Ordinanza n. 224

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ORDINANZA N. 224

ANNO 1997

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Dott. Renato GRANATA, Presidente

- Prof. Giuliano VASSALLI

- Prof. Francesco GUIZZI

- Prof. Cesare MIRABELLI

- Prof. Fernando SANTOSUOSSO

- Avv. Massimo VARI

- Dott. Cesare RUPERTO

- Dott. Riccardo CHIEPPA

- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY

- Prof. Valerio ONIDA

- Prof. Carlo MEZZANOTTE  

- Avv. Fernanda CONTRI

- Prof. Guido NEPPI MODONA  

- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI  

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 222 del codice penale militare di pace in relazione all'art. 260, secondo comma, dello stesso codice, promosso con ordinanza emessa il 9 maggio 1996 dal Tribunale militare di Padova nel procedimento penale a carico di Policella Daniel, iscritta al n. 1356 del registro ordinanze 1996 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 3, prima serie speciale, dell'anno 1997.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 18 giugno 1997 il Giudice relatore Cesare Ruperto.

Ritenuto che nel corso di un procedimento penale a carico di Policella Daniel, imputato del reato di percosse nei confronti di un commilitone (costituitosi parte civile), il Tribunale militare di Padova, con ordinanza emessa il 9 maggio 1996, ha sollevato -- in riferimento agli artt. 2, 3, 24, primo comma, e 52, ultimo comma, della Costituzione -- questione di legittimità costituzionale dell'art. 222 del codice penale militare di pace in relazione all'art. 260, secondo comma, dello stesso codice;

che, a giudizio del rimettente, tale norma -- nella parte in cui prevede che i reati per i quali la legge stabilisce la pena della reclusione militare non superiore nel massimo a sei mesi sono puniti a richiesta del comandante di corpo -- violerebbe: a) l'art. 2 della Costituzione, determinando una "confisca" della tutela in sede penale della persona militare in favore di un non meglio precisabile "interesse pubblico militare", anche nell'ipotesi in cui il fatto sia grave e non possa perciò dirsi prevalente l'offesa all'interesse militare, non essendo "sufficiente ad esaurire i diritti del singolo" il riconoscimento a favore della persona offesa di un'azione civile; b) l'art. 3 della Costituzione, poichè l'"espropriazione" del diritto di tutela del cittadino militare in sede penale porrebbe quest'ultimo in situazione di ingiustificata disparità rispetto al cittadino civile; c) l'art. 24, primo comma, della Costituzione, in quanto -- pregiudicata la possibilità di costituirsi parte civile nel processo militare -- il militare offeso dovrebbe subire la maggiore lungaggine dell'esercizio dell'azione civile; d) l'art. 52, ultimo comma, della Costituzione, poichè non é da reputarsi necessaria -- per l'assolvimento dei compiti propri delle Forze Armate -- l'attribuzione al solo comandante di corpo della facoltà di decidere se richiedere o meno la perseguibilità dei fatti in sede penale, potendosi configurare una identica facoltà concorrente del militare;

che é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato, concludendo per l'inammissibilità o comunque per l'infondatezza della questione.

Considerato che, ripetutamente sottoposta al vaglio di questa Corte, la questione di costituzionalità della disciplina di cui al secondo comma dell'art. 260 del codice penale militare di pace é stata dichiarata non fondata o manifestamente infondata;

che, da ultimo, identica questione -- riguardante la previsione della punibilità a richiesta del comandante di corpo dei reati per i quali la legge stabilisce la pena della reclusione militare non superiore nel massimo a sei mesi --, sollevata dal medesimo Tribunale militare di Padova in riferimento agli stessi parametri in questa sede evocati, é stata dichiarata manifestamente infondata con ordinanza n. 396 del 1996;

che il rimettente non offre ulteriori diversi motivi a sostegno della questione, la quale dunque risulta manifestamente infondata.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 222 del codice penale militare di pace in relazione all'art. 260, secondo comma, dello stesso codice, sollevata, in riferimento agli artt. 2, 3, 24, primo comma, e 52, ultimo comma, della Costituzione, dal Tribunale militare di Padova, con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19 giugno 1997.

Presidente: Renato GRANATA

Redattore: Cesare RUPERTO

Depositata in segreteria il 3 luglio 1997.