Sentenza n. 373/97

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SENTENZA N.373

ANNO 1997

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Dott. Renato GRANATA, Presidente

- Prof. Giuliano VASSALLI

- Prof. Francesco GUIZZI

- Prof. Cesare MIRABELLI

- Prof. Fernando SANTOSUOSSO

- Avv. Massimo VARI

- Dott. Cesare RUPERTO

- Dott. Riccardo CHIEPPA

- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY

- Prof. Valerio ONIDA

- Prof. Carlo MEZZANOTTE

- Avv. Fernanda CONTRI

- Prof. Guido NEPPI MODONA         

- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI    

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 2, 5, comma 2, e 8 del decreto legislativo 25 novembre 1996. n. 645 (Recepimento della direttiva 92/85/CEE concernente il miglioramento della sicurezza e della salute sul lavoro delle lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento) promossi con ricorsi delle Regioni Veneto, Toscana e Umbria, notificati il 20, il 18 ed il 20 gennaio 1997, depositati in cancelleria il 27 ed il 30 successivi ed iscritti ai nn. 5, 6 e 17 del registro ricorsi 1997.

Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 17 giugno 1997 il Giudice relatore Fernanda Contri;

uditi gli avvocati Fabio Lorenzoni per le Regioni Veneto e Toscana, Vito Vacchi per la Regione Toscana, Giovanni Tarantini per la Regione Umbria e l’avvocato dello Stato Ignazio Francesco Caramazza per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1. - Con distinti ricorsi, regolarmente notificati e depositati, le Regioni Veneto, Toscana e Umbria hanno sollevato, in via principale, questioni di legittimità costituzionale parzialmente analoghe di alcune disposizioni del decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 645 (Recepimento della direttiva 92/85/CEE concernente il miglioramento della sicurezza e della salute sul lavoro delle lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento).

2. - Con ricorso notificato il 20 e depositato il 24 gennaio 1997, la Regione Veneto ha sollevato, in riferimento all’art. 117 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 5, comma 2, del citato decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 645, nella parte in cui stabilisce l’obbligo del datore di lavoro di dare informazione scritta all’ispettorato provinciale del lavoro competente per territorio in merito all’applicazione delle misure previste dagli artt. 3 e 5 della legge 30 dicembre 1971, n. 1204 (Tutela delle lavoratrici madri), i quali prevedono, da un lato, lo spostamento ad altre mansioni delle lavoratrici durante la gestazione e fino a sette mesi dopo il parto nei casi in cui le condizioni di lavoro o ambientali siano pregiudizievoli per la loro salute; dall’altro lato, previo accertamento medico, l’interdizione dal lavoro delle lavoratrici in stato di gravidanza (salvo il divieto assoluto di lavoro nei due mesi precedenti la data presunta del parto): nel caso di gravi complicanze; quando le condizioni di lavoro siano ritenute pregiudizievoli alla salute della donna e del bambino; qualora la lavoratrice non possa essere spostata ad altre mansioni.

Ad avviso della regione ricorrente, l’art. 5, comma 2, del d.lgs. n. 645 del 1996 devolve agli ispettorati del lavoro funzioni di tutela della salute negli ambienti di lavoro attribuite alle Regioni dall’art. 117 della Costituzione e dalla successiva legislazione statale di trasferimento: a questo riguardo, si richiamano gli artt. 17 e 27, primo comma, lettera c), del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, e gli artt. 11, 14 e 21 della legge 23 dicembre 1978, n. 833. Il quadro delle competenze delineato dalle menzionate disposizioni risulterebbe confermato dal più recente decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, che ha previsto l’istituzione, presso ciascuna unità sanitaria locale e ad opera delle Regioni, dei dipartimenti di prevenzione (art. 7); dal decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, che ha individuato nei servizi di prevenzione delle aziende sanitarie gli organi cui spettano le funzioni amministrative in materia, affidando agli ispettorati del lavoro competenze meramente residuali; dal decreto legislativo 19 dicembre 1994, n. 758, che all’art. 19, comma 1, lettera b), attribuisce particolari compiti, nell’àmbito dei procedimenti per l’applicazione delle misure sanzionatorie in materia di igiene e sicurezza del lavoro, al personale dei servizi di prevenzione, igiene e sicurezza del lavoro delle unità sanitarie locali.

