Sentenza n. 374/97

 CONSULTA ONLINE 

SENTENZA N.374

ANNO 1997

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Prof.    Giuliano VASSALLI, Presidente

- Prof.    Francesco GUIZZI   

- Prof.    Cesare MIRABELLI

- Prof.    Fernando SANTOSUOSSO 

- Avv.    Massimo VARI

- Dott.   Cesare RUPERTO    

- Dott.   Riccardo CHIEPPA  

- Prof.    Gustavo ZAGREBELSKY  

- Prof.    Valerio ONIDA        

- Prof.    Carlo MEZZANOTTE         

- Avv.    Fernanda CONTRI   

- Prof.    Piero Alberto CAPOTOSTI 

- Prof.    Annibale MARINI    

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 2, secondo comma, e 6, secondo comma, della legge 7 febbraio 1979, n. 29 (Ricongiunzione dei periodi assicurativi dei lavoratori ai fini previdenziali), promosso con ordinanza emessa il 23 aprile 1996, dal Pretore di La Spezia, iscritta al n. 687 del registro ordinanze 1996, e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 29, prima serie speciale, dell’anno 1996.

Visto l’atto di costituzione dell’INPS, nonchè l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 30 settembre 1997 il Giudice relatore Valerio Onida;

udito l’Avvocato dello Stato Giuseppe Fiengo, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1.– Una lavoratrice, già dipendente dell’AIAS (Associazione italiana assistenza spastici), ente morale privato disciolto, e passata alle dipendenze di una Unità Sanitaria Locale, agisce in giudizio davanti al Pretore del lavoro di La Spezia per ottenere che l’INPS – la cui gestione dell’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti dei lavoratori dipendenti era competente in relazione al rapporto di lavoro intercorso con l’AIAS - sia condannato a versare l’ammontare dei contributi di propria pertinenza all’INPDAP, alla cui gestione é attualmente iscritta, per realizzare la ricongiunzione dei periodi assicurativi ai fini previdenziali, ai sensi dell’art. 2 della legge 7 febbraio 1979, n. 29 (Ricongiunzione dei periodi assicurativi dei lavoratori ai fini previdenziali).

L’INPS resiste alla domanda, eccependo che l’AIAS non aveva versato i contributi previdenziali dovuti per i propri dipendenti dal 1° gennaio 1973 fino alla data di scioglimento, e che vano era stato ogni tentativo di recupero degli stessi. Pertanto, secondo l’Istituto convenuto, non può farsi luogo all’accreditamento al nuovo ente previdenziale dei contributi non versati, in quanto il principio di automatismo delle prestazioni previdenziali (previsto dall’art. 27, secondo comma, del r.d.l. 14 aprile 1939, n. 636, come modificato dall’art. 40 della legge 30 aprile 1969, n. 153, e dall’art. 23-ter del d.l. 30 giugno 1972, n. 267, convertito con modificazioni dalla legge 11 agosto 1972, n. 485), secondo cui il requisito di contribuzione stabilito per il diritto alle prestazioni si intende verificato anche quando i contributi non siano effettivamente versati, ma risultino dovuti nei limiti della prescrizione decennale, non troverebbe applicazione in generale, ma solo quando la legislazione speciale vi si adegui, mentre – salvo espresso disposto contrario – presupposto indefettibile per la valutazione della contribuzione previdenziale sarebbe l’effettivo versamento della stessa.

A sua volta l’INPDAP, cui il contraddittorio é stato esteso jussu judicis, sostiene fra l’altro che la normativa sulle prestazioni da esso rese, che dovrebbe trovare applicazione a seguito della ricongiunzione, non prevede il principio dell’automatismo, onde i contributi non versati all’INPS non potrebbero aver rilievo in sede di liquidazione della pensione; e che comunque l’onere della copertura contributiva per il periodo in questione graverebbe sull’INPS, come ente titolare, all’epoca, del rapporto contributivo.

