SENTENZA N.239
ANNO 1997
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Dott. Renato GRANATA, Presidente
- Prof. Giuliano VASSALLI
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Cesare MIRABELLI
- Prof. Fernando SANTOSUOSSO
- Avv. Massimo VARI
- Dott. Cesare RUPERTO
- Dott. Riccardo CHIEPPA
- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY
- Prof. Valerio ONIDA
- Prof. Guido NEPPI MODONA
- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 17 della legge 3 gennaio 1981, n. 6 (Norme in materia di previdenza per gli ingegneri e gli architetti) e dell'art. 54 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito), promosso con ordinanza emessa il 13 dicembre 1995 dal Pretore di Acireale nella causa di opposizione all'esecuzione promossa da Vincenza Patrizia Capuana contro la Cassa nazionale di previdenza e assistenza Ingegneri ed Architetti ed altra iscritta al n. 321 del registro ordinanze 1996 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 16 prima serie speciale, dell'anno 1996.
Udito nella camera di consiglio del 9 aprile 1997 il Giudice relatore Piero Alberto Capotosti.
Ritenuto in fatto
1. -- Con ordinanza del 13 febbraio 1995, il Pretore di Acireale, cui aveva fatto ricorso l'architetto Vincenza Patrizia Capuana in opposizione all'esecuzione mobiliare già iniziata dal gestore del locale servizio di esattoria per il mancato versamento di alcuni contributi dal professionista dovuti alla Cassa nazionale di previdenza obbligatoria, ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt. 17 della legge 3 gennaio 1981, n. 6 (Norme in materia di previdenza per gli ingegneri e gli architetti) e 54 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito).
Il giudice a quo sostiene che il rinvio operato dal primo dei due articoli alle "norme previste per la riscossione delle imposte dirette" determini, nella procedura satisfattiva della pretesa previdenziale, violazione degli artt. 3 e 24 della Costituzione, poichè rende inapplicabili le opposizioni tipiche del processo esecutivo, nonchè la relativa sospensione, rimedi esclusi dalle <disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito>, recepite col richiamo, tra gli altri, all' art. 54 del d.P.R. 29 settembre 1973, n.602.
2. -- La ricorrente, dopo l'avvenuto pignoramento dei beni e prima della loro vendita, aveva domandato al giudice di dichiare l'inesistenza del credito vantato dall' istituto e, medio tempore, di sospendere l'esecuzione.
Convenuti in giudizio l'asserito titolare del credito e il promotore dell' azione esecutiva, questi eccepivano l'inammissibilità dell'opposizione intentata, stante il divieto ex art.54 del d.P.R. n.602 del 1973 di aprire, durante l'esecuzione cosiddetta esattoriale, quelle parentesi di vera e propria cognizione rappresentate dalle previsioni di cui agli artt. da 615 a 618 del codice di procedura civile.
Tuttavia, solo successivamente al rigetto dell'istanza volta a sospendere il processo esecutivo, ritenuta l'assenza dei gravi motivi richiesti dall'art. 624 cod. proc. civ. per l'adozione del provvedimento, il Pretore investiva questa Corte del dubbio di legittimità costituzionale della normativa che era chiamato ad applicare, onde decidere della dedotta pregiudiziale di rito.
3. -- Osserva il rimettente come l' art. 17 della legge n. 6 del 1981, nel rinviare alla possibilità di "porre in riscossione [i contributi insoluti e in genere le somme e gli interessi] secondo le norme previste per la riscossione delle imposte dirette", conferisca alla Cassa nazionale di previdenza degli ingegneri e architetti il godimento delle stesse immunità dalla giurisdizione ordinaria enunciate, in favore dell'erario, dall'art.54 del d.P.R. n.602 del 1973.
Sospetta, però, che la disciplina della riscossione dei contributi esigibili dall' istituto di previdenza, dei quali esclude l'assimilazione sostanziale ai crediti tributari, ma ai quali viceversa la legge riserva identiche prerogative, contrasti con i principi costituzionali di eguaglianza e di tutela giurisdizionale.
Quanto al primo, perchè sarebbero parificate irragionevolmente situazioni diverse con l'estensione del privilegio della riscossione mediante ruoli -finalizzato alla regolarità delle entrate finanziarie dello Stato- a prelievi di cui beneficiano enti privi delle caratteristiche funzionali dell' amministrazione statale.
