Ordinanza n. 147/98

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ORDINANZA N.147

ANNO 1998

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Dott.   Renato GRANATA, Presidente

- Prof.    Giuliano VASSALLI

- Prof.    Francesco GUIZZI               

- Prof.    Cesare MIRABELLI            

- Prof. Fernando SANTOSUOSSO               

- Avv.    Massimo VARI                     

- Dott.   Cesare RUPERTO                

- Dott.   Riccardo CHIEPPA             

- Prof.    Gustavo ZAGREBELSKY              

- Prof.    Valerio ONIDA                    

- Avv.    Fernanda CONTRI               

- Prof.    Guido NEPPI MODONA                

- Prof.    Piero Alberto CAPOTOSTI             

- Prof.    Annibale MARINI               

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 22, comma 36, della legge 23 dicembre 1994, n. 724 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica), promosso con ordinanza emessa il 14 maggio 1997 dal Pretore di Rovigo sui ricorsi riuniti proposti da Pavani Iros contro la Pozzati Verniciature s.r.l. iscritta al n. 460 del registro ordinanze 1997 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 30, prima serie speciale, dell’anno 1997.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 25 febbraio 1998 il Giudice relatore Annibale Marini.

Ritenuto che nel corso di un giudizio avente ad oggetto il pagamento della retribuzione e il trattamento di fine rapporto, il Pretore di Rovigo, in funzione di giudice del lavoro, con ordinanza del 14 maggio 1997 ha sollevato - in riferimento agli artt. 3 e 36 della Costituzione - questione di legittimità costituzionale dell’art. 22, comma 36, della legge 23 dicembre 1994, n. 724 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica);

che, ad avviso del giudice a quo, la norma censurata avrebbe introdotto " per gli emolumenti di natura retributiva ... spettanti ai dipendenti privati" la regola della non cumulabilità degli interessi legali con la rivalutazione monetaria e avrebbe, pertanto, tacitamente abrogato l’art. 429, terzo comma, del codice di procedura civile;

che la disposizione denunciata comporterebbe una disparità di trattamento tra i lavoratori subordinati e gli altri lavoratori compresi nell’elenco di cui all’art. 409, numeri 2 e 3, del cod. proc. civ. ai quali si continuerebbe ad applicare, diversamente dai primi, la opposta regola della cumulabilità di interessi legali e rivalutazione monetaria;

che sarebbe altresì violato l’art. 3 della Costituzione, anche sotto il profilo del principio di ragionevolezza, in quanto si discriminerebbero i crediti di natura retributiva, esclusi dal cumulo di interessi e rivalutazione, rispetto ai crediti di natura non retributiva quali, ad esempio, rimborsi spese, indennità, premi, per i quali il cumulo continuerebbe ad operare;

che la disposizione censurata violerebbe, infine, l’art. 36 della Costituzione, in quanto il cumulo di interessi e rivalutazione risponderebbe a precise finalità protettive del lavoratore e della sua famiglia compensando il lavoratore del danno derivante dal ritardo nel pagamento della retribuzione e dal diminuito potere di acquisto della moneta;

che nel giudizio é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri chiedendo che la questione venga dichiarata manifestamente infondata.

Considerato che la questione di costituzionalità risulta sollevata muovendo dalla asserita applicabilità della norma censurata al rapporto di lavoro privato e cioé da una premessa interpretativa tutt’altro che pacifica in dottrina ed in giurisprudenza;

che per giurisprudenza di questa Corte, in linea di principio, le leggi non si dichiarano costituzionalmente illegittime perchè é possibile darne interpretazioni incostituzionali (e qualche giudice ritenga di darne), ma perchè é impossibile darne interpretazioni costituzionali (sentenza n. 356 del 1996);

che il giudice a quo, in assenza di un diritto c.d. vivente, avrebbe dovuto necessariamente porsi il problema della possibilità di una lettura conforme a Costituzione alternativa a quella accolta nell’ordinanza di rimessione, e solo successivamente, nella constatata impossibilità di pervenire a siffatta diversa lettura, avrebbe potuto sollevare la questione di costituzionalità (sentenza n. 307 del 1996);

che il giudice a quo non solo non prospetta possibili letture alternative della disposizione denunciata, ma si astiene anche dal motivare in ordine alla scelta interpretativa operata;

che, pertanto, la questione va dichiarata manifestamente inammissibile.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 22, comma 36, della legge 23 dicembre 1994, n. 724 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 36 della Costituzione, dal Pretore di Rovigo con l’ordinanza di cui in epigrafe.

Cosí deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 20 aprile 1998.

Presidente: Renato GRANATA

Redattore: Annibale MARINI

Depositata in cancelleria il 23 aprile 1998.