ORDINANZA N.121
ANNO 1998
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Dott. Renato GRANATA, Presidente
- Prof. Giuliano VASSALLI
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Cesare MIRABELLI
- Prof. Fernando SANTOSUOSSO
- Avv. Massimo VARI
- Dott. Cesare RUPERTO
- Dott. Riccardo CHIEPPA
- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY
- Prof. Valerio ONIDA
- Avv. Fernanda CONTRI
- Prof. Guido NEPPI MODONA
- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI
- Prof. Annibale MARINI
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 25, comma 2, del decreto legislativo 19 dicembre 1994, n. 758 (Modificazioni alla disciplina sanzionatoria in materia di lavoro), in relazione all’art. 1, comma 1, lettera b), n. 1, della legge 6 dicembre 1993, n. 499 (Delega al Governo per la riforma dell’apparato sanzionatorio in materia di lavoro), promossi con n. 2 ordinanze emesse l’11 novembre 1996 dal Vice Pretore di Grosseto nei procedimenti penali a carico di C.L. ed altro e di B.R., iscritti ai nn. 575 e 576 del registro ordinanze 1997 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 38, prima serie speciale, dell’anno 1997.
Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 25 febbraio 1998 il Giudice relatore Guido Neppi Modona.
Ritenuto che con due distinte ordinanze, in pari data e di identico contenuto, il vice Pretore di Grosseto ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 25, comma 2, del decreto legislativo 19 dicembre 1994, n. 758 (Modificazioni alla disciplina sanzionatoria in materia di lavoro), in riferimento agli artt. 3 e 76 della Costituzione, ove si stabilisce che le norme del capo II, relativo all’estinzione delle contravvenzioni in materia di sicurezza e di igiene del lavoro, "non si applicano ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto";
che ad avviso del rimettente la disciplina transitoria contrasterebbe:
- con l’art. 3 Cost., perchè discriminerebbe ingiustamente il trattamento sanzionatorio di coloro che hanno posto in essere la medesima condotta criminosa in tempi diversi, "in contrasto con il principio del favor rei nella successione di leggi penali nel tempo", disciplinato dall’art. 2, comma terzo, cod. pen.;
- con l’art. 76 Cost., in quanto l’art. 1, lettera b), della legge delega 6 dicembre 1993, n. 499, nel dettare, in materia di tutela della sicurezza e dell’igiene del lavoro, il principio direttivo che prevede quale causa di estinzione del reato l’adempimento alle prescrizioni obbligatoriamente impartite dagli organi di vigilanza allo scopo di eliminare la violazione accertata, non ha disposto alcuna deroga ai "principi guida" del codice penale in tema di successione delle leggi penali nel tempo;
che é intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, che ha chiesto in via principale l’inammissibilità della questione per difetto di motivazione in ordine alla rilevanza, non risultando, tra l’altro, se gli imputati hanno effettivamente adempiuto alla prescrizione impartita dall’organo di vigilanza;
che l’Avvocatura ha comunque sostenuto l’infondatezza della questione, in quanto la causa di estinzione regolata dal capo secondo del decreto legislativo in esame é strutturata in modo tale da operare solo nella fase del procedimento, prima che, attraverso l’esercizio dell’azione penale, si sia aperta la fase del processo.
Considerato che, in relazione all’identico tenore delle due ordinanze, deve disporsi la riunione dei relativi giudizi;
che l’eccezione di inammissibilità per difetto di motivazione sulla rilevanza sollevata dall’Avvocatura generale dello Stato non può essere accolta, posto che nel dispositivo delle due ordinanze il giudice rimettente ha dato atto che la diffida ad adempiere risulta essere stata ottemperata;
che l’ordinanza é peraltro carente di motivazione in ordine al diverso profilo della omessa individuazione della fase in cui si trovava il procedimento nel momento di entrata in vigore del decreto legislativo in esame: se nella fase delle indagini preliminari, in cui avrebbe potuto trovare applicazione la nuova disciplina relativa all’estinzione del reato, preclusa dalla norma transitoria di cui viene denunciata l’illegittimità costituzionale, ovvero quando l’azione penale era già stata esercitata, e quindi in un momento in cui la nuova disciplina non avrebbe comunque più potuto trovare applicazione;
che, al riguardo, é assolutamente pacifico che la nuova disciplina dell’estinzione del reato, contenuta nel capo II del decreto legislativo n. 758 del 1994, é costruita in guisa tale da operare solo all’interno della fase delle indagini preliminari, ed é finalizzata - in caso di adempimento alla prescrizione impartita dall’organo di vigilanza e di pagamento in via amministrativa di una somma pari al quarto del massimo dell’ammenda stabilita per la contravvenzione commessa - alla richiesta di archiviazione per estinzione del reato da parte del pubblico ministero (artt. 21-24) e, quindi, ad evitare l’esercizio dell’azione penale;
che pertanto la questione va dichiarata manifestamente inammissibile.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1987, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 25, comma 2, del decreto legislativo 19 dicembre 1994, n. 758 (Modificazioni alla disciplina sanzionatoria in materia di lavoro), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 76 della Costituzione, dal vice Pretore di Grosseto, con l’ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 aprile 1998.
Presidente: Renato GRANATA
Redattore: Guido NEPPI MODONA
Depositata in cancelleria il 16 aprile 1998.