ORDINANZA N.246
ANNO 1998
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Prof. Giuliano VASSALLI, Presidente
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Cesare MIRABELLI
- Prof. Fernando SANTOSUOSSO
- Avv. Massimo VARI
- Dott. Cesare RUPERTO
- Dott. Riccardo CHIEPPA
- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY
- Prof. Valerio ONIDA
- Prof. Carlo MEZZANOTTE
- Avv. Fernanda CONTRI
- Prof. Guido NEPPI MODONA
- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI
- Prof. Annibale MARINI
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 216, comma 6, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), promosso con ordinanza emessa il 27 novembre 1997 dal Pretore di Roma, iscritta al n. 902 del registro ordinanze 1997 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 3, prima serie speciale, dell'anno 1998.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 3 giugno 1998 il Giudice relatore Carlo Mezzanotte.
Ritenuto che il Pretore di Roma, chiamato a giudicare una persona imputata del reato di cui all’articolo 216, comma 6, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), per avere circolato alla guida di un’autovettura la cui carta di circolazione era stata in precedenza ritirata per omessa annotazione del trasferimento di proprietà, ha sollevato, in riferimento all’articolo 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale della citata disposizione, nella parte in cui punisce con la pena dell’arresto da uno a otto mesi e dell’ammenda da lire duecentomila a ottocentomila chiunque, durante il periodo in cui la carta di circolazione é ritirata, circola abusivamente con lo stesso veicolo al quale il ritiro si riferisce;
che, ad avviso del giudice remittente, la disposizione impugnata, sanzionando con la medesima pena anche chi guida un veicolo durante il periodo in cui gli é stata ritirata la patente, sarebbe illegittima, in quanto equipara il trattamento sanzionatorio di condotte tra loro diverse;
che, in particolare, il remittente, pur dichiarandosi consapevole della giurisprudenza di questa Corte in ordine alla non sindacabilità delle scelte discrezionali riservate al legislatore in materia di politica criminale, rileva che la discrezionalità sarebbe stata esercitata in violazione del canone di ragionevolezza, come risulterebbe anche dalla considerazione che la diversa offensività delle due condotte era riconosciuta nel precedente codice della strada, nel quale la circolazione, nel caso in cui il relativo documento fosse stato ritirato, era punita con sanzione amministrativa;
che, inoltre, il legislatore, pur nell'ambito più circoscritto delle violazioni inerenti il possesso del documento di circolazione, irragionevolmente equiparerebbe condotte offensive di interessi totalmente diversi, quali quello alla pubblica incolumità (guida di un veicolo per il quale la carta di circolazione non é mai stata rilasciata e quindi non é mai stata valutata, in relazione ad esso, la idoneità tecnica), e quello alla regolarità e alla completezza dei dati riportati sul documento di circolazione (guida di un veicolo in relazione al quale il documento sia stato ritirato a causa della omessa annotazione del trasferimento di proprietà);
che é intervenuto nel presente giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile e comunque non fondata, non contrastando la disposizione censurata con il canone di ragionevolezza.
Considerato che l’articolo 216, comma 6, del d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285, punisce con la pena dell’arresto da uno a otto mesi e dell’ammenda da lire duecentomila a lire ottocentomila chiunque, durante il periodo in cui il documento di circolazione é ritirato, circola abusivamente con lo stesso veicolo al quale il ritiro si riferisce ovvero guida un veicolo quando la patente gli sia stata ritirata;
che non sussiste la violazione del canone di ragionevolezza, prospettata dal giudice remittente sotto il profilo della equiparazione, quanto a trattamento sanzionatorio, di condotte diverse e caratterizzate da differente gravità, in quanto, come più volte affermato da questa Corte, quando due condotte, diverse nel disvalore, siano accomunate dal legislatore nel trattamento sanzionatorio, é sempre rimesso al giudice, nell’esercizio della discrezionalità di cui agli articoli 132 e 133 cod. pen., determinare la pena tra i limiti minimo e massimo, tenendo conto della qualità e quantità dell’oggettiva antigiuridicità delle diverse fattispecie (ordinanze nn. 456 del 1997, 220 del 1996, sentenza n. 67 del 1992);
che del pari manifestamente infondata é la questione sotto il diverso profilo prospettato dal giudice remittente (previsione di una identica sanzione per violazioni afferenti tutte al possesso della carta di circolazione), in quanto, premesso che la configurazione dei reati e la previsione della qualità e della quantità delle sanzioni penali appartengono alla politica legislativa e, quindi, alla discrezionalità del legislatore, con l’unico limite della manifesta irragionevolezza (v., da ultimo, ordinanze nn. 115 del 1998 e 456 del 1997), la previsione di una sanzione penale per la circolazione con un veicolo privo di documento di circolazione perchè ritirato non appare di per sè irragionevole;
che, in particolare, per quanto riguarda l’ipotesi del ritiro del documento di circolazione per omessa annotazione del trasferimento di proprietà, la sanzione penale non é prevista dal legislatore come conseguenza immediata di tale omissione, ma come sanzione per il fatto che taluno si sia posto alla guida del veicolo nel periodo in cui il documento era stato ritirato;
che, inoltre, il costante aggiornamento dei dati identificativi del proprietario del veicolo attraverso la loro annotazione sulla carta di circolazione risponde ad esigenze di pubblico interesse e non appare irragionevole che il legislatore, pur nella varietà delle soluzioni astrattamente ipotizzabili, abbia ritenuto di prevedere una sanzione amministrativa per l'ipotesi di guida di un veicolo il cui documento di circolazione non sia stato aggiornato nei tempi stabiliti (articolo 94, comma 4, del d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285, come modificato dall’articolo 17 della legge 27 dicembre 1997, n. 449) e una sanzione penale per la reiterazione della medesima condotta dopo che il documento, a causa dell’omesso adeguamento, sia stato ritirato;
che anche per quel che riguarda la dedotta differente rilevanza degli interessi protetti dalle norme sul possesso del documento di circolazione la questione appare manifestamente infondata, poichè, come appena ricordato, spetta al giudice adeguare la sanzione al disvalore della condotta sanzionata;
che, pertanto, la questione, sotto tutti i profili prospettati dal giudice remittente, deve essere dichiarata manifestamente infondata.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’articolo 216, comma 6, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), sollevata, in riferimento all’articolo 3 della Costituzione, dal Pretore di Roma con l’ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 30 giugno 1998.
Presidente: Giuliano VASSALLI
Redattore: Carlo MEZZANOTTE
Depositata in cancelleria il 3 luglio 1998.