L’assetto delle competenze delineato dalla Regione ricorrente troverebbe conferma nella sentenza di questa Corte n. 58 del 1993, della quale nel ricorso si riportano ampi stralci.

Secondo la Regione Veneto, peraltro, la disposizione impugnata non solo "illegittimamente sottrae alla competenza costituzionalmente riservata alle Regioni - e per esse alle aziende sanitarie - l’attività amministrativa di tutela della salute delle lavoratrici madri, attribuendola all’esclusiva competenza dello Stato, che la esercita tramite gli ispettorati del lavoro, vale a dire soggetti che non sono più autorizzati a svolgere compiti in materia di sanità"; la lamentata alterazione del riparto delle competenze tra Stato e Regioni - aggiunge la ricorrente - "é tanto più grave in quanto si traduce in una pesante riduzione della tutela del ‘bene’ salute della lavoratrice madre".

3. - Con ricorso notificato il 18 gennaio 1997 e depositato il giorno 27 dello stesso mese, la Regione Toscana ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 97, 117 e 118 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale degli artt. 2, 5, comma 2, e 8 del decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 645.

Nei riguardi dell’art. 5 dell’impugnato decreto legislativo la Regione Toscana deduce la violazione degli artt. 117 e 118 della Costituzione ed a sostegno di tale deduzione svolge rilievi analoghi a quelli avanzati dalla Regione Veneto, richiamando la sentenza di questa Corte n. 58 del 1993 ed aggiungendo soltanto che l’art. 5, penultimo comma, del decreto-legge 30 dicembre 1979 n. 663, convertito nella legge 29 febbraio 1980 n. 33, ha mantenuto fermi i precedenti compiti degli ispettorati del lavoro in materia di prevenzione, di igiene e di controllo sullo stato di salute dei lavoratori fino all’effettivo trasferimento delle attribuzioni alle unità sanitarie locali, le quali da tempo nella Regione Toscana assolvono ai suddetti compiti attraverso i servizi di prevenzione ed igiene del lavoro istituiti presso di esse con la legge regionale 19 dicembre 1979 n. 63. La Regione ricorrente afferma non essere, per l’aspetto che qui interessa, il quadro normativo mutato in sèguito alla riforma dell’ordinamento sanitario di cui al decreto legislativo 7 dicembre 1993, n. 517, il quale all’art. 7 prevede che le Regioni istituiscano presso ciascuna USL un dipartimento di prevenzione cui competono, tra l’altro, anche le funzioni concernenti la tutela della salute dei lavoratori. La Regione Toscana, si legge nel ricorso, ha già esercitato tale competenza con la legge regionale 2 gennaio 1995, n. 1, che, in attuazione della menzionata riforma, istituisce detto dipartimento di prevenzione all’interno delle aziende sanitarie.

Ad avviso della Regione ricorrente, il denunciato art. 5 si porrebbe altresì in contrasto con gli art. 3 e 97 della Costituzione, sotto il profilo della disparità di trattamento, dell’irrazionalità e della violazione del principio di buon andamento dell’amministrazione: da un lato, infatti, osserva l’ente territoriale ricorrente, i servizi di prevenzione delle aziende sanitarie continuano a svolgere le loro funzioni per la tutela dei lavoratori di sesso maschile e per le donne non in stato di gravidanza; dall’altro lato, "si affidano competenze correlate ai controlli sanitari ad un soggetto che non ha più funzioni sanitarie e quindi neanche strutture a tal fine".

