SENTENZA N.322
ANNO 1998
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Dott. Renato GRANATA, Presidente
- Prof. Giuliano VASSALLI
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Cesare MIRABELLI
- Prof. Fernando SANTOSUOSSO
- Avv. Massimo VARI
- Dott. Cesare RUPERTO
- Dott. Riccardo CHIEPPA
- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY
- Prof. Valerio ONIDA
- Prof. Carlo MEZZANOTTE
- Avv. Fernanda CONTRI
- Prof. Guido NEPPI MODONA
- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI
- Prof. Annibale MARINI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 2941, numero 7, del codice civile promosso con ordinanza emessa il 5 novembre 1996 dalla Corte di cassazione sul ricorso proposto da GE.COL. s.r.l. contro Romaldi Michele, iscritta al n. 176 del registro ordinanze 1997 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 16, prima serie speciale, dell'anno 1997.
Visti gli atti di costituzione della GE.COL. s.r.l. e di Romaldi Michele;
udito nell'udienza pubblica del 10 febbraio 1998 il Giudice relatore Annibale Marini;
udito l'avvocato Giampiero Paoli per la GE.COL. s.r.l..
Ritenuto in fatto
1. - La Corte di cassazione, nel corso di un giudizio di responsabilità promosso da una società a responsabilità limitata contro il suo amministratore per fatti commessi nel periodo in cui l'attrice era costituita come società in accomandita semplice, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 2941, numero 7, del codice civile, nella parte in cui non prevede la sospensione della prescrizione tra le società di persone ed i loro amministratori, finchè sono in carica, per le azioni di responsabilità contro di essi.
2. - Ad avviso della Corte rimettente, la disparità di trattamento che la norma denunciata comporterebbe tra le società di persone e quelle di capitali sarebbe irragionevole " in quanto non ancorabile ad una sostanziale diversità di tutela apprestata dalla legge" .
La differente disciplina che il codice detta per le società di persone e per quelle di capitali in tema di revoca degli amministratori e di azione di responsabilità contro questi ultimi (senza, peraltro, che l’esercizio di siffatti strumenti di tutela possa considerarsi meno agevole nell’ambito delle società di capitali), non varrebbe, infatti, a giustificare la diversa regolamentazione della sospensione della prescrizione, rinvenendo quest’ultima la sua ragion d’essere nella " pratica impossibilità o difficoltà di esercitare il diritto per una condizione particolare del titolare (art. 2942 cod. civ.) ovvero per una speciale relazione esistente fra costui ed il soggetto passivo (art. 2941 cod. civ.)".
Il particolare rapporto tra le società di capitali ed i loro amministratori - che costituirebbe la ratio della sospensione della prescrizione di cui all’art. 2941, numero 7, del cod. civ. - sussisterebbe, infatti, in modo ancora più incisivo nelle società di persone, ove il vincolo personale sarebbe più intenso ed i condizionamenti più agevoli e frequenti.
La norma denunciata, dunque, con l’escludere la sospensione della prescrizione tra le società di persone ed i loro amministratori finchè sono in carica per le azioni di responsabilità contro di essi, risulterebbe lesiva sia del principio di eguaglianza sancito dall’art. 3 della Costituzione, che richiede uniformità di trattamento di situazioni omogenee, sia del diritto di difesa di cui all’art. 24 della Costituzione, sotto il profilo della possibilità di una adeguata tutela delle società di persone a fronte delle irregolarità dei loro amministratori.
La rilevanza della questione deriverebbe dalla circostanza che il credito azionato nei confronti dell’amministratore riguarda, come si é detto, il periodo in cui l'attrice era costituita come società in accomandita semplice. Sicchè, solo l’eventuale dichiarazione di illegittimità costituzionale della disposizione denunciata potrebbe consentire l’accoglimento del ricorso proposto avverso la sentenza con cui sono stati dichiarati prescritti i diritti maturati dalla società anteriormente ad una certa data.
3. - Si é costituita dinanzi a questa Corte la società ricorrente nel giudizio a quo, che - argomentando in modo sostanzialmente non dissimile dalla ordinanza di rimessione - ha concluso per l'accoglimento della questione.
In particolare, secondo la parte privata, mentre i soci di una società di capitali potrebbero - a nulla rilevando l’eventuale dissenso degli amministratori - rimuovere questi ultimi dalla carica ed esercitare nei loro confronti l’azione di responsabilità, la stessa possibilità sarebbe condizionata per i soci di una società in accomandita semplice - ai sensi dell’art. 2319 del cod. civ. - al consenso dei soci accomandatari; sicchè, sarebbe del tutto immotivata la diversa e meno favorevole disciplina in tema di sospensione della prescrizione che il codice detta per le società di persone rispetto a quella stabilita dall’art. 2941, numero 7, del cod. civ. per le società di capitali.
La denunciata disparità di trattamento, conclude la parte, sarebbe ancor più ingiustificata anche alla luce di un recente orientamento giurisprudenziale che ha riconosciuto alle società di persone "una sia pur limitata soggettività giuridica".
4. - La parte privata resistente nel giudizio a quo ha depositato atto di costituzione oltre il termine prescritto.
