ORDINANZA N.255
ANNO 1997
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Dott. Renato GRANATA, Presidente
- Prof. Giuliano VASSALLI
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Cesare MIRABELLI
- Prof. Fernando SANTOSUOSSO
- Avv. Massimo VARI
- Dott. Cesare RUPERTO
- Dott. Riccardo CHIEPPA
- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY
- Prof. Valerio ONIDA
- Prof. Carlo MEZZANOTTE
- Prof. Guido NEPPI MODONA
- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 4, comma 3, della legge 23 dicembre 1994, n. 724 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica), promossi con n. 8 ordinanze emesse il 29 febbraio 1996 dal Tar per la Puglia, sezione staccata di Lecce, rispettivamente iscritte ai nn. 849, 850, 851, 852, 853, 854, 855 e 856 del registro ordinanze 1996 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 37, prima serie speciale dell'anno 1996.
Visto l'atto di intervento della CIMO-ASMD - Coordinamento Italiano Medici Ospedalieri - Associazione Sindacale Medici Dirigenti, nonchè gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;
udito nella camera di consiglio del 21 maggio 1997 il Giudice relatore Piero Alberto Capotosti.
Ritenuto che il Tribunale amministrativo Regionale per la Puglia, sezione staccata di Lecce, é stato adito da medici dipendenti da unità sanitarie locali ed altri enti pubblici ospedalieri per l'accertamento del diritto a una retribuzione non decurtata a termini dell'art. 4, comma 3, della legge 23 dicembre 1994, n. 724, il quale stabilisce che la corresponsione dell'indennità di tempo pieno é sospesa, limitatamente al 15 per cento del suo importo, per il personale dipendente che esercita l'attività libero-professionale all'esterno delle strutture sanitarie pubbliche;
che, nella fase cautelare del giudizio, il Tribunale ha dubitato della legittimità costituzionale della norma impositiva della diminuzione patrimoniale e, riservandosi l'adozione del provvedimento interinale, ha ritenuto rilevante già a tal fine, ancor prima che per la decisione di merito, la questione;
che, quindi, con otto ordinanze distinte ma di contenuto sostanzialmente identico, emesse il 29 febbraio 1996, ha sollevato questione incidentale di legittimità costituzionale dell'art. 4, comma 3, della legge 23 dicembre 1994, n. 724 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica), in riferimento agli artt. 3 e 36 della Costituzione;
che, secondo il giudice a quo, la norma denunciata viola l'art. 3 della Costituzione, in quanto introduce una ingiustificata disparità di trattamento all'interno degli stessi medici ospedalieri in regime di tempo pieno, nonostante rimanga identica la prestazione lavorativa da essi resa nei confronti della struttura pubblica e non incisa dallo svolgimento di attività libero-professionale fuori dell' orario di lavoro;
che vulnerato sarebbe ancora il principio di cui all'art. 3 della Costituzione, essendo riservato un trattamento economico deteriore ai medici dipendenti a tempo pieno ma svolgenti extra moenia prestazioni libero-professionali, dato che si attribuisce rilievo negativo alla scelta di svolgere queste ultime fuori della struttura di appartenenza, anziché al suo interno, anche quando indotta da circostanze non risalenti alla volontà del singolo, quali il mancato apprestamento intra moenia degli ambienti e delle dotazioni necessari;
che indebitamente leso dalla norma impugnata risulterebbe anche l'art. 36 della Costituzione, poiché l'attribuzione dell'indennità di tempo pieno decurtata del 15 per cento darebbe luogo a una retribuzione non più proporzionata alla quantità e qualità del lavoro prestato;
che le parti principali non si sono costituite nel giudizio dinanzi a questa Corte;
che é intervenuto, invece, il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo il rigetto della questione sull'assunto che la prevista decurtazione non infrange i limiti costituzionali invocati dal rimettente, bensì al contrario ristabilisce tanto la proporzione fra prestazione lavorativa e retribuzione, quanto una condizione di eguaglianza fra il personale medico praticante attività libero-professionale extra moenia e il personale medico che questa ulteriore attività non svolge affatto o svolge all'interno dell'istituto di appartenenza.
Considerato che i diversi giudizi prospettano la risoluzione della stessa questione e, pertanto, possono essere riuniti;
che, successivamente alla proposizione della questione di legittimità costituzionale, é entrata in vigore la legge 23 dicembre 1996, n. 662 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica), la quale all'art. 1, commi 7-15, contiene una rinnovata disciplina giuridica ed economica della libera professione praticata dai medici del Servizio sanitario nazionale, ed é stato altresì emanato il decreto-legge 20 giugno 1997, n.175 che detta "Disposizioni urgenti in materia di attività libero-professionale della dirigenza del Servizio sanitario nazionale";
che sono stati pure emanati i decreti del Ministro della sanità 28 febbraio 1997 (in Gazzetta ufficiale, serie generale, dell'8 marzo 1997, n. 56) recante "Attività libero-professionale e incompatibilità del personale della dirigenza sanitaria del Servizio sanitario nazionale" - peraltro sospeso in sede cautelare dal giudice amministrativo - e 11 giugno 1997 (in Gazzetta ufficiale, serie generale, del 18 giugno 1997, n. 140) in tema di "Fissazione dei termini per l'attivazione dell'attività libero-professionale intramuraria", atti, questi, privi di forza di legge ma rilevanti per l'adozione del presente provvedimento (cfr. ordinanza 22 giugno 1994, n. 273);
che, ancora nelle more del presente giudizio, é stato sottoscritto, in data 5 dicembre 1996, il contratto collettivo nazionale di lavoro per l'area della dirigenza medica e veterinaria del comparto "sanità", relativo al quadriennio di parte normativa 1994-1997 ed al biennio di parte economica 1994-1995 (in Supplemento ordinario alla Gazzetta ufficiale, serie generale, del 30 dicembre 1996, n.304);
che i suddetti atti legislativi, amministrativi e negoziali sono suscettibili di alterare il precedente assetto della materia de qua e, quindi, il quadro complessivo nel quale si inscrivono i profili delle questioni di legittimità costituzionale sollevate dal giudice di merito;
che il mutamento del contesto normativo di riferimento impone un nuovo esame, da parte del medesimo rimettente, dei termini della deferita questione di legittimità costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
ordina la restituzione degli atti al Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sezione staccata di Lecce.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 18 luglio 1997.
Presidente: Renato GRANATA
Redattore: Piero Alberto CAPOTOSTI
Depositata in cancelleria il 18 luglio 1997.