SENTENZA N. 348
ANNO 1998
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Dott. Renato GRANATA, Presidente
- Prof. Giuliano VASSALLI
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Cesare MIRABELLI
- Prof. Fernando SANTOSUOSSO
- Avv. Massimo VARI
- Dott. Cesare RUPERTO
- Dott. Riccardo CHIEPPA
- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY
- Prof. Valerio ONIDA
- Prof. Carlo MEZZANOTTE
- Avv. Fernanda CONTRI
- Prof. Guido NEPPI MODONA
- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI
- Prof. Annibale MARINI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 29, primo comma, lettera d), ultima parte, in relazione alla lettera c), ultima parte, della legge 27 luglio 1978, n. 392 (Disciplina delle locazioni di immobili urbani), promosso con ordinanza emessa il 7 novembre - 20 dicembre 1996 dal Tribunale di Pordenone nel procedimento civile vertente tra " Ai Provinciali" di Ferlizza e Bressani s.n.c. e l’" Immobiliare Fantinel" di Fantinel Luciano & C. s.a.s., iscritta al n. 386 del registro ordinanze 1997 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 27, prima serie speciale, dell’anno 1997.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 28 gennaio 1998 il Giudice relatore Cesare Mirabelli.
Ritenuto in fatto
1. — Nel corso di un giudizio promosso per ottenere il rilascio di un immobile adibito ad attività commerciale, il Tribunale di Pordenone, con ordinanza emessa il 7 novembre-20 dicembre 1996, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 29, primo comma, lettera d), ultima parte, in relazione alla lettera c), ultima parte, della legge 27 luglio 1978, n. 392 (Disciplina delle locazioni di immobili urbani), nella parte in cui prevede che gli effetti del provvedimento di rilascio, in caso di rifiuto del locatore di rinnovare il contratto di locazione alla prima scadenza per procedere alla ristrutturazione dell’immobile, si risolvono se prima dell'esecuzione del provvedimento stesso siano scaduti i termini della concessione prescritta per l’esecuzione dei lavori, anche nel caso in cui la scadenza sia dipesa dal fatto esclusivo del conduttore.
Il Tribunale di Pordenone era investito del giudizio in sede di rinvio, avendo la Corte di cassazione annullato la sentenza con la quale il Tribunale di Udine, accertato che i lavori non avevano avuto inizio entro un anno dal rilascio della concessione edilizia, aveva tuttavia ritenuto che sussistesse egualmente il possesso di una valida concessione, richiesto per il rilascio dell’immobile, giacchè la responsabilità del mancato inizio dei lavori era da imputare al comportamento del conduttore che, nonostante la scadenza del contratto, non aveva rilasciato l’immobile, impedendo l’esecuzione delle opere.
La Corte di cassazione ha stabilito, vincolando a questa interpretazione il giudice rimettente, che per la decadenza della concessione edilizia, prevista dall’art. 4 della legge 28 gennaio 1977, n. 10, i fatti estranei alla volontà del concessionario possono essere rilevanti solo per il mancato completamento dei lavori e non per l’omesso inizio degli stessi; sicchè decorso l’anno dal rilascio della concessione non si può ritenere sussistente il requisito dell’esistenza di una efficace concessione edilizia. La licenza o concessione amministrativa deve esistere al momento del rilascio, che presuppone un provvedimento autorizzatorio efficace e, trattandosi di una condizione dell’azione, il venir meno degli effetti della concessione prima della decisione impedisce la pronuncia di rilascio e non solo gli effetti di questa.
Il Tribunale di Pordenone – dopo avere dichiarato manifestamente infondata un’eccezione di illegittimità costituzionale proposta dal locatore in riferimento all’art. 4 della legge n. 10 del 1977, nella parte in cui questa disposizione non prevede che il termine annuale possa essere prorogato quando fatti estranei alla volontà del concessionario abbiano impedito l’inizio dei lavori – ha sollevato d’ufficio questione di legittimità costituzionale dell’art. 29 della legge n. 392 del 1978, ritenendo che non le norme in materia urbanistica, bensì quelle che disciplinano le locazioni possano essere in contrasto con la Costituzione. La risoluzione degli effetti del provvedimento di rilascio, prevista per la scadenza del termine di inizio dei lavori, violerebbe il principio di eguaglianza ed il diritto del locatore di agire in giudizio a tutela dei propri diritti (artt. 3 e 24 Cost.), quando la scadenza della prescritta licenza o concessione sia dipesa esclusivamente dal fatto del conduttore.
Il giudice rimettente ritiene che porre condizioni per l’esercizio dell’azione costituisca un’eccezione, giustificata solo per situazioni la cui tutela trova fondamento in norme di pari valore costituzionale. La condizione per l’azione di rilascio, prevista dalla disposizione denunciata, si giustifica con l’esigenza che il locatore non eluda le limitazioni alla facoltà di rifiutare il rinnovo del contratto di locazione alla prima scadenza; ma questa condizione non può risolversi nella totale compressione del diritto di agire in giudizio, come si verificherebbe se l’avverarsi della condizione dipendesse esclusivamente dal comportamento del conduttore. In questo caso la colpevole inerzia del locatore verrebbe irragionevolmente equiparata, sotto il profilo sanzionatorio della risoluzione degli effetti del provvedimento di rilascio, alla materiale impossibilità di eseguire i lavori, impediti dal comportamento imputabile al conduttore.
2. — E’ intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione di legittimità costituzionale sia dichiarata inammissibile o non fondata nel merito.