Quanto al secondo, perchè sarebbe compressa la effettiva tutela giurisdizionale del diritto all'integrità patrimoniale del privato con la sottrazione delle opposizioni offertegli dal diritto comune nonchè della connessa occasione di ottenere dal giudice ordinario la sospensione dell' espropriazione denunciata come ingiusta.
Il giudice a quo domanda, in conclusione, che la Corte costituzionale dichiari l'illegittimità della norme impugnate facendo così cadere l'attuale divieto di opposizione all'esecuzione e di sospensione di questa da parte dell'autorità giudiziaria ordinaria in relazione a tutti i casi di riscossione coattiva di somme non tributarie, per i quali, come nella fattispecie concreta, la inesistenza del debito non é altrimenti possibile far valere in sede giurisdizionale.
4. -- Non vi é stata costituzione delle parti principali, nè é stato spiegato intervento dal Presidente del Consiglio dei ministri.
Considerato in diritto
1. -- La questione di legittimità costituzionale sollevata concerne l'art. 17 della legge 3 gennaio 1981, n. 6 e l'art. 54 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, nella parte in cui, attraverso il rinvio alle "norme previste per la riscossione delle imposte dirette", determinerebbero l'inapplicabilità, anche alle procedure di riscossione dei particolari contributi previdenziali, dell'opposizione all'esecuzione, interdetta al debitore, nell'ambito delle "disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito", appunto dall'art. 54 del d.P.R. 29 settembre 1973, n.602. Questa disciplina, infatti, violerebbe, secondo il giudice a quo, il principio di eguaglianza, poichè estende un privilegio, originariamente concepito a garanzia dei flussi fiscali dello Stato, a un sistema di prelievo funzionalmente diverso e in favore di soggetti che non presentano le medesime caratteristiche della pubblica amministrazione. La stessa disciplina, inoltre, violerebbe anche il principio di effettività della tutela giurisdizionale dei diritti, poichè, non consentendo, nelle forme dell'opposizione all'esecuzione, l'azione di accertamento dell'inesistenza della relativa obbligazione pecuniaria, "gli ingegneri e gli architetti resterebbero -secondo l'ordinanza di rinvio- inammissibilmente privi di tutela giurisdizionale, non potendo evitare che la Cassa metta in riscossione i contributi mediante ruolo esattoriale", essendo anche inibito agli stessi di adire l'autorità giudiziaria ordinaria per la sospensione dell'esecuzione.
2. -- In via preliminare, questa Corte deve meglio precisare il thema decidendum prospettato dall'ordinanza di rinvio. A questo riguardo, innanzi tutto va escluso dall'area della rilevanza della presente questione di costituzionalità il profilo attinente alle norme che disciplinano la sospensione dell'esecuzione, poichè risulta chiaramente dall'ordinanza di rinvio (oltre che dagli atti di causa) che il giudice a quo ha già rigettato, per insussistenza di gravi motivi, la proposta istanza di sospensione.
La Corte rileva altresì che l'ordinanza di rinvio solleva cumulativamente la questione di costituzionalità sia in riferimento all'art. 17 della legge 3 gennaio 1981, n.6, sia in riferimento all'art. 54 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602. Le due norme, invece, vanno ordinate secondo un criterio di applicazione logico e temporale, che comporta la priorità della quaestio relativa alla norma del citato art. 17, il cui accoglimento, oltre tutto, renderebbe necessariamente irrilevante la questione relativa all'art. 54 predetto. E' infatti evidente che il dubbio di costituzionalità si incentra sulla norma di rinvio piuttosto che su quella oggetto del rinvio, proprio perchè é questa tecnica a determinare l'applicabilità di una disciplina al di fuori della materia e delle garanzie tipiche di essa.
3. -- Ciò premesso in tema di rilevanza, nel merito la questione di costituzionalità é fondata sotto entrambi i profili denunciati.
