ORDINANZA N.183
ANNO 1998
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Dott. Renato GRANATA, Presidente
- Prof. Giuliano VASSALLI
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Cesare MIRABELLI
- Prof. Fernando SANTOSUOSSO
- Avv. Massimo VARI
- Dott. Cesare RUPERTO
- Dott. Riccardo CHIEPPA
- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY
- Prof. Valerio ONIDA
- Prof. Carlo MEZZANOTTE
- Avv. Fernanda CONTRI
- Prof. Guido NEPPI MODONA
- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI
- Prof. Annibale MARINI
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 2, secondo comma, numero 2, della legge 5 agosto 1978, n. 457 (Norme per l’edilizia residenziale pubblica) e 22, primo comma lettera e), in relazione alla successiva lettera f) ed all’art. 2, primo comma lettera d), della legge Regione Lombardia 5 dicembre 1983, n 91 (Disciplina dell’assegnazione e della decadenza degli alloggi di edilizia residenziale pubblica), promossi con n. 4 ordinanze emesse il 3 ottobre 1996 dal Tar per la Lombardia rispettivamente iscritte ai nn. 693, 694, 695 e 696 del registro ordinanze 1997 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 43, prima serie speciale, dell’anno 1997.
Visti gli atti di intervento della Regione Lombardia e del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 7 aprile 1998 il Giudice relatore Piero Alberto Capotosti.
Ritenuto che il Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, adito in quattro diversi giudizi per l’annullamento di altrettanti provvedimenti di decadenza dall’assegnazione di alloggi di edilizia residenziale pubblica emanati dal sindaco del comune di Milano, con quattro ordinanze del 3 ottobre 1996, di contenuto pressochè identico, ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt. 2, secondo comma, numero 2, della legge 5 agosto 1978, n. 457 (Norme per l’edilizia residenziale pubblica) e 22, primo comma, lettera e), in relazione alla successiva lettera f) ed all’art. 2, primo comma, lettera d), della legge Regione Lombardia 5 dicembre 1983, n. 91 (Disciplina dell’assegnazione e della decadenza degli alloggi di edilizia residenziale pubblica) e successive modifiche, in riferimento agli artt. 3, 115, 117 e 118 della Costituzione;
che, ad avviso del Tar rimettente, l’art. 2, secondo comma, numero 2, della legge n. 457 del 1978 si pone in contrasto con gli artt.115, 117 e 118 della Costituzione, in quanto attribuisce ad un organismo governativo il potere di fissare <<principi direttivi>> che vincolano il legislatore regionale, senza stabilire criteri in grado di limitare ed orientare la discrezionalità dell’esecutivo in una materia trasferita alle regioni;
che, secondo i giudici a quibus, la norma regionale censurata reca vulnus anche all’art. 3 della Costituzione, in quanto, recependo i criteri stabiliti dal Comitato interministeriale per la programmazione economica (Cipe), prevede la decadenza dall’assegnazione dell’alloggio per il caso di godimento di un reddito immobiliare che superi una determinata soglia, diversamente da quanto disposto qualora l’assegnatario sia titolare di redditi di natura diversa, nonostante la natura immobiliare del reddito non costituisca di per sé un significativo indice di ricchezza;
che, osserva infine il Tribunale amministrativo regionale, le norme regionali violano gli artt. 117 e 118 della Costituzione, in quanto prevedono la decadenza anche quando il reddito non derivi dalla titolarità di diritti reali su <<alloggi>>, discostandosi in tal modo dai criteri dettati dal Cipe nella deliberazione 19 novembre 1981, i quali esprimono, ex art. 2, secondo comma, numero 2, legge n. 457 del 1978, un <<principio direttivo>> che vincola il legislatore regionale;
che il Presidente del Consiglio dei ministri, intervenuto in tre dei quattro giudizi con il patrocinio dell’Avvocatura generale dello Stato, ha chiesto, negli atti di costituzione e nelle memorie depositate in prossimità della camera di consiglio, che la questione sia dichiarata inammissibile, ovvero infondata, e comunque sia ordinata la restituzione degli atti, affinchè il Tar proceda ad un nuovo esame della rilevanza, tenendo conto della deliberazione del Cipe del 13 marzo 1995;
che in tutti i giudizi é, altresì, intervenuto il Presidente della Giunta regionale della Lombardia che, negli atti di intervento e nelle memorie depositate in prossimità della camera di consiglio, ha chiesto che la questione sia dichiarata manifestamente inammissibile, dato che i giudici rimettenti non hanno esaminato se le modifiche introdotte nella disciplina sulla decadenza dall’assegnazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica influiscano sulla questione stessa e comunque ha insistito perchè essa sia rigettata, in quanto infondata.
Considerato che i giudizi riguardano un’identica questione e, quindi, vanno riuniti, per essere decisi contestualmente;
che i giudici a quibus dubitano della legittimità costituzionale della norma della legge regionale lombarda denunziata sostenendo che, in relazione ai criteri stabiliti nella deliberazione Cipe del 19 novembre 1981, essa si porrebbe in contrasto sotto diversi profili con l’art. 3 della Costituzione, nonchè con gli artt. 115, 117 e 118 della Costituzione;
che il Cipe, con la deliberazione 13 marzo 1995, ha dettato nuovi criteri generali per l’assegnazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica, innovando parzialmente la disciplina dei relativi requisiti e dei casi nei quali l’assegnazione può costituire oggetto di annullamento o di revoca;
che, benchè la modificazione dei criteri per l’assegnazione degli alloggi e per l’adozione dei suddetti atti estintivi sia intervenuta anteriormente alla pronunzia dell’ordinanza di rimessione, il Tar non ha preso in esame tale ultima deliberazione del Cipe e, conseguentemente, non ha esplicitato se il mutamento del quadro di riferimento abbia eventualmente inciso, ed entro quali limiti, sulla fattispecie sottoposta al suo esame;
che la mancanza di ogni specificazione al riguardo si risolve nella assoluta carenza di motivazione in ordine alle ragioni che, secondo i giudici a quibus, inducono comunque a far ritenere la perdurante rilevanza della questione, secondo quanto affermato da questa Corte in fattispecie identica (ordinanza n. 402 del 1997);
che, pertanto, la questione deve essere dichiarata manifestamente inammissibile.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli artt. 2, secondo comma, numero 2, della legge 5 agosto 1978, n. 457 (Norme per l’edilizia residenziale pubblica) e 22, primo comma, lettera e) in relazione alla lettera f) ed all’art. 2, primo comma, lettera d), della legge Regione Lombardia 5 dicembre 1983, n. 91 (Disciplina dell’assegnazione e della decadenza degli alloggi di edilizia residenziale pubblica) e successive modifiche, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 115, 117 e 118 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, con le ordinanze in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 8 maggio 1998.
Presidente: Renato GRANATA
Redattore: Piero Alberto CAPOTOSTI
Depositata in cancelleria il 20 maggio 1998.