Sentenza n. 363/97

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SENTENZA N. 363

 

ANNO 1997

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

In nome del Popolo Italiano

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-        Dott. Renato GRANATA, Presidente

-        Prof. Giuliano VASSALLI

-        Prof. Francesco GUIZZI

-        Prof. Cesare MIRABELLI

-        Prof. Fernando SANTOSUOSSO

-        Avv. Massimo VARI

-        Dott. Cesare RUPERTO

-        Dott. Riccardo CHIEPPA

-        Prof. Gustavo ZAGREBELSKY

-        Prof. Valerio ONIDA

-        Prof. Carlo MEZZANOTTE

-        Avv. Fernanda CONTRI

-        Prof. Guido NEPPI MODONA

-        Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 34, comma 1, e 604, comma 4, del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 26 novembre 1996 dal Tribunale militare di Cagliari nel procedimento penale a carico di Giuseppe Tozio, iscritta al n. 61 del registro ordinanze 1997 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 9, prima serie speciale, dell'anno 1997.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 18 giugno 1997 il Giudice relatore Cesare Mirabelli.

Ritenuto in fatto

 

1. -- Con ordinanza emessa il 26 novembre 1996 nel corso di un procedimento penale nei confronti di un militare, imputato dei reati di forzata consegna e lesione personale, il Tribunale militare di Cagliari ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 24, secondo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale: a) dell'art. 34, comma 1, cod. proc. pen., nella parte in cui non prevede che chi ha pronunciato la sentenza di primo grado non possa partecipare al giudizio di rinvio a seguito di annullamento della sentenza da parte del giudice d'appello; b) dell'art. 604, comma 4, cod. proc. pen., nella parte in cui prevede che il giudice di appello, se accerta una delle nullità indicate nell'art. 179 cod. proc. pen., da cui e' derivata la nullità della sentenza di primo grado, debba rinviare gli atti al giudice che procedeva quando si e' verificata la nullità, anziche', in analogia a quanto previsto dal comma 8 dello stesso articolo 604, ad altra sezione dello stesso tribunale ovvero, in mancanza, al tribunale più vicino.

Il giudice rimettente segnala di avere già emesso, nei confronti dello stesso imputato e per i medesimi reati, una sentenza di condanna, dichiarata poi nulla dalla Corte militare d'appello -- che aveva quindi rinviato gli atti al giudice di primo grado per la prosecuzione del giudizio -- per un vizio della notifica all'imputato contumace del verbale di dibattimento con la nuova contestazione di un reato concorrente.

Il Tribunale militare di Cagliari rileva che la composizione del collegio e' la stessa esistente al verificarsi della nullità processuale, giacche' devono concorrere alla deliberazione della sentenza gli stessi giudici che hanno partecipato all'intero dibattimento (art. 525, comma 2, cod. proc. pen.).

Difatti il giudice d'appello, quando annulla una sentenza del tribunale per una delle nullità indicate nell'art. 179 cod. proc. pen., dispone la trasmissione degli atti allo stesso tribunale che ha emesso la sentenza annullata (art. 604, comma 4, cod. proc. pen.).

Lo stesso giudice rimettente ricorda che l'art. 34, comma 1, cod. proc. pen. stabilisce che il giudice il quale ha pronunciato la sentenza in un grado del procedimento non può partecipare al giudizio di rinvio dopo l'annullamento, ma ritiene che questa incompatibilità si riferisca soltanto ai casi di annullamento da parte della Corte di cassazione (art. 627 cod. proc. pen.).

Mancherebbe, invece, la previsione dell'incompatibilità anche nel caso del giudizio di rinvio a seguito di annullamento della sentenza di primo grado da parte del giudice di appello, e questa omissione rappresenterebbe un'anomalia legislativa in contrasto con gli artt. 3 e 24, secondo comma, della Costituzione.

Difatti, il giudice di primo grado si sarebbe già pronunciato nel merito, maturando una convinzione che difficilmente lo farebbe pervenire ad una pronuncia diversa da quella di condanna, già emessa e successivamente annullata, tanto più quando non debba essere esperita una ulteriore attività istruttoria.

Mentre il diritto inviolabile di difesa implica, quale principio fondamentale del giusto processo, l'imparzialità del giudice: la funzione di giudicare deve essere esercitata da soggetti sgombri da convinzioni precostituite in ordine alla materia da decidere, formatesi in diverse fasi del giudizio in occasione di decisioni precedentemente adottate.

La dichiarazione di illegittimità costituzionale dovrebbe coinvolgere, oltre che la disciplina dell'incompatibilità del giudice (art. 34, comma 1, cod. proc. pen.), anche quella del rinvio degli atti in caso di dichiarazione di nullità da parte del giudice d'appello (art. 604, comma 4, cod. proc. pen.).

2. -- Nel giudizio dinanzi alla Corte e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata non fondata.

