Sentenza n. 464/97

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SENTENZA N.464

ANNO 1997

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Dott.   Renato GRANATA, Presidente

- Prof.    Giuliano VASSALLI

- Prof.    Francesco GUIZZI   

- Prof.    Cesare MIRABELLI

- Prof.    Fernando SANTOSUOSSO 

- Avv.    Massimo VARI         

- Dott.   Cesare RUPERTO    

- Dott.   Riccardo CHIEPPA  

- Prof.    Gustavo ZAGREBELSKY  

- Prof.    Valerio ONIDA        

- Prof.    Carlo MEZZANOTTE         

- Avv.    Fernanda CONTRI   

- Prof.    Guido NEPPI MODONA    

- Prof.    Piero Alberto CAPOTOSTI 

- Prof.    Annibale MARINI    

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 3, lett. b, della legge 21 novembre 1967, n. 1185 (Norme sui passaporti) promosso con ordinanza emessa l'11 dicembre 1996 dal Giudice tutelare di Bari, iscritta al n. 107 del registro ordinanze 1997 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 12, prima serie speciale, dell'anno 1997.

Udito nella camera di consiglio del 29 ottobre 1997 il Giudice relatore Valerio Onida.

Ritenuto in fatto

Il Pretore di Bari in funzione di giudice tutelare, chiamato a provvedere sulla richiesta di autorizzazione per il rinnovo del passaporto avanzata dalla madre naturale di una minore, la quale allegava all'istanza il consenso del proprio convivente, padre della minore, e documentazione comprovante la convivenza fra i due genitori, ha sollevato d'ufficio questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3, 30, nonché all'art. 16 della Costituzione, dell'art. 3, lettera b, della legge 21 novembre 1967, n. 1185 (Norme sui passaporti), nella parte in cui richiede l'autorizzazione del giudice tutelare ai fini del rilascio del passaporto al genitore naturale di un minore anche quando vi sia l'assenso dell'altro genitore naturale convivente con il primo, e dimorante nel territorio nazionale.

La disposizione impugnata, per il rilascio del passaporto ai genitori aventi prole minore, richiede l'autorizzazione del giudice tutelare, ma ne esclude la necessità "quando il richiedente abbia l'assenso dell'altro genitore legittimo da cui non sia legalmente separato e che dimori nel territorio della Repubblica".

Il remittente premette che non è possibile interpretare la norma censurata se non nel senso che il genitore naturale, ancorché abbia l'assenso dell'altro genitore convivente, non possa ottenere il passaporto senza l'autorizzazione del giudice tutelare. Afferma poi la rilevanza della questione sulla base della considerazione che, in caso di accoglimento, l'instante potrebbe ottenere il passaporto in virtù dei presupposti documentati (assenso dell'altro genitore convivente), senza bisogno dell'autorizzazione tutelare, onde il giudice non dovrebbe provvedere sul merito dell'istanza.

In punto di non manifesta infondatezza, il giudice a quo sostiene anzitutto che la norma denunciata viola il principio di eguaglianza determinando una disparità di trattamento fra genitori legittimi e genitori naturali che si trovano nella medesima situazione (convivenza e assenso dell'altro genitore).