Il Pretore adito aderisce alla tesi interpretativa prospettata dall’INPS, e su questa base, che ritiene atta ad integrare il requisito della rilevanza, solleva questione di legittimità costituzionale, in relazione all’art. 3 della Costituzione, dell’art. 2, secondo comma, e dell’art. 6, secondo comma, della citata legge n. 29 del 1979 – che prevedono l’obbligo per la gestione di provenienza di versare a quella di destinazione i contributi di propria pertinenza, rispettivamente nel caso di ricongiunzione a domanda presso una gestione diversa dall’INPS, e nel caso di ricongiunzione d’ufficio di periodi assicurativi connessi a servizi prestati presso enti pubblici soppressi con trasferimento del personale ad altri enti pubblici – "nella parte in cui non consentono che l’INPS trasferisca anche i contributi non versati, ma dovuti nei limiti della prescrizione decennale".

Secondo il remittente, infatti, pur differenziandosi il trasferimento da una gestione all’altra dei contributi non versati dalla valutazione "fittizia" dei contributi medesimi ai fini della prestazione pensionistica, alle due fattispecie sarebbero sottesi gli stessi elementi costitutivi, vale a dire l’esistenza di un rapporto assicurativo con l’INPS e il diritto di tale ente a riscuotere i contributi dovuti e non prescritti. Se, in presenza di tali presupposti, il legislatore ha consentito la valutazione della contribuzione ai fini delle prestazioni, non si potrebbe ragionevolmente giustificare l’esclusione dell’obbligo per l’INPS di accreditare al nuovo ente detta contribuzione non versata, ai fini della ricongiunzione dei periodi assicurativi, poichè altrimenti si addosserebbe al lavoratore assicurato, per il solo fatto della ricongiunzione, il rischio della mancata copertura assicurativa.

2.– Si é costituito nel giudizio davanti a questa Corte l’INPS, parte nel processo a quo, chiedendo che la questione sia dichiarata infondata. L’istituto rileva in primo luogo che l’eccezione non sarebbe logicamente coerente con le stesse premesse accolte dal giudice a quo nell’ordinanza: infatti, se si ritiene che il principio di automatismo delle prestazioni previdenziali trovi applicazione non in via generale, ma solo in quanto il sistema delle leggi speciali vi si adegui, proprio l’accettazione di questa impostazione condurrebbe ad escludere l’esistenza di una questione di costituzionalità per il fatto che la legge sulla ricongiunzione non contempli detto automatismo delle prestazioni.

In secondo luogo, ad avviso dell’INPS, la legge che disciplina le modalità della ricongiunzione delle posizioni assicurative non sarebbe il luogo deputato a prevedere il computo della contribuzione dovuta e non versata, mentre l’esistenza di un principio di automatismo delle prestazioni potrebbe divenire rilevante solo nel momento in cui le prestazioni vengano richieste, e non quando si tratti soltanto di unificare le posizioni assicurative esistenti.

3.– E’ intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile ovvero infondata. Nella memoria depositata in prossimità dell’udienza, l’Avvocatura erariale sostiene in primo luogo che la questione sarebbe inammissibile per contraddittorietà nell’individuazione delle norme oggetto, giacchè investirebbe due disposizioni di legge – l’art. 2 e l’art. 6 della legge n. 29 del 1979 – in rapporto di alternatività fra di loro. L’art. 2 infatti configura la ricongiunzione come una facoltà o un onere del lavoratore, liberamente rinunciabile e talvolta condizionato all’adempimento di oneri finanziari a carico dell’interessato richiedente; l’art. 6 invece, in deroga a quanto previsto dagli articoli precedenti, configura la ricongiunzione come effetto da realizzare d’ufficio e senza oneri a carico dei lavoratori interessati. Il giudice a quo, erroneamente assimilando le due discipline, non indicherebbe quale sia da applicare al caso, pur potendo derivare dalle due diverse discipline diverse ricostruzioni del problema di costituzionalità sollevato, che sarebbe pertanto del tutto astratto.