Il decreto legislativo n. 645 del 1996 appare alla Regione Toscana meritevole di censura, in riferimento agli artt. 117 e 118 della Costituzione, anche per quanto stabilito dagli artt. 2 e 8, che attribuiscono al Ministro del lavoro il compito di recepire con suo decreto - di concerto con il Ministro della sanità, sentita la Commissione consultiva permanente di cui all’art. 26 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626 - le linee direttrici elaborate dalla Commissione dell’Unione europea concernenti la valutazione degli agenti e dei processi industriali pericolosi per la sicurezza o la salute delle lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento, e tale procedura prevedono altresì per la modifica degli elenchi allegati al decreto legislativo impugnato (nei quali si enumerano gli agenti, i processi e le condizioni di lavoro di cui all’art. 4, nonchè gli agenti e le condizioni di lavoro di cui all’art. 3 del d.lgs. n. 645 del 1996) in conformità alle modifiche adottate in sede comunitaria. I menzionati artt. 2 e 8 appaiono alla Regione Toscana in contrasto con le attribuzioni regionali in materia di assistenza sanitaria di cui agli artt. 117 e 118 della Costituzione, in quanto affidano al Ministero del lavoro, anzichè in via esclusiva al Ministero della sanità - come disposto dall’art. 7, comma 2, del d.lgs. n. 502 del 1992, modificato dal d.lgs. n. 517 del 1993 - la competenza ad emanare atti aventi contenuto sanitario quali le linee direttrici in discorso: "del contenuto di tali atti", lamenta la Regione ricorrente, "le Regioni dovranno tener conto nel disciplinare ed esercitare, tramite le aziende USL, le funzioni in materia di tutela delle lavoratrici madri, con la conseguenza che si attribuisce ad un ministero, non competente per materia, la facoltà di interferire nell’esercizio delle attribuzioni regionali".

4. - Con ricorso notificato il 20 gennaio 1997 e depositato il giorno 30 successivo, la Regione Umbria ha sollevato, in riferimento agli artt. 32, 117, 118, all’VIII disposizione transitoria della Costituzione, ed in riferimento al principio di leale cooperazione fra Stato e Regioni, questione di legittimità costituzionale dell’art. 5, comma 2, del decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 645, nella parte in cui stabilisce l’obbligo del datore di lavoro, qualora non sia possibile modificare temporaneamente le condizioni o l’orario di lavoro della lavoratrice madre, di dare informazione scritta all’ispettorato provinciale del lavoro competente per territorio, anche ai fini di quanto stabilito dall’art. 5, primo comma, lettera c), della legge 30 dicembre 1971, n. 1204.

Dopo aver lamentato l’alterazione del riparto delle competenze risultante dalle invocate disposizioni costituzionali, dal d.P.R. n. 616 del 1977, e dalla legge n. 833 del 1978, ed aver richiamato la sentenza di questa Corte n. 58 del 1993, la Regione ricorrente osserva che anche a voler riconoscere al legislatore nazionale la possibilità di rivedere e riconsiderare la distribuzione delle singole funzioni quando ciò dipenda da esigenze di razionalizzazione del sistema o dalla necessità di adeguare la legislazione interna alla normativa comunitaria, il nuovo riparto "potrebbe discendere solo da una legge di carattere generale e di riforma strutturale, come é appunto stata la legge istitutiva del S.S.N., non certo sulla base di una leggina settoriale".

Secondo l’avviso della Regione Umbria, l’assetto delle competenze in materia sanitaria ed il trasferimento a suo tempo delle funzioni concernenti la prevenzione, l’igiene e la sicurezza del lavoro dagli ispettorati alle unità sanitarie locali "é stato il frutto di una scelta assolutamente coerente al sistema costituzionale" che non trova alcun ostacolo in disposizioni comunitarie. A quest’ultimo riguardo, la Regione osserva che la direttiva 92/85/CEE, all’art. 5, terzo comma, si limita a stabilire che, qualora l’assegnazione della lavoratrice gestante ad altre mansioni non sia possibile, la lavoratrice é dispensata dal lavoro durante tutto il periodo necessario per la protezione della sua sicurezza o della sua salute "conformemente alle legislazioni e/o prassi nazionali".

