SENTENZA N. 195
ANNO 1998
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Dott. Renato GRANATA, Presidente
- Prof. Giuliano VASSALLI
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Cesare MIRABELLI
- Avv. Massimo VARI
- Dott. Cesare RUPERTO
- Dott. Riccardo CHIEPPA
- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY
- Prof. Valerio ONIDA
- Prof. Carlo MEZZANOTTE
- Avv. Fernanda CONTRI
- Prof. Guido NEPPI MODONA
- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI
- Prof. Annibale MARINI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 57, lettera d), della legge 1° aprile 1981, n. 121 (Nuovo ordinamento dell'Amministrazione di pubblica sicurezza), promosso con ordinanza emessa il 15 novembre 1995-19 dicembre 1995 dal Tribunale amministrativo regionale per la Campania, sul ricorso proposto da Castaldo Maria n.q. contro il Ministero dell'interno, iscritta al n. 1259 del registro ordinanze 1996 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 47, prima serie speciale, dell'anno 1996.
Visto l'atto di costituzione di Castaldo Giovanni nonchè l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio dell'11 febbraio 1998 il Giudice relatore Cesare Ruperto.
Ritenuto in fatto
1. - Nel corso di un giudizio vòlto all'annullamento del provvedimento con cui il Capo della Polizia aveva dimesso dal corso di formazione per vice commissari in prova il ricorrente, che, a séguito dei postumi di un incidente stradale, aveva superato i novanta giorni di assenza massima consentita, il Tribunale amministrativo regionale per la Campania, con ordinanza emessa il 15 novembre 1995 (pervenuta alla Corte il 28 ottobre 1996), ha sollevato - in riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione - questione di legittimità costituzionale dell'art. 57, lettera e), della legge 1° aprile 1981, nella parte in cui, prevedendo l'obbligatoria adozione del provvedimento di dimissioni dal corso, non consente all'Amministrazione di valutare discrezionalmente la possibilità di ammettere al corso successivo i vincitori di pubblico concorso che siano stati assenti per motivi di salute a loro non imputabili per un periodo superiore a novanta giorni, qualora abbiano recuperato l'idoneità fisica prescritta per le funzioni di polizia.
Il giudice a quo premette di dover disattendere la prospettazione della parte, secondo cui la denunciata norma determinerebbe un'irragionevole disparità di trattamento tra impiegati in prova ed impiegati di ruolo, posto che é proprio lo status di dipendente di ruolo che giustifica il differente assetto normativo in materia, apparendo ragionevole che a quest'ultimo vengano riconosciute maggiori garanzie.
Viceversa il TAR rimettente censura la norma sotto un diverso profilo, riconducibile agli artt. 3 e 97 Cost., ritenendo illogica l'estromissione d'ufficio del partecipante al corso, già vincitore di concorso, a prescindere da qualsiasi effettiva valutazione sul suo stato di salute e sulla malattia che egli ha contratto (nonchè sull'eventuale perdita totale o parziale dell'idoneità allo svolgimento del servizio di polizia), estromissione che viene disposta esclusivamente in ragione dell'involontario superamento del periodo massimo di assenza consentito.
In concreto la norma darebbe luogo ad una fattispecie di carattere automatico, che prescinde del tutto dalle circostanze che hanno dato origine alle assenze e dalla addebitabilità o meno all'interessato delle ragioni che hanno determinato l'infermità. La denunciata lesione dei princìpi di uguaglianza e d'imparzialità sarebbe quindi ravvisabile nella mancata previsione della possibilità, per i commissari in prova i quali abbiano superato il limite massimo di assenza "per motivi di salute a loro non imputabili", di essere ammessi a partecipare al corso successivo "ove abbiano recuperato in pieno l'idoneità fisica".
La prospettata illegittimità costituzionale risulterebbe ulteriormente evidenziata alla luce di quanto previsto dall'art. 56, comma 7 della stessa legge, che consente alla Amministrazione di valutare discrezionalmente la possibilità di ammettere ad un corso successivo i commissari in prova "bocciati" all'esame finale del corso.
In conclusione il TAR rileva la sostanziale differenza tra il caso in esame e la fattispecie di cui alla sentenza n. 297 del 1994 di questa Corte, concernente il personale proveniente dai contingenti di leva, mentre i funzionari in argomento raggiungono il corso in séguito all'utile classificazione nella graduatoria della procedura concorsuale.
2. - E' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato, che ha osservato come entrambi i profili d'incostituzionalità non appaiano fondati e sembrino comunque risolvibili in via interpretativa. Quanto alla asserita disparità di trattamento, si rileva che non possono porsi a confronto le due situazioni del candidato che abbia superato il periodo massimo di assenza e di quello che non abbia superato la prova finale. Circa il secondo aspetto, l'Autorità intervenuta ritiene che l'infermità debba "ragionevolmente essere valutata dall'amministrazione sia con riguardo ai fattori causali... che alla perdita o meno delle capacità fisiche necessarie allo svolgimento delle funzioni di commissario di polizia". Inoltre - opina l'Avvocatura - "una lettura non formalistica della norma" parrebbe dare spazio all'ammissione ad un corso successivo, argomentando analogicamente con riguardo all'ipotesi di maternità.
In sostanza la norma, secondo l'Avvocatura, mentre prevede i casi di ammissione automatica al corso successivo, non esclude affatto che, al di fuori di questi, l'interessato possa richiedere ed ottenere tale ammissione.