L'Avvocatura non condivide la premessa interpretativa dalla quale muove il giudice rimettente, giacche' l'art. 604, comma 4, cod. proc. pen.

potrebbe essere inteso nel senso che il rinvio che il giudice d'appello dispone al giudice che procedeva quando si e' verificata la nullità si riferisca all'ufficio giudiziario, e non già alle persone fisiche che lo compongono. Inoltre l'art. 34, comma 1, cod. proc. pen. riproduce, nella sostanza, l'art. 61, primo comma, del codice in precedenza vigente, in relazione al quale era sorta discussione se l'incompatibilità che quella disposizione prevedeva riguardasse anche le ipotesi di annullamento con rinvio al giudice di primo grado a seguito di nullità della sentenza dichiarata dal giudice d'appello. La Corte di cassazione, a sezioni unite, si era pronunciata a favore della soluzione estensiva, affermando che il rinvio allo stesso giudice si riferiva all'ufficio giudiziario e non alle persone fisiche che lo compongono.

Ad avviso dell'Avvocatura, questa interpretazione deve essere data anche all'art. 34 del codice di procedura penale vigente, giacche', in mancanza di un orientamento interpretativo consolidato, va preferita la interpretazione che si adegua al dettato della Costituzione.

Considerato in diritto

 

1. -- La questione di legittimità costituzionale investe la disciplina dell'incompatibilità del giudice per atti compiuti nel procedimento.

Il Tribunale militare di Cagliari interpreta la disposizione che prevede che non possa partecipare al giudizio di rinvio dopo l'annullamento il giudice che ha pronunciato, o concorso a pronunciare, la sentenza annullata (art. 34, comma 1, cod. proc. pen.) come riferita esclusivamente all'annullamento con rinvio disposto dalla Corte di cassazione. Ritiene, quindi, che la cognizione nel giudizio di rinvio a seguito di annullamento della sentenza da parte della corte d'appello rimanga agli stessi giudici che hanno pronunciato la sentenza annullata, ma dubita che l'omessa previsione dell'incompatibilità anche per questo caso possa essere in contrasto con il principio costituzionale di eguaglianza e con il diritto inviolabile di difesa (artt. 3 e 24, secondo comma, Cost.), giacche' verrebbe meno l'imparzialità del giudice, che implica l'assenza di convinzioni precostituite in ordine alla materia da decidere, formatesi in fasi diverse del giudizio in occasione di decisioni precedentemente adottate.

Mentre, in questo caso, gli stessi giudici si sarebbero pronunciati nei confronti del medesimo imputato e nel merito dello stesso reato.

Il dubbio di legittimità costituzionale e' prospettato, denunciando la violazione delle stesse disposizioni costituzionali, anche per l'art. 604, comma 4, cod. proc. pen., che, nel caso di annullamento in appello della sentenza di primo grado per nullità assolute (art. 179 cod. proc. pen.), prevede il rinvio degli atti allo stesso giudice che procedeva quando si e' verificata la nullità e non ad altra sezione dello stesso tribunale ovvero, in mancanza, al tribunale più vicino, come e' invece disposto per altri casi di annullamento della sentenza di primo grado (art. 604, comma 8, cod. proc. pen.).

2. -- La questione e' infondata, non essendo esatto il presupposto interpretativo posto a base del dubbio di legittimità costituzionale.

L'art. 34, comma 1, cod. proc. pen., nello stabilire che il giudice che ha pronunciato o concorso a pronunciare una sentenza non può "partecipare al giudizio di rinvio dopo l'annullamento", non distingue l'annullamento della sentenza ed il rinvio disposti dalla Corte di cassazione dall'annullamento e dal rinvio disposti da una corte d'appello.

Nella prospettiva del giudice chiamato a giudicare, la regola dell'incompatibilità, secondo il significato proprio delle parole che la esprimono, si riferisce ad ogni caso di giudizio di rinvio a seguito di annullamento della sentenza, e ciò in corrispondenza con la finalità del regime delle incompatibilità, che specificamente esclude che lo stesso giudice possa pronunciarsi più volte nel merito dello stesso giudizio.

Questa interpretazione, letterale e logica, dell'art. 34, comma 1, cod. proc. pen. non e' contraddetta dalla disciplina della trasmissione degli atti al giudice di primo grado da parte del giudice di appello che dichiara la nullità della sentenza impugnata (art. 604, comma 4, cod. proc. pen.). Il rinvio degli atti al giudice che procedeva quando si e' verificata la nullità non esclude che, così individuato l'ufficio giudiziario competente per l'ulteriore corso del procedimento, valgano poi, quanto alla partecipazione al giudizio, le regole proprie dell'incompatibilità, che riguardano non l'ufficio chiamato a giudicare ma la persona che, nel singolo caso, e' investita delle relative funzioni, perche' in concreto sia garantita l'imparzialità del giudizio.

Anche se questa interpretazione fosse solo una delle diverse consentite dalle disposizioni denunciate, essa dovrebbe comunque essere preferita, in rispondenza ai principi costituzionali richiamati dall'ordinanza di rinvio.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 34, comma 1, e dell'art. 604, comma 4, del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24, secondo comma, della Costituzione, dal Tribunale militare di Cagliari con l'ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24/11/97.

Renato GRANATA, Presidente

Cesare MIRABELLI, Relatore

Depositata in cancelleria il 28/11/97.