La Regione ricorrente deduce altresì la violazione dell’art. 32 della Costituzione, in quanto l’attribuzione dei compiti di cui si tratta agli ispettorati - le cui funzioni attengono a vari profili inerenti al rapporto di lavoro - anzichè al servizio sanitario nazionale, cui é attribuita la cura del diritto fondamentale alla salute, comporterebbe una sorta di subordinazione di quest’ultimo agli interessi connessi al rapporto di lavoro.

La Regione deduce infine la violazione del principio di leale cooperazione tra Stato e Regioni, giacchè il Governo non avrebbe tenuto conto delle proposte di emendamento avanzate sullo schema del decreto legislativo dalla Conferenza dei presidenti delle Regioni e delle Province autonome, contenute nel documento trasmesso alla Presidenza del Consiglio con nota del 10 dicembre 1996, n. 1148/20331, a cura del Presidente della Regione Veneto, quale presidente pro tempore della Conferenza stessa.

5. - Nei giudizi davanti alla Corte costituzionale promossi con i ricorsi indicati in epigrafe, si é costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, per chiedere che le questioni sollevate dalle Regioni Veneto, Toscana e Umbria siano dichiarate inammissibili, o infondate.

Il resistente, riservandosi di illustrare meglio con successiva memoria le proprie ragioni, osserva come le doglianze espresse dalle ricorrenti sembrino non tener conto della ripartizione funzionale di competenze tra USL ed ispettorati del lavoro, così come delineata dalla legislazione statale e dalla giurisprudenza di questa Corte. Ad avviso del resistente, per quanto concerne le funzioni di controllo sull’adeguatezza delle condizioni di lavoro allo stato particolare delle lavoratrici gestanti e puerpere, concorrono nel vigente sistema normativo le competenze di due autorità: "quella specificamente preposta agli accertamenti sanitari e quella preposta, invece, alla valutazione di diverse utilizzazioni in sede di attività lavorativa, e cioé l’ispettorato del lavoro". I provvedimenti di interdizione dal lavoro delle lavoratrici madri, sottolinea l’Avvocatura, "incidono direttamente ed immediatamente sul regolare svolgimento della prestazione di lavoro, attenendo quindi a materia - il lavoro - sottratta alla competenza regionale". Il richiamo alla legge n. 1204 del 1971 operato dal decreto legislativo impugnato, "lungi dall’attribuire nuove (e non legittime) competenze agli ispettorati del lavoro in materia di controllo della salute", si limiterebbe a meglio specificare il riparto di competenze tra autorità preposte alla tutela della salute ed autorità preposte alla tutela del lavoro, in piena conformità con il vigente assetto normativo.

6. - Nell’imminenza della data fissata per l’udienza, le Regioni Veneto ed Umbria hanno depositato due memorie illustrative per sviluppare ulteriormente argomenti già dedotti in sede di ricorso.

7. - Anche il Presidente del Consiglio dei ministri ha depositato un’ulteriore memoria, per svolgere più ampiamente deduzioni già contenute nell’atto di costituzione e per aggiungere che le disposizioni impugnate vanno assoggettate ad interpretazione sistematica alla luce del quadro normativo costituito dalle due direttive 89/391/CEE e 92/85/CEE - recepite con i decreti legislativi nn. 626 del 1994 e 645 del 1996 - che porrebbero in luce come l’aspetto sanitario non costituisca che uno degli aspetti considerati da un complesso di disposizioni intese al miglioramento della tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro, che incidono direttamente su istituti e profili strettamente lavoristici.

Considerato in diritto

1. - La Regione Veneto ha sollevato in via principale, in riferimento all’art. 117 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 5, comma 2, del decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 645 (Recepimento della direttiva 92/85/CEE concernente il miglioramento della sicurezza e della salute sul lavoro delle lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento), nella parte in cui stabilisce l’obbligo del datore di lavoro di dare informazione scritta all’ispettorato provinciale del lavoro competente per territorio in merito all’applicazione delle misure previste dagli artt. 3 e 5 della legge 30 dicembre 1971, n. 1204 (Tutela delle lavoratrici madri).