Il Pretore di Bari muove dalla premessa secondo cui la ratio dell'autorizzazione tutelare per il rilascio del passaporto starebbe nell'intento di evitare che il genitore, espatriando, si sottragga ai propri obblighi verso i figli minori; il controllo del giudice si sostanzierebbe in un giudizio di affidabilità del genitore in ordine all'adempimento dei suoi obblighi verso i figli. Ora, sarebbe illogico imporre il controllo del giudice in relazione al solo elemento differenziale dell'esistenza o meno del vincolo matrimoniale fra i genitori, elemento non significativo rispetto alla finalità perseguita dal legislatore, poiché non sarebbe plausibile ritenere il genitore naturale meno affidabile verso la prole rispetto al genitore legittimo. Invero, secondo il remittente, l'esenzione dall'intervento tutelare nel caso di assenso dell'altro genitore legittimo troverebbe ragione nella funzione di controllo che questi è in grado di svolgere, non già in forza del vincolo matrimoniale, bensì in quanto convivente con il genitore richiedente e con il figlio, e cioè "calato in una realtà familiare che gli consente la verifica diretta, immediata e costante della qualità del rapporto genitoriale", e quindi dell'affidabilità ai fini dell'osservanza degli obblighi conseguenti: e tali circostanze sussistono anche nel caso di genitore naturale convivente e assenziente. Per converso, il genitore legittimo separato o divorziato non è in grado di esercitare tale controllo, e si spiega dunque che in questo caso la legge richieda l'autorizzazione del giudice tutelare: ma il genitore naturale convivente viene dalla legge illogicamente equiparato al genitore legittimo separato o divorziato, anziché al genitore legittimo convivente, ancorché, rispetto all'idoneità a svolgere la citata funzione di controllo, assegnata all'altro genitore in funzione della convivenza, non sussistano elementi che giustifichino lo sfavore per il medesimo genitore naturale.

La norma denunciata violerebbe altresì, secondo il giudice a quo, l'art. 3 della Costituzione sotto il profilo della ragionevolezza. Egli osserva che lo status del minore figlio legittimo e quello del minore figlio naturale sono parificati dalla legge, stante l'espressa tutela costituzionale apprestata dall'art. 30, primo e terzo comma, della Costituzione. Il genitore naturale assume nei confronti del figlio, a seguito del riconoscimento o della dichiarazione giudiziale di paternità o maternità naturale, gli stessi diritti e doveri del genitore legittimo; i genitori naturali, se conviventi, esercitano congiuntamente la potestà genitoriale nei confronti del minore, allo stesso modo dei genitori legittimi.

Il rilascio del passaporto ad un genitore - prosegue il remittente -, in quanto può incidere sugli interessi del figlio, assume i connotati di una di quelle "questioni di particolare importanza" la cui soluzione è rimessa dal codice civile, sia con riguardo ai genitori legittimi, sia con riguardo ai genitori naturali conviventi (in forza del richiamo dell'art. 317-bis, secondo comma, all'art. 316 cod. civ.), alla concorde determinazione dei genitori e, solo in caso di contrasto fra di loro, al tribunale per i minorenni. Onde ragionevolmente la legge, ai fini del rilascio del passaporto, esonera dall'obbligo dell'autorizzazione tutelare il genitore legittimo che abbia il consenso dell'altro genitore convivente e dimorante nel territorio nazionale; mentre irragionevolmente assoggetterebbe a detto obbligo il genitore naturale, pur in presenza del consenso dell'altro genitore convivente e dimorante nel territorio nazionale, disconoscendo così il contenuto e gli effetti dell'esercizio concorde della potestà dei genitori naturali. A fronte di un complesso di diritti e doveri verso i figli minori eguale per contenuto, estensione e modalità di esercizio, e di eguali garanzie civili e penali in rapporto all'adempimento degli obblighi, l'elemento differenziatore costituito dall'essere i genitori legittimi o naturali non potrebbe costituire presupposto logico obiettivo tale da giustificare questo diverso trattamento normativo.

Verrebbero così ingiustificatamente e irragionevolmente discriminati, secondo il remittente, sia il genitore naturale che intende ottenere il passaporto, ed è costretto a ricorrere al giudice tutelare, nonostante si trovi nella stessa situazione oggettiva nella quale il genitore legittimo è esonerato da tale obbligo; sia l'altro genitore naturale convivente, il cui assenso, circa una questione di particolare importanza involgente l'esercizio della potestà genitoriale, non vale ad escludere l'ingerenza del giudice tutelare; sia infine il minore figlio naturale, il quale, pur godendo delle stesse garanzie legislative verso il genitore di cui gode il figlio legittimo, avrebbe bisogno di una maggiore protezione ovvero del controllo del giudice in quanto collocato in una posizione svantaggiata a causa della presunta minore affidabilità del proprio genitore convivente.

