Sentenza n. 354/97

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SENTENZA N.354

 

ANNO 1997

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Dott.   Renato GRANATA, Presidente

- Prof.    Giuliano VASSALLI

- Prof.    Francesco GUIZZI   

- Prof.    Cesare MIRABELLI

- Prof.    Fernando SANTOSUOSSO 

- Avv.    Massimo VARI         

- Dott.   Cesare RUPERTO    

- Dott.   Riccardo CHIEPPA  

- Prof.    Gustavo ZAGREBELSKY  

- Prof.    Valerio ONIDA        

- Prof.    Carlo MEZZANOTTE         

- Prof.    Guido NEPPI MODONA    

- Prof.    Piero Alberto CAPOTOSTI 

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 16 del decreto legislativo 19 settembre, n. 626 (Attuazione delle direttive 89/391/CEE, 89/654/CEE, 89/655/CEE, 89/656/CEE, 90/269/CEE, 90/270/CEE, 90/394/CEE e 90/979/CEE riguardanti il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori sul luogo di lavoro), promosso con ordinanza emessa il 19 giugno 1996 dal Pretore di Biella sul ricorso proposto da Fanara Grazia contro Eurofili Filature Pettinate s.r.l. iscritta al n. 914 del registro ordinanze 1996 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 39, prima serie speciale, dell’anno 1996.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 2 luglio 1997 il Giudice relatore Fernando Santosuosso.

Ritenuto in fatto

 

1.— Nel corso di un giudizio promosso da una lavoratrice nei confronti della Eurofili Filature Pettinata s.r.l., avente ad oggetto la richiesta di dare immediata attuazione all’atto di avviamento obbligatorio al lavoro ai sensi della legge n. 482 del 1968, il Pretore di Biella, con ordinanza emessa in data 19 giugno 1996, ha sollevato, in riferimento agli artt. 35 e 38 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 16 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, (Attuazione delle direttive 89/391/CEE, 89/654/CEE, 89/655/CEE, 89/656/CEE, 90/269/CEE, 90/270/CEE, 90/394/CEE e 90/979/CEE riguardanti il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori sul luogo di lavoro).

Rileva in fatto il giudice a quo che la lavoratrice, avviata obbligatoriamente al lavoro, era stata sottoposta a visita preventiva effettuata dal medico di fabbrica (art. 16 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626), il quale accertava la sua inidoneità alle mansioni affidatele; successivamente, il datore di lavoro additava il Collegio medico di cui all’art. 20 della legge n. 482 del 1968, (in materia di assunzioni obbligatorie), che invece concludeva per la sua idoneità; la lavoratrice richiedeva pertanto al datore di lavoro la corresponsione della mancata retribuzione dalla data in cui era stato disposto l’atto di avviamento obbligatorio al lavoro a quella della effettiva assunzione avvenuta dopo qualche mese.

Ciò premesso, il giudice rimettente lamenta che l’accertamento previsto dalla norma impugnata, volto a constatare l’assenza di controindicazioni al lavoro ai fini della valutazione della idoneità del lavoratore alla mansione specifica, verrebbe di fatto a vanificare, come é avvenuto nel caso di specie, l’atto di avviamento obbligatorio, così determinando la violazione degli artt. 35 e 38 della Costituzione. Ha osservato infatti il rimettente che il giudizio espresso dal medico di fabbrica e quello del Collegio medico di cui alla legge sulle assunzioni obbligatorie non sono tra loro omogenei, vertendo il primo sul profilo strettamente sanitario della compatibilità rispetto alle mansioni specifiche, il secondo soprattutto su quello amministrativo della compatibilità con la salute dei compagni di lavoro e la sicurezza degli impianti.

Da ciò deriverebbe che l’impugnato art. 16 del d.lgs. n. 626 del 1994, laddove prevede che il medico di fabbrica debba svolgere accertamenti preventivi anche sui lavoratori invalidi avviati obbligatoriamente al lavoro con un giudizio non compatibile con quello stabilito dalla legge n. 482 del 1968, si pone in contrasto con gli artt. 35 e 38 della Costituzione, in quanto l’atto di avviamento obbligatorio al lavoro sarebbe posto nel nulla. Il giudice a quo ha ritenuto inoltre che "quantomeno" sembrerebbe profilarsi una violazione degli stessi parametri costituzionali sotto il profilo del mancato raccordo tra le due normative per non avere la norma impugnata previsto, che, in caso di lavoratore invalido e avviato obbligatoriamente, sia mantenuta ferma la competenza del Collegio medico di cui alla legge n. 482 del 1968 in luogo di quella del medico di fabbrica.

2.— Nel giudizio davanti alla Corte costituzionale é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso per l’inammissibilità o per l’infondatezza della questione.

In prossimità della camera di consiglio l’Avvocatura dello Stato ha presentato memoria insistendo per la declaratoria di inammissibilità della questione. Ha in particolare osservato la difesa erariale che la disposizione denunciata é norma di carattere generale emanata in attuazione di alcune direttive CEE riguardanti il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori sul luogo di lavoro; da ciò consegue, rileva l’Avvocatura, che tale disposizione riguarda tutti i lavoratori, con l’eccezione del lavoratore invalido per il quale vigono le speciali norme di cui alla legge n. 482 del 1968 che impone l’assunzione obbligatoria degli invalidi, stabilendone le varie modalità.