La Regione Toscana ha sollevato in via principale, in riferimento agli artt. 3, 97, 117 e 118 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale degli artt. 2, 5, comma 2, e 8 del decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 645.

La Regione Umbria ha sollevato in via principale, in riferimento agli artt. 32, 117, 118, alla VIII disposizione transitoria della Costituzione, ed in relazione al principio di leale cooperazione tra Stato e Regioni, questione di legittimità costituzionale dell’art. 5, comma 2, del decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 645, nella parte in cui stabilisce l’obbligo del datore di lavoro, qualora non sia possibile modificare temporaneamente le condizioni o l’orario di lavoro della lavoratrice madre, di dare informazione scritta all’ispettorato provinciale del lavoro competente per territorio, anche ai fini di quanto stabilito dall’art. 5, primo comma, lettera c), della legge 30 dicembre 1971, n. 1204.

2. - I tre ricorsi investono, sotto profili in larga parte coincidenti, la medesima disposizione del decreto legislativo n. 645 del 1996. Di questi, uno solo estende le censure d’incostituzionalità a disposizioni ulteriori dello stesso decreto legislativo. Poichè i ricorsi sollevano questioni in parte identiche ed in parte connesse, i relativi giudizi possono essere riuniti e decisi con unica sentenza.

3. - Le diverse questioni sottoposte all’esame della Corte costituzionale sono le seguenti.

3.1 - In riferimento agli artt. 117, 118, ed all’VIII disp. transitoria della Costituzione, le tre regioni ricorrenti sollevano questione di legittimità costituzionale dell’art. 5, comma 2, del decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 645, nella parte in cui stabilisce l’obbligo del datore di lavoro di dare informazione scritta all’ispettorato provinciale del lavoro competente per territorio, ai fini dell’applicazione delle misure previste dagli artt. 3 e 5 della legge 30 dicembre 1971, n. 1204, ed in particolare ai fini dell’interdizione dal lavoro - previo accertamento medico e con provvedimento dello stesso ispettorato - della lavoratrice in stato di gravidanza esposta a condizioni di lavoro o ambientali pregiudizievoli per la sua salute, qualora non sia possibile la destinazione della stessa ad altre mansioni. Ad avviso delle ricorrenti, il comma denunciato devolverebbe agli ispettorati del lavoro funzioni di tutela della salute negli ambienti di lavoro assegnate alla competenza delle Regioni dall’art. 117 della Costituzione e dalla successiva legislazione statale di trasferimento delle funzioni in materia di assistenza sanitaria (precisamente, artt. 17 e 27, primo comma, lettera c), del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616; artt. 11, 14 e 21 della legge 23 dicembre 1978, n. 833). Ciò appare alla Regione Umbria tanto più censurabile in quanto l’assetto delle competenze risulterebbe modificato in questo caso non con legge di portata generale e di riforma strutturale, ma con provvedimento legislativo settoriale, peraltro non imposto dalla normativa comunitaria, limitandosi la direttiva 92/85/CEE, all’art. 5, terzo comma, a stabilire che, qualora l’assegnazione della lavoratrice gestante ad altre mansioni non sia possibile, la lavoratrice é dispensata dal lavoro durante tutto il periodo necessario per la protezione della sua sicurezza o della sua salute "conformemente alle legislazioni e/o prassi nazionali".

3.2 - In riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione, l’art. 5, comma 2, del decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 645, viene censurato dalla Regione Toscana sotto il profilo della disparità di trattamento, dell’irrazionalità e della violazione del principio di buon andamento dell’amministrazione, giacchè i servizi di prevenzione delle aziende sanitarie continuano a svolgere le loro funzioni in materia di tutela dei soli lavoratori di sesso maschile e delle donne non in stato di gravidanza.