Nel merito, l’Avvocatura osserva che le norme denunciate non si occupano del problema di come debba essere applicato il principio di automaticità delle prestazioni assicurative nel caso di ricongiunzione di periodi assicurativi, sicchè varrebbe al riguardo la regola generale fissata dall’art. 2116 cod. civ., in base alla quale tale principio di automaticità é derogabile da leggi speciali; e tale deroga non potrebbe essere valutata se non in relazione alla complessa disciplina ad essa sottesa. Sul piano generale, secondo l’Avvocatura, la ricongiunzione dei periodi assicurativi costituirebbe o potrebbe costituire un beneficio a favore del lavoratore, che spesso non troverebbe integrale copertura nei trasferimenti di somme a favore della gestione di destinazione.

Considerato in diritto

1.– La questione sollevata ha ad oggetto l’art. 2, secondo comma, e l’art. 6, secondo comma, della legge 7 febbraio 1979, n. 29 (Ricongiunzione dei periodi assicurativi dei lavoratori ai fini previdenziali), che disciplinano –rispettivamente in due fattispecie diverse di ricongiunzione di periodi assicurativi – il versamento da parte della gestione di provenienza, a quella di destinazione, dei contributi di propria pertinenza. Le due disposizioni sono impugnate "nella parte in cui non consentono che l’INPS trasferisca anche i contributi non versati, ma dovuti nei limiti della prescrizione decennale": tale sistema sarebbe, ad avviso del remittente, in contrasto con l’art. 3 della Costituzione, in quanto ingiustificatamente escluderebbe l’obbligo dell’INPS di trasferire i contributi in una situazione nella quale invece la legge prevede che il relativo periodo contributivo, pur in assenza dell’effettivo versamento dei contributi, sia valutato dall’INPS ai fini delle prestazioni previdenziali, in questo modo addossando all’assicurato, per il solo fatto della ricongiunzione, il rischio della mancata copertura assicurativa.

2.– L’eccezione di inammissibilità svolta dall’Avvocatura erariale – secondo cui non sarebbe univocamente individuato il thema decidendum, in quanto sono state impugnate due disposizioni in rapporto di alternatività fra di loro, attenendo l’una alla ricongiunzione a domanda, con determinati oneri a carico dell’assicurato, l’altra alla ricongiunzione d’ufficio, senza oneri – non é fondata.

E’ ben vero che la ricongiunzione a domanda e quella d’ufficio costituiscono due ipotesi distinte, disciplinate in modo parzialmente diverso, rispettivamente dall’art. 2 e dall’art. 6 della legge n. 29 del 1979; e che nella specie, trattandosi di una richiesta di ricongiunzione a domanda dell’interessata, e non di ricongiunzione di periodi relativi a servizi prestati presso un ente pubblico soppresso con trasferimento ex lege del personale ad altri enti pubblici, solo la prima delle due disposizioni in questione appare destinata a trovare applicazione: onde il richiamo dell’ordinanza di rimessione all’art. 6 può apparire ultroneo. Ma la specifica disciplina che é investita dalla questione di costituzionalità, e che riguarda l’obbligo per la gestione di provenienza di versare alla gestione di destinazione i contributi di propria pertinenza, relativi al periodo di lavoro di cui si debba attuare la ricongiunzione, é comune alle due ipotesi ed é identicamente formulata. Non sussiste pertanto sostanziale incertezza sull’oggetto della censura.

3.– La questione, così come proposta dal remittente, non é fondata.

Il giudice a quo muove da una interpretazione del sistema normativo secondo cui il versamento da parte dell’INPS dei contributi dovuti ma non pagati dal datore di lavoro condizionerebbe la ricongiunzione del relativo periodo assicurativo con quello di pertinenza della gestione previdenziale di destinazione, e quindi la possibilità futura del dipendente di usufruire delle prestazioni previdenziali corrispondenti.