Va ricordato che la legge 4 marzo 1958, n. 179, istitutiva della Cassa previdenziale in questione, già prevedeva, all'art. 23, la possibilità di esigere i contributi obbligatori "con le forme e la procedura stabilite per la riscossione delle imposte dirette". Tale formula é rimasta sostanzialmente immutata nel comma sesto dell'art. 17 della legge 3 gennaio 1981, n. 6, che stabilisce che la Cassa può riscuotere i contributi predetti "a mezzo di ruoli da essa compilati, resi esecutivi dall'intendenza di finanza competente e da porre in riscossione secondo le norme previste per la riscossione delle imposte dirette". Si é continuato, cioé, ad adottare, anche in questa disposizione legislativa, attraverso la tecnica del rinvio alle norme sulla riscossione delle imposte dirette, una procedura di riscossione coattiva mediante ruoli esattoriali, la quale appare, per entrate non tributarie, come sono appunto quelle di natura previdenziale in oggetto, tanto più discriminatoria ed anacronistica, quanto più si consideri che il suo fondamento teorico é basato, secondo la giurisprudenza prevalente, non tanto sul principio dell'autotutela, quanto su quello dell'imperatività dell'atto iniziale della procedura stessa.
Questa Corte in proposito ha già censurato, nella sentenza n. 318 del 1995, "il discriminatorio regime al quale risulta assoggettata la riscossione delle entrate di natura non tributaria quando l'utente avanzi contestazioni circa la esistenza o l'entità del credito, atte a legittimare un'azione di accertamento negativo", peraltro esperibile, ai sensi dell'art. 54 del d.P.R. n. 602 del 1973, solo "dopo il compimento dell'esecuzione stessa". Ma l'inapplicabilità dell'opposizione di cui all'art. 615 del codice di procedura civile alla riscossione esattoriale di entrate non tributarie tanto più denota l'arbitrarietà della scelta legislativa di questo sistema privilegiato di riscossione, quanto più si consideri il contrasto con la stessa disciplina positiva delle entrate tributarie, in base alla quale, in caso di contestazione giudiziaria, "la riscossione coattiva delle imposte avviene in maniera graduale in relazione all'andamento del processo, sicchè la esecutorietà risulta ope legis graduata con riferimento alla probabilità di fondamento della pretesa tributaria rilevabile in base alle decisioni che intervengono nei vari gradi di giudizio" (sentenza n. 318 del 1995).
La carenza di "graduazione" dell'esecutività, nella disciplina legislativa in esame, quindi non solo appare discriminatoria ed irragionevole, in quanto impone al debitore un sacrificio assolutamente sproporzionato rispetto alle finalità ed alla natura dell'ente creditore, ma comporta altresì, anche in considerazione di taluni effetti di "irreversibilità" tipici del processo esecutivo, una inammissibile limitazione della tutela alla proponibilità di sole iniziative risarcitorie. Queste, infatti, possono corrispondere alla specificità ed all'intensità della tutela giurisdizionale dei diritti, postulata dall'art. 24 della Costituzione, solo se inserite in un più ampio quadro di garanzie, quale appunto si delinea, come già rilevato, per le stesse entrate tributarie.
4. -- Nel complessivo assetto della materia in esame, sono pertanto carenti idonei strumenti di difesa giurisdizionale del debitore, nei cui confronti si procede a riscossione coattiva, cosicchè é evidente la violazione anche del principio di cui all'art. 24 della Costituzione. Va, quindi, dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'art. 17 della legge n. 6 del 1981, nella parte in cui, al fine di regolare le modalità di riscossione dei contributi previdenziali in oggetto, rinvia anche alle norme dell'art.54 del d.P.R. n. 602 del 1973, escludendo così che, quando contesta il diritto di procedere ad esecuzione forzata, il debitore della prestazione patrimoniale possa proporre opposizione all'autorità giudiziaria ordinaria.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art.17 della legge 3 gennaio 1981, n. 6 (Norme in materia di previdenza per gli ingegneri e gli architetti), nella parte in cui, rinviando alle norme previste per la riscossione delle imposte dirette, impedisce al debitore -nell'ipotesi in cui contesti l'esistenza o l'entità del credito- di proporre opposizione all'esecuzione dinanzi all'autorità giudiziaria ordinaria.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 18 luglio 1997.
Presidente: Renato GRANATA
Redattore: Piero Alberto CAPOTOSTI
Depositata in cancelleria il 18 luglio 1997.