3. - Nel giudizio dinanzi a questa Corte si é costituito il ricorrente nel giudizio a quo, il quale ha insistito per la declaratoria d'illegittimità costituzionale, deducendo i medesimi argomenti svolti
Considerato in diritto
1. - Il TAR per la Campania dubita della legittimità costituzionale dell'art. 57, lettera d), della legge 1° aprile 1981, n. 121, nella parte in cui prevede che i vincitori del concorso per commissario di polizia in prova, frequentatori dell'apposito corso che é condizione per il conseguimento della nomina, vengano da questo dimessi nel caso di assenza per infermità di durata superiore a novanta giorni.
A parere del rimettente la norma, nel precludere all'interessato la partecipazione ad un corso successivo ove egli abbia recuperato l'idoneità fisica, risulterebbe lesiva: a) dell'art. 3 Cost., per la disparità di trattamento rispetto a chi, non avendo superato l'esame finale, può partecipare al corso successivo; b) dell'art. 97 Cost., in quanto prescinde dalla possibilità di accertare in concreto l'idoneità al servizio e di verificare l'addebitabilità delle circostanze che hanno causato la sopravvenuta infermità.
2. - La questione é fondata.
2.1. - Dispone l'art. 55 della legge n. 121 del 1981 che "l'assunzione dei commissari di polizia" avviene: a) mediante pubblico concorso, i vincitori del quale sono nominati commissari in prova; b) all'esito di un corso di formazione teorico-pratico della durata di nove mesi, che essi sono tenuti a frequentare presso l'Istituto superiore di polizia.
Il successivo art. 56 prevede nel quinto comma che i commissari in prova, i quali abbiano superato gli esami finali, siano nominati commissari di polizia, e nel settimo comma che coloro i quali non superino l'esame "possono partecipare al corso successivo" e, solo "se l'esito di quest'ultimo é negativo, sono dimessi".
Infine la denunciata norma stabilisce che sono dimessi dal corso i commissari in prova, i quali siano "stati per qualsiasi motivo assenti dal corso per più di trenta giorni, anche se non consecutivi, e di novanta giorni per infermità contratta durante il corso". Solo allorchè l'infermità sia stata contratta a causa delle esercitazioni pratiche (o, trattandosi di donne, l'assenza sia dovuta alla maternità), é prevista la possibilità di partecipare al primo corso successivo al riconoscimento della sua idoneità psicofisica.
2.2. - Dunque la denunciata norma impone come obbligatoria l'adozione del provvedimento di dimissione dal corso ove ricorra uno dei due casi di assenza sopra indicati (trenta giorni, anche se non consecutivi, ovvero novanta per infermità contratta durante il corso), senza che all'Amministrazione sia consentita alcuna valutazione circa le cause che hanno determinato l'assenza stessa. In particolare nella seconda ipotesi, che viene sottoposta alla Corte, l'Amministrazione non ha neppure la facoltà di accertare l'eventuale perdita, in tutto o in parte, dell'idoneità allo svolgimento del servizio di polizia.
Trattasi, all'evidenza, di automatismo basato su una presunzione assoluta di inidoneità, manifestamente priva di ragionevolezza e contrastante con l'interesse stesso della Pubblica Amministrazione.
Appare illogico, infatti, ammettere ad un corso successivo i commissari in prova che non abbiano superato l'esame finale, e invece precludere comunque all'Amministrazione di consentire analoga opportunità a chi sia stato assente per malattia, sia pure all'esito di un'istruttoria circa l'eziologia e le conseguenze della malattia stessa.
E' vero che al legislatore deve riconoscersi la più ampia discrezionalità nel privilegiare alcuni elementi di valutazione nelle procedure di accesso all'impiego; ma il necessario limite della ragionevolezza risulta superato allorchè, accordata la possibilità di ripetere il corso a chi sia stato giudicato negativamente, la medesima venga poi negata nell'ipotesi in esame, così attribuendosi alla frequenza un valore preminente rispetto al rendimento.
Del resto la stessa Avvocatura dello Stato finisce col convenire su tale conclusione, quando suggerisce una lettura della norma, secondo cui non sarebbe preclusa l'ammissione al corso successivo anche al di fuori dei casi esplicitamente previsti. Lettura che tuttavia non può accettarsi, essendo il dato testuale preciso e ineludibile nel senso indicato dal rimettente. L'ammissione al "primo corso successivo", infatti, é prevista espressamente solo per le due ipotesi di infermità "contratta a causa delle esercitazioni pratiche" e di assenza "determinata da maternità"; mentre, d'altra parte, l'ultimo comma dello stesso art. 57 accomuna quoad effectum l'espulsione e la dimissione dal corso, così accentuando il carattere ingiustificatamente sanzionatorio del provvedimento relativo a quest'ultima.
La coerenza del sistema, dunque, può e deve ottenersi solo attraverso la declaratoria d'illegittimità costituzionale della denunciata norma.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 57, lettera d), della legge 1° aprile 1981, n. 121 (Nuovo ordinamento dell'Amministrazione di pubblica sicurezza), nella parte in cui non consente all'Amministrazione di ammettere ad un altro corso successivo i commissari in prova che siano stati assenti per più di novanta giorni per infermità contratta durante il corso ed abbiano nel frattempo recuperato l'idoneità psicofisica.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 20 maggio 1998.
Presidente: Renato GRANATA
Redattore: Cesare RUPERTO
Depositata in cancelleria il 3 giugno 1998.