3.3 - Ancora in riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione, l’art. 5, comma 2, del decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 645, viene censurato dalla Regione Toscana, sotto il profilo dell’irrazionalità e della violazione del principio di buon andamento dell’amministrazione, in quanto affiderebbe competenze correlate ai controlli sanitari ad un soggetto che non ha più funzioni sanitarie e quindi neanche strutture adibite a tal fine.

3.4 - In riferimento all’art. 32 della Costituzione, la Regione Umbria impugna l’art. 5, comma 2, del decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 645, in quanto, assegnando le funzioni di cui si tratta agli ispettorati del lavoro - le cui competenze attengono al rapporto di lavoro - anzichè al servizio sanitario nazionale, cui é attribuita la cura del diritto fondamentale alla salute, comporterebbe una sorta di subordinazione di quest’ultimo agli interessi connessi al rapporto di lavoro.

3.5 - In riferimento al principio di leale cooperazione tra Stato e Regioni, l’art. 5, comma 2, del decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 645, viene impugnato dalla Regione Umbria, giacchè il Governo non avrebbe tenuto conto delle proposte di emendamento avanzate sullo schema del decreto legislativo dalla Conferenza dei presidenti delle Regioni e delle Province autonome contenute nel documento trasmesso alla Presidenza del Consiglio con nota del 10 dicembre 1996, a cura del Presidente della Regione Veneto quale presidente pro-tempore della Conferenza stessa.

3.6 - In riferimento agli artt. 117 e 118 della Costituzione, la Regione Toscana censura altresì gli artt. 2 e 8 del decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 645, che assegnano al Ministro del lavoro il compito di recepire con suo decreto - di concerto con il Ministro della sanità - le linee direttrici elaborate dalla Commissione dell’Unione europea concernenti la valutazione degli agenti e dei processi industriali pericolosi per la sicurezza o la salute delle lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento, e che tale procedura prevedono altresì per la modifica degli elenchi allegati al decreto legislativo impugnato (nei quali si enumerano gli agenti, i processi e le condizioni di lavoro di cui all’art. 4, nonchè gli agenti e le condizioni di lavoro di cui all’art. 3 del d.lgs. n. 645 del 1996) in conformità alle modifiche adottate in sede comunitaria. Affidando al Ministero del lavoro, anzichè al Ministero della sanità in via esclusiva - come disposto dall’art. 7, comma 2, del decreto legislativo n. 502 del 1992 (modificato dal decreto legislativo n. 517 del 1993) -, la competenza ad emanare atti destinati a vincolare le Regioni chiamate a disciplinare ed esercitare le funzioni in materia di tutela della salute delle lavoratrici madri, le menzionate disposizioni vengono censurate giacchè attribuirebbero ad un ministero non competente nella materia sanitaria la facoltà di interferire nell’esercizio delle attribuzioni regionali nella materia medesima.

4. - La questione di legittimità costituzionale (sopra elencata al punto 3.1) dell’art. 5, comma 2, del decreto legislativo n. 645 del 1996 - sollevata dalle Regioni Veneto, Toscana e Umbria, in riferimento agli artt. 117, 118, ed all’VIII disp. transitoria della Costituzione - non é fondata.

La disposizione impugnata, nella sua letterale formulazione, non comporta il ridimensionamento delle competenze regionali di cui le ricorrenti si dolgono.

Nel disporre che "ove la modifica delle condizioni o dell’orario di lavoro non sia possibile per motivi organizzativi o produttivi, il datore di lavoro applica quanto stabilito dall’articolo 3, secondo, terzo e quarto comma, della legge 30 dicembre 1971, n. 1204, dandone contestuale informazione scritta all’ispettorato provinciale del lavoro competente per territorio, anche ai fini di quanto stabilito dall’art. 5, primo comma, lettera c), della legge n. 1204 del 1971", la norma impugnata non ha inteso riattribuire allo Stato le funzioni trasferite alle Regioni dalla normativa richiamata dalle ricorrenti (d.P.R. n. 616 del 1977, artt. 17, 27, secondo comma, lettere a) e c), 30, lettera m); legge n. 833 del 1978, artt. 6, lettera m), 11, 14, lettere d) ed f), 21-24; d. lgs. n. 502 del 1992, artt. 2 e 7), modificando un assetto delle competenze in materia di tutela delle lavoratrici madri sul quale questa Corte ha già avuto occasione di pronunciarsi (sentenza n. 58 del 1993).