Infatti la ricorrente ha agito in giudizio, originariamente, nei confronti del solo INPS, chiedendone la condanna al versamento a favore dell’INPDAP dei contributi in questione, al fine di ottenere la ricongiunzione del periodo assicurativo interessato; l’INPS ha eccepito che la legge non prevederebbe tale obbligo di versamento; l’INPDAP a sua volta ha sostenuto che in assenza di tale versamento esso non potrebbe riconoscere il relativo periodo assicurativo: e infine il giudice a quo, persuaso della tesi interpretativa dell’INPS, ha impugnato le norme sul trasferimento dei contributi in caso di ricongiunzione, sostenendo che da esse deriverebbe l’addossamento all’assicurato del rischio derivante dalla mancata copertura assicurativa, poichè non troverebbe applicazione il principio di automaticità, secondo cui la prestazione previdenziale spetta anche in relazione ai periodi per i quali i contributi dovuti, nei limiti della prescrizione decennale, non sono stati effettivamente versati.

Ma tale premessa interpretativa non é esatta.

Occorre infatti tenere distinto il rapporto previdenziale-assicurativo, che riguarda da un lato il lavoratore (e il datore di lavoro), dall’altro l’ente previdenziale alla cui gestione quegli é iscritto, dal rapporto fra i due enti previdenziali, che si instaura nel caso in cui si provveda alla ricongiunzione dei periodi assicurativi.

Nell’ambito del primo rapporto, il principio generale – espresso dall’art. 2116 del codice civile (non a caso inserito fra le pochissime disposizioni codicistiche in materia di previdenza e assistenza obbligatorie), ed espressamente ribadito, con riguardo alla assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, vecchiaia e superstiti, dall’art. 27, secondo comma, del r.d.l. 14 aprile 1939, n. 636, come da ultimo sostituito dall’art. 23-ter del d.l. 30 giugno 1972, n. 267, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 1972, n. 485 – é quello secondo cui le prestazioni spettano al lavoratore anche quando i contributi dovuti non siano stati effettivamente versati. Tale principio di "automaticità delle prestazioni", con riguardo ai sistemi di previdenza e assistenza obbligatorie, trova applicazione non già, come afferma il remittente, "solo in quanto il sistema delle leggi speciali vi si adegui", ma – come si esprime l’art. 2116 cod. civ. – "salvo diverse disposizioni delle leggi speciali": il che significa che potrebbe ritenersi sussistente una deroga rispetto ad esso solo in presenza di una esplicita disposizione in tal senso.

Detto principio costituisce una fondamentale garanzia per il lavoratore assicurato, intesa a non far ricadere su di lui il rischio di eventuali inadempimenti del datore di lavoro in ordine agli obblighi contributivi, e rappresenta perciò un logico corollario della finalità di protezione sociale inerente ai sistemi di assicurazione obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti. Garanzia, questa, ulteriormente rafforzata dal legislatore, in attuazione di una direttiva comunitaria, attraverso la sua estensione al caso di obblighi contributivi non adempiuti e prescritti, gravanti su un datore di lavoro sottoposto a procedure fallimentari o di amministrazione straordinaria (art. 3 del d.lgs. 27 gennaio 1992, n. 80, recante "Attuazione della direttiva 80/987/CEE in materia di tutela dei lavoratori subordinati in caso di insolvenza del datore di lavoro").

4.– Il rapporto fra i diversi enti previdenziali, che si instaura nel caso di ricongiunzione dei periodi assicurativi, ha invece tutt’altri oggetto e portata. La relativa disciplina, dettata dal legislatore, é volta a realizzare un equilibrio di situazioni patrimoniali fra le diverse gestioni, allorquando in forza della ricongiunzione si venga a costituire presso una di esse una posizione assicurativa, a favore del lavoratore, che sostituisce ed assorbe quella già esistente presso l’altra. A tal fine la legge prevede sia il trasferimento alla gestione di destinazione dei contributi "di pertinenza" della gestione di provenienza; sia, in certi casi, l’accollo all’assicurato di un onere finanziario, inteso a coprire parzialmente il costo che ha per la gestione di destinazione, che sia caratterizzata da prestazioni più favorevoli e da obblighi contributivi superiori, il riconoscimento a favore dell’assicurato medesimo di un periodo contributivo maturato nell’ambito della gestione di provenienza, caratterizzata da minori prestazioni e minori contributi (cfr. art. 2, terzo comma, della legge n. 29 del 1979); sia, infine, il principio per cui gli oneri residui eventualmente derivanti dall’applicazione delle norme sulla ricongiunzione, determinandosi il diritto e la misura delle prestazioni in base alle norme in vigore nella gestione di destinazione (art. 7, primo comma), restano a carico di quest’ultima (art. 3 della stessa legge).

