Ordinanza n. 162/98

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ORDINANZA N.162

ANNO 1998

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Dott.   Renato GRANATA, Presidente

- Prof.    Giuliano VASSALLI

- Prof.    Francesco GUIZZI               

- Prof.    Cesare MIRABELLI            

- Prof.    Fernando SANTOSUOSSO            

- Avv.     Massimo VARI                    

- Dott.   Cesare RUPERTO                

- Dott.   Riccardo CHIEPPA             

- Prof.    Gustavo ZAGREBELSKY              

- Prof.    Valerio ONIDA                    

- Prof.    Carlo MEZZANOTTE                     

- Avv.    Fernanda CONTRI               

- Prof.    Guido NEPPI MODONA                

- Prof.    Piero Alberto CAPOTOSTI             

- Prof.    Annibale MARINI               

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 108 del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 19 marzo 1997 dal Pretore di Napoli – Sezione distaccata di Marano, iscritta al n. 608 del registro ordinanze 1997 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 39, prima serie speciale, dell’anno 1997.

Udito nella camera di consiglio del 7 aprile 1998 il Giudice relatore Giuliano Vassalli.

Ritenuto che con ordinanza emessa in data 19 marzo 1997 il Pretore di Napoli – Sezione distaccata di Marano, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 24, secondo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 108 del codice di procedura penale, "nella parte in cui non prevede la possibilità per il difensore designato di ufficio in assenza del codifensore di fiducia dell’imputato, di richiedere termine per la difesa";

che a parere del giudice a quo risulterebbe violato l’art. 3 della Costituzione, perchè l’evidenziata lacuna normativa determina una irragionevole disparità di trattamento rispetto ad altre situazioni analoghe, quali quella del difensore designato a norma dell’art. 97 cod. proc. pen. in caso di rinuncia del difensore di fiducia, nonchè quella del difensore d’ufficio dell’imputato nei confronti del quale si procede con il rito direttissimo;

che di conseguenza violato sarebbe anche il principio sancito dall’art. 24, secondo comma, della Carta fondamentale, in quanto il non aver previsto la possibilità per il difensore designato in sostituzione di richiedere termine per la difesa, "finisce per non assicurare la possibilità ovvero il diritto dell’imputato ad avere una difesa effettiva e non meramente simbolica".

Considerato che questa Corte, chiamata a pronunciarsi sulla identica questione sollevata dal medesimo giudice con precedente ordinanza, ha disatteso la fondatezza di simili censure (v. sentenza n. 450 del 1997), osservando che la "semplice assenza, non sorretta da un legittimo impedimento, é istituto del tutto diverso da quello dell’abbandono della difesa, e, a maggior ragione, da quello della rinuncia", così come del tutto diversa é la figura del sostituto del difensore "da quella del nuovo difensore designato nelle ipotesi di rinuncia, revoca, incompatibilità e abbandono di difesa";

che improprio si rivela poi l’assumere "come tertium comparationis il sistema previsto per i termini a difesa nel giudizio direttissimo", trattandosi di situazione "incomparabile con quella del giudizio ordinario, che si svolge dopo che vi sono state numerose occasioni di contatto con il giudice e di conoscenza degli atti di causa sin dalla fase delle indagini preliminari";

che, infine, neppure violato é l’art. 24 della Costituzione, in quanto il principio di effettività della difesa in giudizio viene ad essere adeguatamente salvaguardato "proprio perchè si conservano i diritti e le facoltà propri dell’assistenza difensiva in capo all’unico soggetto chiamato ad esercitarli: il difensore che l’imputato o l’ufficio hanno originariamente designato come tale";

che, pertanto, non essendo stati addotti argomenti nuovi o diversi da quelli allora esaminati, la questione deve essere dichiarata manifestamente infondata.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 108 del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24, secondo comma, della Costituzione, dal Pretore di Napoli – Sezione distaccata di Marano, con l’ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 4 maggio 1998.

Presidente: Renato GRANATA

Redattore: Giuliano VASSALLI

Depositata in cancelleria l'8 maggio 1998.