Il denunciato comma 2 dell’art. 5 preordina infatti l’intervento dell’ispettorato del lavoro esclusivamente ai fini di un controllo sull’impossibilità della modifica delle condizioni o dell’orario di lavoro per motivi organizzativi o produttivi. Il comma censurato si limita pertanto ad aggiungere il potere di interdizione dell’ispettorato - delimitato mediante il rinvio alla lettera c) dell’art. 5 - a quelli già assegnati alla competenza delle Regioni, per la cura di interessi di diversa natura.

I poteri di vigilanza attribuiti agli ispettorati provinciali del lavoro dal decreto legislativo n. 645 del 1996 attengono all’organizzazione del lavoro e dei processi produttivi all’interno dell’azienda, ed il loro esercizio potrebbe anche non richiedere alcun accertamento medico. Ove peraltro quest’ultimo risultasse necessario - in particolare, ai fini del provvedimento di interdizione dal lavoro nell’ipotesi contemplata dalla richiamata lettera c) dell’art. 5 della legge n. 1204 del 1971 - l’accertamento sanitario verrà richiesto dall’ispettorato territorialmente competente, ormai privo delle necessarie strutture sanitarie interne, ai servizi delle aziende sanitarie.

5. - Le questioni di legittimità costituzionale (sub 3.2, 3.3, 3.4) dell’art. 5, comma 2, del decreto legislativo n. 645 del 1996, sollevate, in riferimento agli articoli 3, 32 e 97 della Costituzione, dalle Regioni Toscana e Umbria, sono inammissibili.

La Corte costituzionale ha in varie occasioni avuto modo di precisare che le Regioni possono, in linea di principio, denunciare la violazione anche di norme costituzionali poste al di fuori del Titolo V della Parte seconda della Costituzione, purchè tale violazione comporti una incisione delle competenze costituzionalmente assegnate alle Regioni (v., ex plurimis, le sentenze nn. 407 e 393 del 1992, 343 del 1991, 533 e 407 del 1989, 610 e 302 del 1988). Con riguardo, in particolare, all’art. 32 della Costituzione, questa Corte ha già chiarito che il prospettato contrasto con le norme costituzionali che assicurano ad ogni cittadino il diritto alla salute non può avere influenza, neppure indiretta, sulla sfera di autonomia costituzionalmente garantita alle Regioni. Il che comporta l’inammissibilità delle questioni da queste ultime sollevate, in via principale, in relazione a tale parametro costituzionale (sentenza n. 355 del 1993).

6. - La questione di legittimità costituzionale (indicata al punto 3.5) dell’art. 5, comma 2, del decreto legislativo n. 645 del 1996, prospettata dalla Regione Umbria sotto il profilo della violazione del principio di leale cooperazione tra Stato e Regioni - che, secondo la giurisprudenza della Corte costituzionale, trova il suo diretto fondamento nell’art. 5 della Costituzione (sentenze nn. 242 e 19 del 1997) - non é fondata.

La circostanza che il Governo non abbia tenuto conto delle proposte di emendamento avanzate sullo schema del decreto legislativo dalla Conferenza dei presidenti delle Regioni e delle Province autonome - organismo che alla stregua della legge di delega il Governo non era tenuto a consultare - non configura, di per sè, una violazione dell’invocato principio. Quanto sopra osservato priva di consistenza la doglianza delle ricorrenti, giacchè il contenuto della disciplina censurata non concreta quella invasione delle competenze regionali che i rilievi della Conferenza intendevano impedire.

7. - La questione di legittimità costituzionale (elencata al punto 3.6) degli artt. 2 e 8 del decreto legislativo n. 645 del 1996, sollevata, in riferimento agli artt. 117 e 118 della Costituzione, dalla Regione Toscana, non é fondata.

