ORDINANZA N.308
ANNO 1998
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Dott. Renato GRANATA, Presidente
- Prof. Giuliano VASSALLI
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Cesare MIRABELLI
- Avv. Massimo VARI
- Dott. Cesare RUPERTO
- Dott. Riccardo CHIEPPA
- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY
- Prof. Valerio ONIDA
- Prof. Carlo MEZZANOTTE
- Avv. Fernanda CONTRI
- Prof. Guido NEPPI MODONA
- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI
- Prof. Annibale MARINI
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 7, ultimo comma, della legge 28 febbraio 1985, n. 47 (Norme in materia di controllo dell’attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie), promossi con n. 5 ordinanze emesse il 30 giugno 1997 dal Pretore di Latina, sezione distaccata di Gaeta, rispettivamente iscritte ai nn. 620, 647, 648, 649 e 650 del registro ordinanze 1997 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 40 e 41, prima serie speciale, dell’anno 1997.
Udito nella camera di consiglio del 6 maggio 1998 il Giudice relatore Riccardo Chieppa.
Ritenuto che il Pretore di Latina, sezione distaccata di Gaeta, con cinque ordinanze di identico contenuto (r.o. nn. 620, 647, 648, 650 del 1997) emesse nel corso di altrettanti procedimenti di esecuzione relativi ad ordini di demolizione contenuti in sentenze di condanna per violazioni edilizie passate in giudicato, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 7, ultimo comma, della legge 28 febbraio 1985, n. 47 (Norme di controllo dell’attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie), il quale prevede che per le opere eseguite in assenza o in totale difformità dalla concessione ovvero con variazioni essenziali, il giudice, con la sentenza di condanna, ordina la demolizione delle opere stesse, se ancora non sia stata altrimenti eseguita;
che, ad avviso del giudice a quo, sarebbe anzitutto violato l’art. 3 della Costituzione, creandosi una situazione di irragionevole disuguaglianza tra i soggetti nei confronti dei quali l’esecuzione dell’ordine di demolizione avvenga ad opera del Sindaco, e quelli nei cui confronti essa avvenga secondo le regole del codice di procedura penale, ai quali non si applica il sistema di garanzie e gravami contemplato per i provvedimenti amministrativi;
che, inoltre, la norma impugnata si porrebbe in contrasto con l’art. 103 della Costituzione, perchè il giudice dell’esecuzione penale sarebbe tenuto all’esame di una questione di carattere amministrativo, con una deviazione dallo schema delineato dalla predetta norma costituzionale in riferimento alle attribuzioni degli organi di giustizia amministrativa;
che, infine, il rimettente sospetta la violazione dell’art. 24 della Costituzione, in quanto il carattere fortemente attenuato del contraddittorio instaurato in sede di incidente di esecuzione rispetto alle regole che presiedono al giudizio dinanzi agli organi di giustizia amministrativa menomerebbe il diritto di difesa;
che nei giudizi é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri con il patrocinio dell’Avvocatura generale dello Stato che ha concluso per la infondatezza delle questioni.
Considerato che deve escludersi la irragionevole disparità di trattamento lamentata dal rimettente, avuto riguardo alla disomogeneità delle situazioni poste a raffronto, in quanto l’ordine di demolizione imposto dal giudice penale, ex art. 7, ultimo comma, della legge n. 47 del 1985, costituisce esercizio di un potere autonomo, e non omologabile a quelli di governo del territorio riconosciuti all’autorità amministrativa, in quanto correlato alla esigenza di ristoro dell’offesa del territorio (Cass. Sez. unite, n. 15 del 1996);
che, alla luce di tali rilievi, si rivelano prive di fondamento anche le ulteriori censure rivolte alla norma impugnata;
che, del resto, questa Corte, con la ordinanza n. 56 del 1998, ha sottolineato che l’ordine di demolizione di cui si tratta, ancorchè contenuto in una sentenza passata in giudicato, deve essere revocato dallo stesso giudice quando e nei limiti in cui risulti incompatibile con un provvedimento adottato dalla pubblica amministrazione (Cass. pen., n. 3895 del 1990 e n. 489 del 1992), e che esso é comunque riesaminabile in sede di esecuzione (Cass. pen., n. 1946 del 1992);
che, alla stregua delle riferite argomentazioni, le questioni devono essere dichiarate manifestamente infondate sotto ogni profilo.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
dichiara la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 7, ultimo comma, della legge 28 febbraio 1985, n. 47 (Norme di controllo dell’attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie), sollevate, in riferimento agli artt. 3, 24 e 103 della Costituzione, dal Pretore di Latina, sezione distaccata di Gaeta, con le ordinanze indicate in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 luglio 1998.
Presidente: Renato GRANATA
Redattore: Riccardo CHIEPPA
Depositata in cancelleria il 22 luglio 1998.