Il giudice a quo sottolinea come ai fini della questione in esame non rilevi la problematica della "famiglia di fatto" e della minor protezione di essa rispetto alla famiglia legittima, poiché ciò di cui si discute è solo il trattamento riservato a situazioni specifiche come lo status di figlio naturale, il rapporto di paternità o maternità naturale, la potestà genitoriale nei confronti del figlio naturale, che presentano peculiarità proprie per quanto attiene all'autonoma disciplina dei singoli rapporti intersoggettivi facenti capo ad esse: con la filiazione naturale divengono oggetto di diretta regolazione giuridica le relazioni fra l'uomo e la donna non legati da vincolo matrimoniale, e fra ciascuno di essi e la prole, fondanti, in caso di convivenza, "un nucleo familiare indubbiamente caratterizzato da una comunione di vita e di interessi", a cui non si può non riconoscere, quanto meno nelle "separate articolazioni del rapporto plurilaterale", protezione costituzionale.

L'autorità remittente denuncia infine il contrasto della norma con l'art. 16, secondo comma, della Costituzione, che stabilisce il diritto del cittadino di espatriare, salvi gli obblighi di legge: non contestandosi la legittimità di limitazioni al diritto di espatrio, il canone della ragionevolezza imporrebbe però che esse siano volte a garantire interessi di rango parimenti costituzionale, e che non risultino ultronee rispetto alle esigenze di tale garanzia. Ora, poiché il minore figlio naturale vanta nei confronti del proprio genitore un complesso di situazioni giuridiche di vantaggio, che l'altro genitore convivente giudica non minacciate, essendo in grado di esercitare la funzione di controllo sull'affidabilità del primo, la ulteriore limitazione imposta dalla norma denunciata non sarebbe giustificata.

Considerato in diritto

1.- La questione sollevata investe l'art. 3, lettera b, della legge 21 novembre 1967, n. 1185 (Norme sui passaporti), nella parte in cui richiede l'autorizzazione del giudice tutelare ai fini del rilascio del passaporto al genitore naturale di un minore pur quando vi sia l'assenso dell'altro genitore naturale, convivente con il primo e dimorante nel territorio nazionale.

La norma è censurata in riferimento all'art. 3 della Costituzione, in quanto recherebbe una disciplina ingiustificatamente e irragionevolmente differenziata della predetta fattispecie rispetto a quella del genitore legittimo, per il quale l'autorizzazione tutelare non è richiesta allorquando vi sia l'assenso dell'altro genitore legittimo, non legalmente separato e dimorante nel territorio nazionale; allo stesso art. 3 e all'art. 30 della Costituzione, in quanto, nonostante la parità di diritti e di doveri del genitore naturale e del genitore legittimo verso i figli, disconoscerebbe irragionevolmente, nel caso del genitore naturale, il contenuto e gli effetti dell'esercizio concorde della potestà dei genitori, che si esprimerebbe nell'assenso dell'altro genitore convivente (e quindi esercente congiuntamente la potestà, ai sensi dell'art. 317-bis del codice civile) al rilascio del passaporto; all'art. 16, secondo comma, della Costituzione, in quanto introdurrebbe un limite alla libertà di espatrio non giustificato dalle esigenze di tutela del figlio minore, attesa l'idoneità dell'altro genitore convivente a controllare l'affidabilità del richiedente in ordine all'assolvimento dei suoi doveri verso il figlio.

2.- La questione è fondata.

E' ben vero che la regola generale cui si ispira la legge n. 1185 del 1967, in tema di rilascio del passaporto al genitore di prole minore, è quella della necessaria autorizzazione del giudice tutelare, a garanzia dell'assolvimento, da parte del genitore, dei suoi obblighi verso i figli. Tuttavia il legislatore ha derogato a tale regola in presenza dell'assenso dell'altro genitore legittimo, non separato e dunque convivente con il richiedente, sull'evidente presupposto che l'assenso dell'altro genitore escluda un consistente rischio che il richiedente si sottragga all'adempimento dei suoi doveri nei confronti del figlio, e che dunque risulti ingiustificato l'intervento autorizzativo del giudice tutelare: il quale, peraltro, ben difficilmente potrebbe negare l'autorizzazione in contrasto con l'assenso dell'altro genitore, senza sovrapporre indebitamente, in assenza di una ragione giustificatrice evidente, la propria valutazione a quella concorde dei genitori. Il legislatore ha evidentemente ritenuto che, in questa situazione, richiedere egualmente l'autorizzazione tutelare significherebbe imporre una limitazione ingiustificata, perché eccessiva, all'esercizio di quello che è pur sempre un diritto di libertà costituzionalmente garantito, e cioè della libertà di espatrio.