La Regione Toscana censura gli artt. 2 e 8 del decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 645, che assegnano al Ministro del lavoro il compito di recepire con suo decreto - di concerto con il Ministro della sanità - le linee direttrici elaborate dalla Commissione dell’Unione europea per la valutazione degli agenti e dei processi industriali pericolosi per la sicurezza o la salute delle lavoratrici. Affidando al Ministero del lavoro, anzichè al Ministero della sanità in via esclusiva, la competenza ad emanare atti destinati a vincolare le Regioni nell’esercizio delle funzioni loro assegnate in materia di tutela della salute delle lavoratrici madri, gli artt. 2 e 8, secondo la ricorrente, attribuirebbero ad un ministero non competente nella materia sanitaria la facoltà di interferire nell’esercizio delle attribuzioni regionali nella materia medesima.

Data la incontestabile concorrenza, nella materia disciplinata dalle disposizioni impugnate, di profili sanitari e profili lavoristici, non può ritenersi idonea a menomare le attribuzioni regionali in materia sanitaria l’adozione con decreto del Ministro del lavoro, anzichè con decreto del Ministro della sanità, delle misure di adeguamento alle linee direttrici elaborate in sede comunitaria, anche in considerazione della necessaria previsione di intervento del secondo nelle forme del concerto. D’altro canto, anche a tutela delle prerogative regionali, le impugnate disposizioni prevedono la consultazione della Commissione permanente di cui all’art. 26 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, della quale fanno parte - accanto a membri designati dalle diverse amministrazioni statali competenti in materia di tutela della salute dei lavoratori e di sicurezza nei luoghi di lavoro - sei rappresentanti delle Regioni e delle Province autonome designati dalla Conferenza Stato-Regioni.

Gli artt. 2 e 8 del decreto legislativo n. 645 del 1996 si uniformano peraltro ad un modello procedimentale già ampiamente accolto dalla normativa statale in tema di tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori sul luogo di lavoro, e di recepimento delle direttive comunitarie adottate in tale materia (v., in particolare, l’art. 28 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, ed il già menzionato art. 26, che modifica gli artt. 393 e 394 del d.P.R. 27 aprile 1955, n. 547 [Norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro]).

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

a) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 5, comma 2, del decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 645 (Recepimento della direttiva 92/85/CEE concernente il miglioramento della sicurezza e della salute sul lavoro delle lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione, dalla Regione Toscana con il ricorso indicato in epigrafe;

b) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 5, comma 2, del decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 645 (Recepimento della direttiva 92/85/CEE concernente il miglioramento della sicurezza e della salute sul lavoro delle lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento), sollevata, in riferimento all’art. 32 della Costituzione, dalla Regione Umbria con il ricorso indicato in epigrafe;

c) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 5, comma 2, del decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 645 (Recepimento della direttiva 92/85/CEE concernente il miglioramento della sicurezza e della salute sul lavoro delle lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento), sollevata, in riferimento agli artt. 117, 118, ed alla VIII disposizione transitoria della Costituzione, dalle Regioni Veneto, Toscana e Umbria con i ricorsi indicati in epigrafe;

d) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 5, comma 2, del decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 645 (Recepimento della direttiva 92/85/CEE concernente il miglioramento della sicurezza e della salute sul lavoro delle lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento), sollevata, in riferimento all’art. 5 della Costituzione, dalla Regione Umbria con il ricorso indicato in epigrafe;

e) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 2 e 8 del decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 645 (Recepimento della direttiva 92/85/CEE concernente il miglioramento della sicurezza e della salute sul lavoro delle lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento), sollevata, in riferimento agli art. 117 e 118 della Costituzione, dalla Regione Toscana con il ricorso indicato in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 26 novembre 1997.

Presidente: Renato GRANATA

Redattore: Fernanda CONTRI

Depositata in cancelleria il 5 dicembre 1997.