Tale regolamento dei rapporti patrimoniali fra le diverse gestioni é indipendente dalla garanzia per l’assicurato delle prestazioni a lui spettanti. Con la ricongiunzione – alle condizioni, ivi comprese quelle relative all’eventuale onere a carico dell’interessato, stabilite dalla legge – l’assicurato consegue il trasferimento presso la gestione di destinazione della medesima posizione assicurativa che già gli spettava presso la gestione di provenienza. Ora, se questa posizione comprendeva anche il riconoscimento di periodi contributivi in ordine ai quali i contributi dovuti non siano stati effettivamente versati – secondo il principio di automaticità di cui si é detto – tale riconoscimento non può non trasferirsi alla posizione assicurativa che si costituisce, con la ricongiunzione, presso la nuova gestione: poichè la ricongiunzione ha proprio la finalità e l’effetto di trasferire presso la nuova gestione la posizione assicurativa già posseduta dal lavoratore presso la gestione di provenienza, nella sua integrale consistenza. Ciò indipendentemente dalla applicabilità o meno, su cui il remittente non prende posizione, del principio di automaticità alle prestazioni rese, secondo la disciplina ad esse propria, dalla gestione di destinazione in relazione ai periodi contributivi maturati sotto la propria competenza: ciò che conta infatti nella specie – ed é pacifico - é che la posizione assicurativa da trasferire con la ricongiunzione é caratterizzata dalla applicabilità di quel principio.

5.– Il problema ulteriore, se in tale ipotesi la gestione di provenienza debba anche versare a quella di destinazione i contributi dovuti e non riscossi, sopportando così in definitiva l’onere che ad essa avrebbe comunque fatto carico nel caso in cui avesse dovuto erogare le relative prestazioni previdenziali, ovvero se tale onere debba far carico piuttosto alla gestione di destinazione, in quanto onere "residuo" ai sensi dell’art. 3 della legge n. 29 del 1979, va risolto dal giudice sul piano interpretativo, sulla base delle norme e dei principi da esse ricavabili: fermo restando che detto onere non potrebbe essere addossato all’interessato nemmeno computando i contributi non versati nella differenza fra la riserva matematica necessaria per la copertura assicurativa, presso la gestione di destinazione, relativa al periodo utile considerato, e le somme versate dalla gestione di provenienza, ai sensi dell’art. 2, terzo comma, della legge, poichè altrimenti si verrebbe per altra via a far gravare sul lavoratore il rischio dell’inadempimento contributivo, in contrasto col principio che caratterizza la posizione assicurativa già spettantegli, e trasferita con la ricongiunzione.

Non spetta dunque a questa Corte risolvere il quesito, posto invece erroneamente in primo piano dal giudice remittente, relativo al rapporto patrimoniale fra le due gestioni: esso non é infatti condizionato da problemi di legittimità costituzionale, o almeno dai profili di costituzionalità sollevati dal giudice a quo, che si fondano, come si é detto, sull’esigenza di non addossare al lavoratore il rischio dell’inadempimento contributivo.

6.– Così ricostruito il sistema, la questione proposta non ha evidentemente ragion d’essere, non sussistendo la lamentata discriminazione in danno del lavoratore che chieda la ricongiunzione dei periodi assicurativi.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale degli articoli 2, secondo comma, e 6, secondo comma, della legge 7 febbraio 1979, n. 29 (Ricongiunzione dei periodi assicurativi dei lavoratori ai fini previdenziali), sollevata, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, dal Pretore di La Spezia con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 26 novembre 1997.

Presidente: Renato GRANATA

Redattore: Valerio ONIDA

Depositata in cancelleria il 5 dicembre 1997.