Ordinanza n. 311/98

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ORDINANZA N.311

ANNO 1998

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Prof.    Giuliano VASSALLI,  Presidente

- Prof.    Francesco GUIZZI   

- Prof.    Cesare MIRABELLI            

- Prof.    Fernando SANTOSUOSSO            

- Avv.    Massimo VARI                    

- Dott.   Cesare RUPERTO                

- Dott.   Riccardo CHIEPPA             

- Prof.    Gustavo ZAGREBELSKY              

- Prof.    Valerio ONIDA                    

- Prof.    Carlo MEZZANOTTE                     

- Avv.    Fernanda CONTRI               

- Prof.    Guido NEPPI MODONA                

- Prof.    Piero Alberto CAPOTOSTI             

- Prof.    Annibale MARINI               

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 17 della legge 4 maggio 1990, n. 107 (Disciplina per le attività trasfusionali relative al sangue umano ed ai suoi componenti e per la produzione di plasmaderivati), promosso con ordinanza emessa il 5 novembre 1997 dal Pretore di Genova, iscritta al n. 866 del registro ordinanze 1997 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 52, prima serie speciale, dell’anno 1997.

  Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

  udito nella camera di consiglio del 20 maggio 1998 il Giudice relatore Giuliano Vassalli.

Ritenuto che il Pretore di Genova ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 27 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 17 della legge 4 maggio 1990, n. 107 (Disciplina per le attività trasfusionali relative al sangue umano ed ai suoi componenti e per la produzione di plasmaderivati);

che a tal proposito il giudice a quo sottolinea come, nell’alveo della previsione sanzionatoria oggetto di impugnativa, caratterizzata da un minimo edittale elevato (mesi dodici di reclusione e lire 400.000 di multa) e da una pena accessoria particolarmente significativa (interdizione dall’esercizio della professione sanitaria per un periodo non inferiore a due anni), sono astrattamente riconducibili condotte assai differenziate, il cui disvalore può anche essere manifestamente disomogeneo;

che da ciò scaturirebbe una violazione dell’art. 3 della Carta fondamentale, sia per l’irragionevole parificazione di trattamento sanzionatorio di situazioni profondamente diverse, sia per il mancato rispetto del principio di proporzionalità tra la pena e il disvalore dell’illecito;

che correlativamente vulnerato sarebbe anche l’art. 27, terzo comma, della Costituzione, giacchè il minimo edittale eccessivo per fatti di minore entità, impedisce alla pena di svolgere la funzione rieducativa, "operante già a livello di astratta previsione normativa del meccanismo sanzionatorio globalmente inteso";

che nel giudizio é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata "inammissibile e non fondata".

Considerato che il giudice a quo sottopone a scrutinio di costituzionalità il "meccanismo sanzionatorio" previsto dall’art. 17 della legge 4 maggio 1990, n. 107, in particolare censurando il minimo edittale rigidamente predeterminato che non consentirebbe alcuna graduazione di pena, nè principale nè accessoria, a fronte di condotte quanto mai variegate sul piano della esposizione a pericolo dei valori protetti;

che l’ordinanza rimessiva, facendo leva su di "una scala ideale di pregiudizio" di tali valori, mentre implicitamente ammette l’esistenza di condotte "immediatamente pericolose per la salute della collettività" che legittimano la previsione di una adeguata disciplina sanzionatoria, al tempo stesso genericamente ne giustappone altre – fra le quali si inquadrerebbe "una parte del fatto" contestato in una delle imputazioni elevate nel procedimento a quo – nelle quali il rischio si appaleserebbe minimo o in concreto inesistente;

che, anche volendo prescindere dal considerare che i fatti contestati nella imputazione alla quale il giudice a quo si riferisce non appaiono integrare alcuna delle fattispecie legali di cui alla norma che viene denunciata come sospetta (sia pure sotto il solo profilo sanzionatorio) di illegittimità costituzionale, non essendo possibile ricostruire alcuna "violazione delle norme di legge" sulla base di norme secondarie come quelle indicate, devesi rilevare che il giudice rimettente omette di additare il regime sanzionatorio costituzionalmente imposto e di enucleare l’esatta tipologia delle singole fattispecie alle quali detto termine andrebbe riferito;

che pertanto, mancando una puntuale motivazione sulla rilevanza della questione sottoposta a questa Corte, la questione stessa va considerata manifestamente inammissibile.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 17 della legge 4 maggio 1990, n. 107 (Disciplina per le attività trasfusionali relative al sangue umano ed ai suoi componenti e per la produzione di plasmaderivati), sollevata, in riferimento agli artt. 3, primo comma, e 27, terzo comma, della Costituzione, dal Pretore di Genova con l’ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 luglio 1998.

Presidente: Giuliano VASSALLI

Redattore: Giuliano VASSALLI

Depositata in cancelleria il 22 luglio 1998.