Ordinanza n.60/98

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ORDINANZA N.60

ANNO 1998

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Dott. Renato GRANATA, Presidente

- Prof. Giuliano VASSALLI

- Prof. Francesco GUIZZI

- Prof. Cesare MIRABELLI

- Prof. Fernando SANTOSUOSSO

- Avv. Massimo VARI

- Dott. Cesare RUPERTO

- Dott. Riccardo CHIEPPA

- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY

- Prof. Valerio ONIDA

- Prof. Carlo MEZZANOTTE

- Avv. Fernanda CONTRI

- Prof. Guido NEPPI MODONA

- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI

- Prof. Annibale MARINI

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 15, comma 5, della legge 10 dicembre 1993, n. 515 (Disciplina delle campagne elettorali per l’elezione alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica), promossi con due ordinanze emesse il 13 e il 14 gennaio 1997 dal Pretore di Firenze sui ricorsi proposti da Cossutta Armando e da Nesi Lucia contro il Collegio regionale di garanzia elettorale presso la Corte d’Appello di Firenze, iscritte ai nn. 405 e 406 del registro ordinanze 1997 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 28, prima serie speciale, dell’anno 1997.

  Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

  udito nella camera di consiglio del 28 gennaio 1998 il Giudice relatore Francesco Guizzi.

  Ritenuto che nel corso di una causa civile di opposizione avverso il provvedimento con cui, in data 27 giugno 1995, il Collegio regionale di garanzia elettorale presso la Corte d’appello di Firenze applicava a Cossutta Armando la sanzione pecuniaria amministrativa di lire cinquanta milioni per l’omesso deposito della dichiarazione e del rendiconto di cui all’art. 7, numero 6, della legge 10 dicembre 1993, n. 515 (Disciplina delle campagne elettorali per l’elezione alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica), il Pretore di Firenze ha sollevato, in riferimento all’art. 3, primo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 15, comma 5, della citata legge n. 515 del 1993;

  che la sanzione applicata dal Collegio é quella minima prevista, mentre il massimo é di lire duecento milioni;

  che il ricorrente aveva affermato di aver sottoscritto la candidatura per le elezioni politiche del 27 marzo 1994 in un collegio uninominale e in più circoscrizioni e di aver depositato il 24 maggio 1994, presso il Collegio regionale di garanzia elettorale della Corte d’appello di Milano, il rendiconto delle spese sostenute per la campagna elettorale, ricevendo, in data 22 ottobre 1994, la diffida del Collegio regionale toscano a effettuare il deposito della dichiarazione e del rendiconto entro il termine di quindici giorni;

  che nel rilevare come detto collegio non avrebbe correttamente interpretato gli artt. 7, comma 6, e 15, comma 8, della legge n. 515 del 1993, giungendo all’erronea conclusione che il candidato avrebbe dovuto depositare la dichiarazione e il rendiconto presso tutti i collegi regionali corrispondenti alle circoscrizioni e al collegio uninominale in cui si era presentato, il ricorrente aveva chiesto, pertanto, l’annullamento dell’ordinanza di ingiunzione;

  che, pur non avendo espressamente proposto domanda di riduzione della sanzione, ai sensi dell’art. 23, comma 11, della legge n. 689 del 1981, in quanto inflitta nella misura minima, il ricorrente - secondo il giudice a quo - avrebbe interesse a ottenere la declaratoria di illegittimità costituzionale dell’art. 15, comma 5, della citata legge n. 515, nella parte in cui prevede - quale minimo sanzionatorio - la somma di lire cinquanta milioni, poichè egli potrebbe beneficiare della riduzione della sanzione qualora venisse rigettato il motivo di opposizione attinente alla pretesa insussistenza dell’illecito;

  che il Pretore di Firenze ha pertanto sollevato, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 15, comma 5, della legge n. 515 del 1993, nella parte in cui stabilisce in lire cinquanta milioni il minimo della sanzione;

  che la disposizione sarebbe censurabile perchè prevede una sanzione sproporzionata rispetto a casi, come quello in esame, di lieve entità;

  che, pur non ignorando la giurisprudenza di questa Corte orientata a far rientrare nella sfera riservata alla discrezionalità del legislatore la materia, il giudice a quo ritiene che, nel caso di specie, si sia superato il limite della ragionevolezza e a tal proposito invoca la sentenza n. 50 del 1980, ove si afferma la necessità di proporzionare la pena alle responsabilità;

  che, nel corso di altra causa civile di opposizione avverso il provvedimento con cui, in data 27 giugno 1995, il Collegio regionale di garanzia elettorale presso la Corte d’appello di Firenze ha applicato la sanzione pecuniaria amministrativa di lire cinquanta milioni nei confronti di Nesi Lucia, il Pretore di Firenze ha promosso identico giudizio di legittimità costituzionale;

  che la ricorrente ha dichiarato di essersi candidata alle medesime elezioni del 1994 nella circoscrizione della Regione Toscana, quota proporzionale per la Camera dei deputati, nella lista dei Verdi, all’unico scopo di consentire il completamento della lista elettorale, ov’era collocata in posizione tale (all’ultimo posto) da non risultare eletta;

