ORDINANZA N. 155
ANNO 1998
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Dott. Renato GRANATA, Presidente
- Prof. Giuliano VASSALLI
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Cesare MIRABELLI
- Prof. Fernando SANTOSUOSSO
- Avv. Massimo VARI
- Dott. Cesare RUPERTO
- Dott. Riccardo CHIEPPA
- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY
- Prof. Valerio ONIDA
- Prof. Carlo MEZZANOTTE
- Avv. Fernanda CONTRI
- Prof. Guido NEPPI MODONA
- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI
- Prof. Annibale MARINI
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 2, comma 1, lettera a), della legge 23 ottobre 1992, n. 421 (Delega al Governo per la razionalizzazione e la revisione delle discipline in materia di sanità, di pubblico impiego, di previdenza e di finanza territoriale), dell'art. 2, commi 2 e 3, e dell'art. 4, comma 1, seconda parte, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 (Razionalizzazione della organizzazione delle amministrazioni pubbliche e revisione della disciplina in materia di pubblico impiego, a norma dell'articolo 2 della legge 23 ottobre 1992, n. 421), e degli artt. 45, commi 2, 7 e 9, e 49, comma 2, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, promosso con ordinanza emessa il 9 dicembre 1996 dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio sul ricorso proposto da Apollaro Carmelina contro il Ministero della pubblica istruzione ed altri, iscritta al n. 717 del registro ordinanze 1997 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 43, prima serie speciale, dell'anno 1997.
Visti l'atto di costituzione di Apollaro Carmelina nonchè l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 7 aprile 1998 il Giudice relatore Cesare Ruperto.
Ritenuto che nel corso di un giudizio per l'annullamento del contratto collettivo nazionale di lavoro del comparto del personale della scuola, là dove non prevede la possibilità di sottrarsi alla vincolatività del contratto stesso, il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, con ordinanza emessa il 9 dicembre 1996 (pervenuta alla Corte il 25 settembre 1997), ha sollevato questioni di legittimità costituzionale: a) dell'art. 2, comma 1, lettera a), della legge 23 ottobre 1992, n. 421, dell'art. 2, commi 2 e 3, e dell'art. 4, comma 1, seconda parte, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, in riferimento all'art. 97 della Costituzione; b) dell'art. 45, commi 2, 7 e 9, e dell'art. 49, comma 2, del decreto legislativo n. 29 del 1993, in riferimento all'art. 39 della Costituzione;
che le norme sub a) sono sospettate d'illegittimità costituzionale nella parte in cui, secondo quanto a suo tempo rilevato dall'Adunanza generale del Consiglio di Stato, malgrado la diversità di struttura e funzioni tra impiego pubblico e lavoro privato, dispongono la c.d. "privatizzazione" del primo;
che tale operazione legislativa é ritenuta lesiva del principio di buon andamento della pubblica amministrazione, anche là dove la prestazione dell'impiegato non comporti l'esercizio di pubbliche funzioni, poichè é la stessa pubblica amministrazione ad operare per il conseguimento di interessi che trascendono la soggettività delle persone fisiche che ne hanno pro-tempore la rappresentanza e a disporre di poteri organizzativi ed autoritativi rispetto ai quali sarebbe incompatibile un modello di rapporto ispirato alle regole del mercato;
che, a parere del giudice a quo, le norme impugnate sub b) prevedono una efficacia erga omnes dei contratti collettivi, stipulati in assenza delle condizioni indicate dall'art. 39 della Costituzione (registrazione dei sindacati, rappresentanza unitaria in proporzione degl'iscritti, ecc.), in tal modo risultando lesive del precetto costituzionale;
che é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato, che ha concluso per l'infondatezza delle questioni richiamandosi alla sentenza n. 309 del 1997 di questa Corte ed alle argomentazioni allora svolte per contrastare identiche prospettazioni del TAR del Lazio;
che nel giudizio dinanzi a questa Corte si é costituita la parte privata, concludendo per la declaratoria d'illegittimità costituzionale ed osservando, in una successiva memoria depositata nell'imminenza della camera di consiglio, come il dissenso del lavoratore rispetto alla clausola recettiva della disciplina collettiva sia una manifestazione della sua libertà sindacale.
Considerato che questa Corte ha già dichiarato non fondate le medesime questioni, sollevate dallo stesso TAR del Lazio, ribadendo quanto già affermato nella sentenza n. 313 del 1996 circa il nuovo modello di statuto del pubblico impiego, quale scaturisce dalle linee della riforma, vòlta a privilegiare il valore dell'efficienza della pubblica amministrazione, contenuto nel precetto di cui all'art. 97 della Costituzione (cfr. sentenza n. 309 del 1997);
che é stata parimenti esclusa la violazione dell'art. 39 Cost., là dove questa Corte nella decisione da ultimo citata ha osservato come il meccanismo che impone alle amministrazioni di osservare gli impegni assunti con il contratto collettivo nazionale di lavoro rappresenti il momento conclusivo della procedura di contrattazione e sia finalizzato a garantire la parità di trattamento;
che il giudice a quo (il quale non ha avuto modo di conoscere la succitata sentenza) non propone argomenti nuovi rispetto a quelli a suo tempo esaminati;
che, pertanto, le questioni vanno dichiarate manifestamente infondate.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale: a) dell'art. 2, comma 1, lettera a), della legge 23 ottobre 1992, n. 421 (Delega al Governo per la razionalizzazione e la revisione delle discipline in materia di sanità, di pubblico impiego, di previdenza e di finanza territoriale), dell'art. 2, commi 2 e 3, e dell'art. 4, comma 1, seconda parte, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 (Razionalizzazione dell'organizzazione delle amministrazioni pubbliche e revisione della disciplina in materia di pubblico impiego, a norma dell'articolo 2 della legge 23 ottobre 1992, n. 421); b) dell'art. 45, commi 2, 7 e 9, e dell'art. 49, comma 2, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, sollevate in riferimento, rispettivamente, agli artt. 97 e 39 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio, con l'ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 20 aprile 1998.
Presidente: Renato GRANATA
Redattore: Cesare RUPERTO
Depositata in cancelleria il 23 aprile 1998.