SENTENZA N.337
ANNO 1998
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Prof. Giuliano VASSALLI, Presidente
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Cesare MIRABELLI
- Prof. Fernando SANTOSUOSSO
- Avv. Massimo VARI
- Dott. Cesare RUPERTO
- Dott. Riccardo CHIEPPA
- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY
- Prof. Valerio ONIDA
- Prof. Carlo MEZZANOTTE
- Avv. Fernanda CONTRI
- Prof. Guido NEPPI MODONA
- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI
- Prof. Annibale MARINI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 44, secondo comma, e 200 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell'amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa), promossi con ordinanze emesse: 1) il 14 ottobre 1997 dal giudice istruttore del Tribunale di Terni nel procedimento civile vertente tra soc. coop. a r.l. Molino Cooperativo Intercomunale di Amelia in l.c.a. e Mignini s.p.a., iscritta al n. 882 del registro ordinanze 1997 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 53, prima serie speciale, dell'anno 1997; 2) il 6 novembre 1997 dal giudice istruttore del Tribunale di Terni nel procedimento civile vertente tra soc. coop. a r.l. Molino Cooperativo Intercomunale di Amelia in l.c.a. e Agripan s.r.l. iscritta al n. 906 del registro ordinanze 1997 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 3, prima serie speciale, dell'anno 1998;
udito nella camera di consiglio del 3 giugno 1998 il Giudice relatore Annibale Marini.
Ritenuto in fatto
Nel corso di due giudizi aventi ad oggetto la declaratoria di inefficacia di pagamenti effettuati ad enti posti in liquidazione coatta amministrativa, il giudice istruttore presso il Tribunale di Terni, con due ordinanze del 14 ottobre e del 6 novembre 1997, ha sollevato, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale degli artt. 44, secondo comma, e 200 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (legge fallimentare), nella parte in cui non prevedono che nel procedimento di liquidazione coatta amministrativa la produzione degli effetti sostanziali rispetto ai terzi sia temporalmente collegata alla conoscibilità del provvedimento di liquidazione coincidente con la sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
Secondo quanto ritenuto dal rimettente, l’art. 44 della legge fallimentare, applicabile alla liquidazione coatta amministrativa in virtù dell'espresso richiamo operato dall’art. 200 della stessa legge, disporrebbe l'inefficacia rispetto ai creditori dei pagamenti ricevuti dall'ente in liquidazione sin dalla data del provvedimento di liquidazione e, quindi, prima che lo stesso sia pubblicato nella Gazzetta Ufficiale ai sensi dell'art. 197 della legge fallimentare.
Siffatta disciplina si porrebbe, secondo il giudice a quo, in contrasto con l'art. 3 della Costituzione, per l'irragionevole disparità di trattamento che si verrebbe a determinare, a fronte di una identica posizione, tra i terzi coinvolti nella procedura fallimentare e i terzi coinvolti nella procedura di liquidazione coatta amministrativa.
Mentre, infatti, nel fallimento, il dies a quo degli effetti sostanziali rispetto ai terzi, ed in specie dell'inefficacia dei pagamenti ricevuti dal fallito, coinciderebbe con il deposito in cancelleria della sentenza dichiarativa di fallimento, che in tal modo diverrebbe suscettibile di potenziale conoscenza da parte dei terzi, nella liquidazione coatta amministrativa l'inefficacia dei pagamenti si verificherebbe sin dalla data del provvedimento che ordina la liquidazione ed indipendentemente dalla astratta possibilità di conoscenza del provvedimento medesimo.
Considerato in diritto
1.- Il giudice istruttore presso il Tribunale di Terni dubita, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, della legittimità costituzionale degli artt. 44, secondo comma, e 200 del regio decreto n. 267 del 1942 (legge fallimentare), nella parte in cui non prevedono che nel procedimento di liquidazione coatta amministrativa il momento di produzione degli effetti sostanziali rispetto ai terzi sia collegato a quello della conoscibilità del provvedimento di liquidazione coincidente con la sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
2.- I giudizi, avendo ad oggetto identiche questioni, devono essere riuniti e decisi con unica sentenza.
3.- L'assunto che sorregge il dubbio di costituzionalità avanzato dal rimettente consiste nel differente grado di conoscibilità per i terzi della sentenza dichiarativa di fallimento rispetto al decreto di liquidazione coatta amministrativa e, quindi, nella maggiore tutela accordata, sotto tale aspetto, ai terzi coinvolti nella procedura fallimentare rispetto ai terzi coinvolti nella procedura di liquidazione coatta amministrativa.
E ciò in quanto mentre la sentenza, con il deposito in cancelleria, diverrebbe suscettibile di potenziale conoscenza da parte dei terzi, il decreto resterebbe, prima della sua pubblicazione, un atto interno all'amministrazione privo, in quanto tale, di astratta conoscibilità.
La premessa interpretativa, riassuntivamente esposta, é erronea e, conseguentemente, infondato é il dubbio di costituzionalità che ne costituisce la logica conclusione.
Il decreto di liquidazione, in quanto atto giuridico, viene, infatti, ad esistenza, come la sentenza, solo con la sua "esteriorizzazione" che si realizza secondo la disciplina propria dell'atto amministrativo.
Resta, allora, da stabilire se il terzo interessato abbia quella possibilità di accesso e, quindi, di conoscenza del decreto di liquidazione che il rimettente riferisce alla sentenza. E la risposta al riguardo é senz'altro affermativa, ben potendo il debitore di una impresa soggetta a liquidazione coatta amministrativa assumere, prima di pagare, le opportune informazioni, presso la competente amministrazione, circa l'esistenza e il contenuto di un eventuale decreto di liquidazione dell'impresa ed ottenerne copia, ai sensi degli artt. 22 e 25 della legge 7 agosto 1990, n. 241, anche eventualmente in via d'accesso informale (art. 3 del d.P.R. 27 giugno 1992, n. 352). In compiuta analogia a quanto previsto per la sentenza ed in attuazione dei principi di trasparenza che devono informare l'azione della pubblica amministrazione.
Sotto un diverso aspetto, occorre, altresì, considerare che, come é noto, il decreto di liquidazione può essere successivo alla sentenza dichiarativa dello stato di insolvenza (art. 195 della legge fallimentare). Ipotesi quest'ultima nella quale i terzi coinvolti nella liquidazione coatta amministrativa possono avere conoscenza, prima del decreto di liquidazione, della sentenza dichiarativa dello stato di insolvenza.
Eguale essendo, in ogni caso, la conoscibilità in capo ai terzi della sentenza e del decreto, deve escludersi l'esistenza di qualsiasi discriminazione, sotto tale aspetto, tra i terzi coinvolti nel fallimento ed i terzi coinvolti nella liquidazione coatta amministrativa e, quindi, la fondatezza della questione di costituzionalità sollevata dal rimettente.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 44, secondo comma, e 200 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell'amministra-zione controllata e della liquidazione coatta amministrativa), sollevata, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dal giudice istruttore presso il Tribunale di Terni con le ordinanze indicate in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 14 luglio 1998.
Presidente: Giuliano VASSALLI
Redattore: Annibale MARINI
Depositata in cancelleria il 24 luglio 1998.