La norma denunciata risale ad un'epoca - anteriore alla profonda riforma del diritto di famiglia realizzata con la legge 19 maggio 1975, n. 151 - in cui la potestà genitoriale, anche nei confronti del figlio naturale riconosciuto da entrambi i genitori, era esercitata in via normale dal solo padre (cfr. art. 260, secondo comma, cod. civ., nel testo abrogato dalla legge n. 151 del 1975), e in cui, soprattutto, la legge non attribuiva alcuna rilevanza, a tal proposito, alla convivenza dei due genitori naturali fra loro e col figlio medesimo. Si comprende dunque che il legislatore del 1967, nel compiere le scelte che si sono dette, abbia limitato l'esclusione dell'autorizzazione tutelare al caso in cui vi sia l'assenso dell'altro genitore legittimo, non separato e dimorante nel territorio della Repubblica, e non abbia invece contemplato una previsione analoga nel caso di genitori naturali, nei cui confronti non si verificava alcuna situazione pienamente confrontabile.

Ma a seguito della riforma il genitore naturale - il quale è titolare dei medesimi diritti e doveri verso la prole, che spettano al genitore legittimo (art. 261 cod. civ., che già disponeva in senso analogo anche secondo il testo abrogato) - si trova, allorquando conviva con l'altro genitore che a sua volta abbia riconosciuto il figlio, in una situazione sostanzialmente identica a quella del genitore legittimo non separato: quella cioè in cui i due genitori esercitano congiuntamente la potestà nei confronti del figlio, e hanno dunque titolo e possibilità effettiva di valutare i rischi di inadempimento, da parte di ciascuno di essi, dei doveri verso il figlio medesimo (cfr. l'art. 317-bis, in relazione all'art. 316, del codice civile).

Non si giustifica dunque più la differente disciplina dettata dalla norma impugnata nei confronti del genitore naturale, rispetto a quella prevista per il genitore legittimo. Non è infatti la formale esistenza del vincolo matrimoniale che sta alla base della previsione legislativa di cui alla seconda parte dell'art. 3, lettera b, della legge n. 1185 del 1967, bensì la situazione di convivenza dei due genitori, dei quali ciascuno è in grado di valutare l'affidabilità dell'altro in ordine all'osservanza dei doveri verso il figlio: come è reso palese dal fatto che l'autorizzazione tutelare torna ad essere necessaria qualora i genitori legittimi siano legalmente separati.

3.- La disposizione denunciata risulta pertanto in contrasto con gli articoli 3 e 16 della Costituzione, in quanto non si giustifica ragionevolmente il diverso trattamento del genitore naturale rispetto al genitore legittimo, e non si giustifica l'imposizione, a carico del genitore naturale che abbia l'assenso dell'altro genitore naturale convivente con lui e con il figlio, della limitazione alla libertà di espatrio consistente nella necessità di ottenere l'autorizzazione del giudice tutelare al fine del rilascio del passaporto.

Restano assorbiti gli altri profili di illegittimità costituzionale prospettati dal remittente.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 3, lettera b, della legge 21 novembre 1967, n. 1185 (Norme sui passaporti), nella parte in cui non esclude la necessità dell'autorizzazione del giudice tutelare al rilascio del passaporto quando il genitore naturale richiedente abbia l'assenso dell'altro genitore con lui convivente ed esercente congiuntamente la potestà genitoriale, che dimori nel territorio della Repubblica.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 16 dicembre 1997.

Presidente: Renato GRANATA

Redattore: Valerio ONIDA

Depositata in cancelleria il 30 dicembre 1997.