  che non avrebbe svolto attività di sorta, nè avrebbe sostenuto alcuna spesa, essendosi avvalsa dei mezzi di propaganda del gruppo politico di appartenenza;

  che, per questa ragione, non sarebbe destinataria dell’obbligo della dichiarazione;

  che ha pertanto eccepito, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, l’illegittimità costituzionale degli artt. 7, comma 7, e 15, comma 5, della legge n. 515 del 1993, in quanto sarebbero state assoggettate a identico trattamento sanzionatorio posizioni fra loro del tutto diverse: quella dei non eletti (con e senza attività di propaganda) e quella degli eletti, con e senza spese elettorali;

  che, secondo il giudice a quo, la legge - indipendentemente dalla menzionata diversità di situazione - fa carico a tutti i candidati di depositare la dichiarazione e il rendiconto previsti dalla legge n. 515, affinchè gli elettori possano verificarne la regolarità;

  che, peraltro, l’uniforme trattamento delle situazioni enunciate nel ricorso indurrebbe a dubitare della legittimità costituzionale della normativa in esame, stante la necessità di diversificare il trattamento punitivo;

  che il Pretore di Firenze ha quindi promosso, in termini pressochè identici, un secondo giudizio di legittimità costituzionale;

  che in entrambi i giudizi é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura dello Stato, che ha avanzato la richiesta di restituzione degli atti al rimettente per il riesame della rilevanza (alla luce del ius superveniens) e ha concluso, comunque, per l’infondatezza della questione;

  che la legge 31 dicembre 1996, n. 672 (Disposizioni in materia di documentazione delle spese elettorali), nel modificare alcune disposizioni contenute nella legge n. 515 del 1993, lasciando immutato il regime sanzionatorio di cui all’art. 15, comma 5, avrebbe previsto la possibilità di una sanatoria per gli autori degli illeciti in precedenza indicati;

  che nell’art. 2 della legge 31 dicembre 1996, n. 672, si sarebbe stabilita la possibilità di depositare la dichiarazione mancante entro quarantacinque giorni dalla diffida ad adempiere da parte del Collegio di garanzia elettorale competente, con la conseguenza che, ove l’interessato vi abbia ottemperato, "sono revocate le sanzioni amministrative già irrogate";

  che, ignorandosi nel caso concreto se l’interessato si sia giovato di siffatta possibilità, la Corte dovrebbe rimettere gli atti al giudice a quo per un nuovo esame sulla rilevanza;

  che tuttavia la questione sarebbe infondata nel merito, perchè la determinazione dei limiti minimi e massimi per le sanzioni amministrative rientra nella discrezionalità del legislatore, il quale ne avrebbe fatto un uso non irragionevole in relazione agli interessi pubblici coinvolti, segnatamente la trasparenza e la correttezza delle campagne elettorali, tali da giustificare l’entità delle sanzioni.

  Considerato che viene all’esame della Corte la questione di legittimità costituzionale dell’art. 15, comma 5, della legge 10 dicembre 1993, n. 515, nella parte in cui prevede in lire cinquanta milioni il minimo della sanzione amministrativa, perchè non consentirebbe di irrogare una sanzione ragionevole per ipotesi di lieve entità, con ciò violando l’art. 3 della Costituzione;

  che le due questioni, prospettate in modo identico, vanno congiuntamente trattate;

  che ai sensi dell’art. 2 della legge 31 dicembre 1996, n. 672, i candidati non eletti sono diffidati dal Collegio di garanzia regionale a depositare, entro 45 giorni, la omessa dichiarazione delle spese sostenute nelle elezioni politiche del 1994 e del 1996, con la previsione della revoca, in caso di ottemperanza, delle sanzioni amministrative pecuniarie irrogate;

  che le ordinanze di rimessione sono state pronunciate in data 13 e 14 gennaio 1997, mentre la legge n. 672 é entrata in vigore il 4 gennaio 1997;

  che, nella specie, per la candidata Nesi Lucia, non eletta, sembrerebbero ricorrere le condizioni previste dall’art. 2 della citata legge n. 672, in ordine alla sanatoria;

  che per il candidato Cossutta Armando - presentatosi in tre circoscrizioni e in un collegio uninominale - non sono precisate le modalità della sua elezione e se abbia optato per una delle circoscrizioni della Toscana, per cui occorre verificare l’applicabilità della sanatoria contemplata dall’art. 2 della legge n. 672 anche in questa situazione;

  che nel valutare il requisito della rilevanza della questione rispetto alla regiudicanda, il rimettente non ha tenuto conto della legge sopravvenuta (anteriore ai suoi provvedimenti);

  che la questione é pertanto manifestamente inammissibile per la carente ponderazione testè rilevata.

  Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

  riuniti i giudizi,

  dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 15, comma 5, della legge 10 dicembre 1993, n. 515 (Disciplina delle campagne elettorali per l’elezione alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica), sollevata, in riferimento all’art. 3, primo comma, della Costituzione, dal Pretore di Firenze, con le ordinanze in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 marzo 1998.

Presidente: Renato GRANATA

Redattore: Francesco GUIZZI

Depositata in cancelleria il 12 marzo 1998.