Considerato in diritto
1. - La Corte di cassazione dubita - in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione - della legittimità costituzionale dell’art. 2941, numero 7, del codice civile, nella parte in cui non prevede la sospensione della prescrizione tra le società di persone ed i loro amministratori, finchè sono in carica, per le azioni di responsabilità contro di essi.
2. - La questione é fondata, nei limiti di seguito precisati.
3. - Ai fini del decidere, va anzitutto esclusa, in conformità al diritto vivente, l'applicabilità, sia diretta che analogica, della norma denunciata alle società di persone.
4. - Può, dunque, passarsi all'esame della questione di costituzionalità che, in relazione all'oggetto del giudizio a quo, riguarda la disparità di trattamento tra le società di capitali e la società in accomandita semplice per essere le prime, in quanto persone giuridiche, ricomprese nella previsione dell'art. 2941, numero 7, del codice civile da cui risulta, invece, esclusa, per l'assenza della personalità giuridica, la seconda.
Questa Corte ha già avuto modo di affermare che " se esorbita dai compiti del giudice delle leggi quello di creare una nuova fattispecie di sospensione della prescrizione, deve ritenersi lecito sindacare l’omissione legislativa nell’ambito di una ipotesi già determinata" , evidenziando altresì come in questo caso " la norma richiamata deve costituire un valido tertium comparationis, tale da rendere illegittima l’omissione e conseguentemente doverosa la sentenza additiva della Corte" (sentenza n. 2 del 1998). Quel che si tratta, allora, di accertare é se la società in accomandita semplice possa considerarsi omogenea alle società di capitali, e se, conseguentemente, la sua esclusione dall’ambito della norma censurata risulti lesiva del principio di eguaglianza (art. 3 Cost.).
L’omogeneità delle fattispecie poste a raffronto deve essere, poi, valutata in rapporto alla ratio della norma denunciata, verificando, in particolare, se tale ratio sia riferibile indistintamente a tutte le fattispecie che si tratta di confrontare.
E’ noto che le cause di sospensione della prescrizione consistono in talune circostanze, specificate dal legislatore, che ostacolano o rendono difficile l’esercizio del diritto e giustificano, pertanto, l’inerzia del titolare.
Ed é del pari noto che le cause di sospensione sono suddivise dal codice in due categorie a seconda che siano costituite da una speciale relazione giuridica esistente tra il titolare del diritto ed il soggetto passivo o da una condizione particolare del titolare del diritto.
Nella prima categoria é contemplata la causa di sospensione prevista dalla norma denunciata la quale sarebbe giustificata dalla circostanza che la permanenza in carica degli amministratori viene di fatto ad ostacolare la possibilità, in capo alla persona giuridica, di acquisire una piena conoscenza del loro operato e, conseguentemente, di valutare se gli amministratori siano incorsi in violazioni dei loro obblighi rilevanti per l'esercizio dell'azione di responsabilità.
Mentre, secondo una diversa tesi dottrinale, formulata sotto il vigore del codice civile del 1865, la ratio della sospensione della prescrizione andrebbe individuata per la società commerciale nella identità che si verrebbe a determinare nell’esercizio dell’azione di responsabilità tra la persona che dovrebbe agire e quella contro cui l’azione dovrebbe essere rivolta. Si é detto, infatti, che essendo la società commerciale, come persona giuridica, rappresentata dagli amministratori, questi, se dovessero agire contro se stessi, riunirebbero in sè la duplice qualità di attori (in senso formale) e di convenuti.
Indipendentemente dall’opinione che si ritenga al riguardo preferibile, una ratio identica a quella posta a base della norma denunciata ricorre anche per la società in accomandita semplice che, come quelle dotate di personalità giuridica, é gestita da uno o più amministratori che agiscono per la stessa e che, dunque, sono responsabili per la inosservanza degli obblighi posti a loro carico dalla legge o dal contratto sociale.
Se, dunque, la ratio della sospensione della prescrizione é, comunque, riferibile al rapporto gestorio che lega la società all’amministratore, é evidente come resti del tutto irrilevante a tal fine che si tratti di una società avente personalità giuridica o - come nel caso sottoposto all'esame del giudice a quo - di una società in accomandita semplice.
La diversità di disciplina che il legislatore detta per le società di capitali e per la società in accomandita semplice in tema di azione di responsabilità e di revoca dell’amministratore non risulta d'altro lato in contrasto, come rilevato anche dalla Corte rimettente, con la ricorrenza in tutti i suddetti tipi societari di una identica ratio legittimante la sospensione della prescrizione e, dunque, con l’omogeneità, sotto tale aspetto, della società in accomandita semplice rispetto a quelle di capitali.
Omogeneità che rende la esclusione della società in accomandita semplice dall’ambito applicativo della norma denunciata del tutto priva di ragionevole giustificazione e, pertanto, lesiva del principio di eguaglianza.
Resta in tal modo assorbita ogni altra censura.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 2941, numero 7, del codice civile, nella parte in cui non prevede che la prescrizione rimane sospesa tra la società in accomandita semplice ed i suoi amministratori, finchè sono in carica, per le azioni di responsabilità contro di essi.
Cosí deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 14 luglio 1998.
Presidente: Renato GRANATA
Redattore: Annibale MARINI
Depositata in cancelleria il 24 luglio 1998.