Considerato in diritto

 

1.— Il Pretore di Biella dubita della legittimità costituzionale dell’art. 16 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, (Attuazione delle direttive 89/391/CEE, 89/654/CEE, 89/655/CEE, 89/656/CEE, 90/269/CEE, 90/270/CEE, 90/394/CEE e 90/979/CEE riguardanti il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori sul luogo di lavoro) nella parte in cui prevede che il medico di fabbrica debba svolgere accertamenti preventivi anche sui lavoratori invalidi avviati obbligatoriamente al lavoro, con un giudizio non compatibile con quello stabilito dalla legge n. 482 del 1968. Ad avviso del giudice a quo la norma contrasterebbe con gli artt. 35 e 38 della Costituzione, in quanto la valutazione negativa del predetto medico porrebbe nel nulla l’atto di avviamento obbligatorio al lavoro e svuoterebbe la competenza del collegio medico specificamente prevista (art. 20 della denunziata legge del 1968) per l’assunzione dei lavoratori invalidi. La disposizione, inoltre, violerebbe gli stessi parametri costituzionali "quantomeno" sotto il profilo del mancato raccordo tra le due normative per non essere stato previsto nell’impugnato art. 16 che, in caso di lavoratore invalido e avviato obbligatoriamente, sia mantenuta ferma la competenza del collegio medico di cui alla legge n. 482 del 1968.

Per queste considerazioni, pertanto, il giudice rimettente chiede alla Corte una pronuncia additiva volta ad espungere dall’ordinamento la disposizione nella parte in cui prevede che la stessa debba trovare applicazione anche nei riguardi dei lavoratori invalidi avviati obbligatoriamente al lavoro.

2.— La questione non é fondata.

In proposito occorre anzitutto ribadire che "le leggi non si dichiarano costituzionalmente illegittime perchè é possibile darne interpretazioni incostituzionali, ma perchè é impossibile darne interpretazioni costituzionali" (sent. n. 356 del 1996); e che il giudice rimettente, a fronte di più interpretazioni della norma della cui legittimità si dubita, é tenuto a seguire quella conforme ai parametri costituzionali altrimenti vulnerati. Nel caso di specie, invero, diversamente da quanto ritenuto dal giudice a quo, esiste la possibilità - sulla base di una corretta interpretazione delle norme vigenti - di salvaguardare gli effetti ritenuti essenziali dal giudice rimettente, quelli cioé di non far venire meno l’assunzione obbligatoria e di tener ferma la specifica competenza del predetto collegio medico.

Va, infatti, osservato che le leggi in esame (n. 482 del 1968 e n. 626 del 1994) sono tra loro compatibili avendo diversi ambiti soggettivi e oggettivi; e, pur potendo porsi un problema di coordinamento della disposizione censurata limitatamente alla parte in cui le due discipline sembrano sovrapporsi (l’art. 16 del d.lgs. 626 del 1994, nell’affidare al medico competente la valutazione dell’idoneità di ogni lavoratore alle specifiche mansioni assegnate, con il terzo comma dell’art. 20, della legge n. 482 del 1968, che assegna al collegio medico l’accertamento sanitario delle condizioni dell’invalido), anche sotto tale più specifico profilo le due disposizioni possono in realtà coesistere. Infatti queste operano in tempi successivi, nel senso che dopo l’eventuale valutazione di inidoneità da parte del medico competente per la sorveglianza sanitaria, l’invalido può, con ricorso, domandare l’accertamento sanitario del collegio medico ai sensi dell’art. 20 della legge sulle assunzioni obbligatorie in considerazione del carattere speciale di tale normativa.

Ove poi, come nel caso di specie, tale accertamento sia favorevole all’invalido, smentendo quindi la valutazione del medico addetto alla sorveglianza sanitaria, si pone la diversa questione dell’applicabilità, o meno, della disposizione contenuta nel quarto comma del cit. art. 20, secondo cui il datore di lavoro é tenuto a corrispondere all’invalido le retribuzioni perdute. Si tratta però di un problema la cui soluzione é rimessa all’interpretazione del giudice ordinario senza che tocchi il livello di questione di legittimità costituzionale, essendo fatto salvo in ogni caso il diritto dell’invalido - non impedito dall’eventuale valutazione di inidoneità da parte del medico competente per la sorveglianza sanitaria - di domandare al collegio medico la verifica, mediante accertamento sanitario, della sua idoneità all’assunzione.

Ne consegue, pertanto, che il giudice rimettente, - a fronte della coesistenza di due valutazioni (l’una resa dal medico di fabbrica di cui alla disposizione impugnata e l’altra dal collegio medico provinciale), - proprio al fine di non vanificare l’atto di avviamento obbligatorio al lavoro, costituzionalmente tutelato dagli artt. 35 e 38 della Costituzione, ben avrebbe potuto attribuire prevalenza al parere del collegio medico e, anzichè sollevare l’incidente di costituzionalità, riconoscere sussistente l’obbligo di assunzione dell’invalido, con gli effetti discendenti dall’interpretazione della citata legge n. 482 del 1968.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 16 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, (Attuazione delle direttive 89/391/CEE, 89/654/CEE, 89/655/CEE, 89/656/CEE, 90/269/CEE, 90/270/CEE, 90/394/CEE e 90/979/CEE riguardanti il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori sul luogo di lavoro) sollevata, in riferimento agli artt. 35 e 38 della Costituzione, con l’ordinanza di cui in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte Costituzionale, Palazzo della Consulta, il 13 novembre 1997.

Presidente: Renato GRANATA

Redattore: Fernando SANTOSUOSSO

Depositata in cancelleria il 21 novembre 1997.