Ordinanza n. 391/97

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ORDINANZA N.391

ANNO 1997

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Dott. Renato GRANATA, Presidente

- Prof. Giuliano VASSALLI

- Prof. Francesco GUIZZI

- Prof. Cesare MIRABELLI

- Prof. Fernando SANTOSUOSSO

- Avv. Massimo VARI

- Dott. Cesare RUPERTO

- Dott. Riccardo CHIEPPA

- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY

- Prof. Valerio ONIDA

- Prof. Carlo MEZZANOTTE

- Avv. Fernanda CONTRI

- Prof. Guido NEPPI MODONA

- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI

- Prof. Annibale MARINI

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 19, quinto comma, del decreto-legge 10 luglio 1982, n. 429 (Norme per la repressione della evasione in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto e per agevolare la definizione delle pendenze in materia tributaria), convertito, con modificazioni nella legge 7 agosto 1982, n. 516, promosso con ordinanza emessa il 18 luglio 1991 dalla Commissione tributaria di primo grado di Sanremo sul ricorso proposto da Baudino Giovanni Francesco contro l’Ufficio imposte dirette di Sanremo, iscritta al n. 1117 del registro ordinanze 1996 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 42, prima serie speciale, dell’anno 1996.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 15 ottobre 1997 il Giudice relatore Massimo Vari.

Ritenuto che, con ordinanza del 18 luglio 1991 (r.o. n. 1117 del 1996), pervenuta alla Corte costituzionale il 12 settembre 1996, la Commissione tributaria di primo grado di Sanremo ha sollevato — nel giudizio proposto da Baudino Giovanni Francesco contro l’Ufficio imposte dirette di Sanremo — questione di legittimità costituzionale dell’art. 19, quinto comma, del decreto-legge 10 luglio 1982, n. 429 (Norme per la repressione della evasione in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto e per agevolare la definizione delle pendenze in materia tributaria), convertito, con modificazioni, nella legge 7 agosto 1982, n. 516;

che, secondo il giudice a quo, la disposizione denunciata si porrebbe in contrasto con l’art. 3 della Costituzione, là dove equipara a fini tributari o quantomeno non differenzia la posizione di chi non aveva presentato la denunzia dei redditi, pur essendovi tenuto, e quella di chi non l’aveva presentata in quanto non vi era tenuto;

che é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato che, nell’evidenziare la mancanza, nell’ordinanza di rimessione, di ogni indicazione circa la controversia pendente innanzi al giudice a quo nonchè di qualsiasi cenno di motivazione sulla rilevanza della questione, ha chiesto che la questione stessa venga dichiarata inammissibile ovvero infondata.

Considerato che l’ordinanza di rimessione non fornisce alcuna indicazione sulla fattispecie all’esame del giudice a quo nè minimamente motiva circa la rilevanza, ai fini del decidere, della proposta questione;

che, pertanto, la questione va dichiarata manifestamente inammissibile.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 19, quinto comma, del decreto-legge 10 luglio 1982, n. 429 (Norme per la repressione della evasione in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto e per agevolare la definizione delle pendenze in materia tributaria), convertito, con modificazioni, nella legge 7 agosto 1982, n. 516, sollevata, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, dalla Commissione tributaria di primo grado di Sanremo con l’ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 27 novembre 1997.

Presidente: Renato GRANATA

Redattore: Massimo VARI

Depositata in cancelleria il 11 dicembre 1997.