalla natura artistica ovvero di supporto della prestazione –, mentre le norme impugnate non avrebbero fondato tale distinzione sulla diversità obiettiva delle mansioni svolte;
che si é costituita in giudizio la RAI - Radio televisione italiana, sostenendo la fondatezza della questione di legittimità costituzionale;
che si sono costituiti in giudizio l’ENPALS e Adriana Rossi, ricorrente nel giudizio principale, concludendo per l’infondatezza della questione;
che é intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile e comunque manifestamente infondata: l’inammissibilità deriverebbe dal fatto che la normativa denunciata non ha direttamente operato la distinzione contestata dal giudice a quo, ma si é limitata a recepirla da un precedente testo normativo (il decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 16 luglio 1947, n. 708, recante Disposizioni concernenti l’Ente nazionale di previdenza ed assistenza per i lavoratori dello spettacolo), con la conseguenza che anche quest’ultimo avrebbe dovuto essere sottoposto al giudizio della Corte; la questione sarebbe comunque manifestamente infondata, sia perchè già delibata dalla Corte di cassazione, con la sentenza n. 5193 del 1987, sia perchè la normativa impugnata, pur nell’insieme poco omogenea, "lascia pur sempre trasparire l’intento originario di distinguere tra attività strettamente artistica e attività di mero supporto".
Considerato che, successivamente alla data di rimessione alla Corte costituzionale della presente questione, sono entrati in vigore il decreto legislativo 30 aprile 1997, n. 182 (Attuazione della delega conferita dall’art. 2, commi 22 e 23, lettera a), della legge 8 agosto 1995, n. 335, in materia di regime pensionistico per i lavoratori dello spettacolo iscritti all’ENPALS) ed il decreto ministeriale 10 novembre 1997 (Individuazione in tre gruppi delle categorie dei soggetti assicurati al Fondo pensioni lavoratori dello spettacolo istituito presso l’ENPALS), che regolano in maniera nuova e diversa il regime pensionistico per i lavoratori dello spettacolo iscritti all’ENPALS;
che, in particolare, é stato profondamente modificato il regime contributivo cui sono soggetti tali lavoratori, i quali sono ora suddivisi in tre (e non più in due) gruppi, formati da categorie individuate non più attraverso il richiamo a quelle indicate nel decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato n. 708 del 1947, ma attraverso un’elencazione autonoma;
che, a tale riguardo, occorre verificare se ed in che misura la nuova disciplina possa applicarsi ai ricorrenti nel giudizio a quo, anche alla luce della previsione dell’art. 3 del citato d.lgs. n. 182 del 1997, secondo la quale, per i lavoratori che, alla data del 31 dicembre 1995, non possono far valere un’anzianità assicurativa e contributiva di almeno 18 anni interi, la pensione é determinata pro-quota in base sia alle vecchie che alle nuove regole;
che, pertanto, risulta opportuno restituire gli atti di causa al giudice a quo, affinchè valuti la permanenza del requisito della rilevanza ed eventualmente provveda a precisare meglio i termini della questione.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
ordina la restituzione degli atti al Pretore di Roma.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'11 novembre 1998.
Presidente: Renato GRANATA
Redattore: Fernando SANTOSUOSSO
Depositata in cancelleria il 20 novembre 1998.