L’eccezione di inammissibilità é proposta per la carenza di motivazione nell’ordinanza di rimessione e per la mancata indicazione, quanto alla violazione del principio di eguaglianza, di un idoneo termine di comparizione. Ad avviso dell’Avvocatura, la questione sarebbe comunque infondata giacchè, affermato in modo apodittico che la condizione dell’azione dipenderebbe dal solo comportamento del conduttore, non si comprenderebbe sotto quale profilo risulti compresso il diritto di agire in giudizio. Inoltre sarebbe improprio attribuire rilievo all’impossibilità di fatto, per il locatore, di dare esecuzione al provvedimento giudiziale, mentre potrebbe essere presa in considerazione solamente un’eventuale impossibilità giuridica di agire.
Considerato in diritto
1. — La questione di legittimità costituzionale investe la disposizione che, nell’ambito della disciplina della durata del contratto di locazione di immobili destinati ad uso diverso dall’abitazione, consente il diniego della rinnovazione del contratto alla prima scadenza quando il locatore intenda ristrutturare l’immobile. La stessa disposizione, prevedendo quale condizione per l’azione di rilascio il possesso della prescritta licenza o concessione, stabilisce che gli effetti del provvedimento di rilascio si risolvono se, prima della sua esecuzione, siano scaduti i termini della licenza o della concessione e quest’ultima non sia stata nuovamente disposta.
Il Tribunale di Pordenone ritiene che questa disciplina – dettata dall’art. 29, primo comma, lettera d), ultima parte, in relazione alla lettera c), ultima parte, della legge 27 luglio 1978, n. 392 (Disciplina delle locazioni di immobili urbani) – , là dove prevede che gli effetti del provvedimento di rilascio si risolvono anche nel caso in cui la scadenza dei termini della licenza o della concessione sia dipesa dal fatto esclusivo del conduttore, possa essere in contrasto con gli art. 3 e 24 della Costituzione. Difatti, dipendendo la condizione dell’azione esclusivamente dal comportamento del conduttore che, non consegnando l’immobile alla scadenza del contratto, impedirebbe l’inizio dei lavori, la norma denunciata comprimerebbe il diritto del locatore di agire in giudizio a tutela del suo diritto. Inoltre sarebbe irragionevole equiparare l’impossibilità di dare esecuzione alle opere per l’impedimento cagionato dal conduttore alla colpevole inerzia del locatore.
2. — La questione é fondata, nei limiti di seguito precisati.
La disciplina legislativa delle locazioni di immobili urbani, nell’imporre, per quelli adibiti ad uso diverso dall’abitazione, oltre alla durata minima del contratto anche la sua rinnovazione alla prima scadenza, consente tuttavia al locatore di rifiutare la rinnovazione quando intenda legittimamente eseguire opere (di demolizione e ricostruzione, di ristrutturazione, di completo restauro) che non consentono la permanenza del conduttore nell’immobile locato.
In questo caso il sacrificio del conduttore non può dipendere da una astratta intenzione del locatore di procedere all’esecuzione di lavori, ma può essere ragionevolmente determinato solo da una intenzione che effettivamente si realizza e che anzi, per potersi realizzare, richiede la libera disponibilità dell’immobile.
Tutto ciò implica che il rilascio ha per necessario presupposto la prescritta licenza o concessione e richiede, perchè possa avere effetto la relativa pronuncia, che esista un efficace provvedimento amministrativo che renda legittima l’esecuzione dei lavori. Altrimenti il sacrificio del diritto del conduttore al rinnovo del contratto, che cede di fronte al diritto del locatore di eseguire i lavori, rimarrebbe privo di giustificazione.
La disposizione denunciata persegue questa finalità di simmetrica garanzia, tanto per il locatore quanto per il conduttore, collegando la liberazione dell’immobile alle ragioni che la giustificano, mediante un meccanismo che ha riguardo tanto al momento precedente quanto a quello successivo al provvedimento di rilascio.
L’esistenza della licenza o concessione, necessaria per la legittima esecuzione dei lavori, é configurata sia come presupposto della pronuncia che come condizione per la sua esecuzione. Secondo l’interpretazione della disposizione denunciata, data dalla Corte di cassazione ed alla quale il giudice rimettente, in quanto giudice di rinvio, é tenuto ad attenersi, il provvedimento amministrativo che legittima e condiziona la liberazione dell’immobile, non solo deve preesistere alla pronuncia di rilascio, perchè il giudice possa valutarne il contenuto e la portata, ma deve permanere nella sua efficacia sino alla decisione.
In tal modo l’esperibilità dell’azione viene rimessa ad un elemento del tutto casuale ed incerto, che potrebbe sussistere al momento della domanda, ma venir meno dopo che l’azione é stata esercitata, dipendendo solo dalla durata del processo e dal momento nel quale la pronuncia é emanata. Ma così viene sacrificato, al di là di quanto sia indispensabile perchè operi efficacemente il meccanismo di garanzia della posizione del conduttore, il diritto del locatore di agire in giudizio per ottenere il provvedimento di rilascio dell’immobile; provvedimento che, d’altra parte, rimane sempre condizionato, nella sua esecuzione, dall’esistenza di una valida licenza o concessione che legittimi l’esecuzione dei lavori. Ciò che costituisce, appunto, la ragionevole ed efficace tutela del conduttore, pur consentendo al locatore di rinnovare la licenza o concessione che legittima l’esecuzione delle opere ed il rilascio dell’immobile.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 29, primo comma, lettera d), ultima parte, in relazione alla lettera c), ultima parte, della legge 27 luglio 1978, n. 392 (Disciplina delle locazioni di immobili urbani), nella parte in cui prevede che la scadenza, nel corso del processo, del termine per l’inizio dei lavori, indicato nella licenza o concessione, impedisce l’emanazione del provvedimento di rilascio.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 28 settembre 1998.
Presidente: Renato GRANATA
Redattore: Cesare MIRABELLI
Depositata in cancelleria il 9 ottobre 1998.