Ordinanza n. 209

 CONSULTA ONLINE 

ORDINANZA N.209

ANNO 1997

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Dott. Renato  GRANATA, Presidente

- Prof. Giuliano VASSALLI

- Prof. Francesco GUIZZI       

- Prof. Cesare MIRABELLI

- Prof. Fernando SANTOSUOSSO

- Avv. Massimo VARI

- Dott. Cesare RUPERTO

- Dott. Riccardo CHIEPPA   

- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY

- Prof. Valerio ONIDA

- Avv. Fernanda CONTRI

- Prof. Guido NEPPI MODONA

- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 12-sexies della legge 1° dicembre 1970, n. 898 (Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio) -- aggiunto dall'art. 21 della legge 6 marzo 1987, n. 74 (Nuove norme sulla disciplina dei casi di scioglimento di matrimonio) --, promosso con ordinanza emessa il 18 giugno 1996 dal Pretore di Forlì nel procedimento penale a carico di Milena Crescenti, iscritta al n. 918 del registro ordinanze 1996 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 39, prima serie speciale, dell'anno 1996.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 23 aprile 1997 il Giudice relatore Cesare Mirabelli.

Ritenuto che con ordinanza emessa il 18 giugno 1996 nel corso di un procedimento penale promosso nei confronti di un genitore divorziato che si era sottratto all'obbligo di corrispondere l'assegno dovuto per il mantenimento del figlio divenuto maggiorenne, il Pretore di Forlì ha sollevato, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 12-sexies della legge 1° dicembre 1970, n. 898 (Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio) -- aggiunto dall'art. 21 della legge 6 marzo 1987, n. 74 (Nuove norme sulla disciplina dei casi di scioglimento di matrimonio) -- nella parte in cui, disponendo che al coniuge che si sottrae all'obbligo di corrispondere l'assegno fissato con la sentenza che pronuncia lo scioglimento del matrimonio si applicano le pene stabilite dall'art. 570 cod. pen., non prevede che il reato sia punibile a querela della persona offesa;

che il giudice rimettente denuncia la disparità di trattamento rispetto alla disciplina dettata per l'ipotesi, considerata analoga, di violazione degli obblighi di assistenza familiare, per la quale l'azione penale sarebbe procedibile solo a querela (art. 570 cod. pen.);

che dalla soluzione del dubbio di legittimità costituzionale dipenderebbe la decisione del giudizio principale giacchè, se la questione fosse accolta, l'azione penale dovrebbe essere dichiarata improcedibile, non avendo il figlio maggiorenne, persona offesa dal reato, proposto querela;

che é intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che, richiamando la giurisprudenza costituzionale (sentenza n. 325 del 1995), ha chiesto che la questione sia dichiarata inammissibile o manifestamente infondata.

Considerato che la questione di legittimità costituzionale é diretta ad assimilare, quanto alla procedibilità a querela della persona offesa, il reato commesso dal genitore che si sottrae all'obbligo di corrispondere l'assegno dovuto per il mantenimento dei figli dopo lo scioglimento del matrimonio (art. 12-sexies della legge n. 898 del 1970, aggiunto dall'art. 21 della legge n. 74 del 1987) al reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare (art. 570 cod. pen.), venendo denunciata la lesione della parità di trattamento (art. 3 Cost.) che deriverebbe dalla procedibilità a querela soltanto nel secondo caso e non anche nel primo;

che analoga questione, prospettata in considerazione della posizione dei figli di genitori divorziati rispetto a quella dei figli di genitori conviventi o separati, é stata esaminata dalla Corte, che l'ha dichiarata inammissibile (sentenza n. 325 del 1995), giacchè, pur essendo comune il fondamento delle prestazioni inerenti al mantenimento dei figli da parte dei genitori, quale espressione di un dovere che può atteggiarsi con modalità diverse in caso di convivenza, separazione o divorzio dei coniugi, tuttavia le segnalate disarmonie nel disegno normativo possono essere superate solo dal legislatore secondo una ponderazione dei diversi interessi;

che, difatti, l'intervento richiesto alla Corte non renderebbe omogenee le discipline poste a raffronto -- la cui diversità, nel caso di figli maggiorenni, potrebbe riguardare anche la configurabilità o meno del reato nel contesto della violazione degli obblighi di assistenza familiare -- ma toccherebbe solo l'aspetto della procedibilità, esaurendosi esclusivamente in uno degli elementi che diversificano le situazioni considerate;

che il giudice rimettente non aggiunge argomenti nuovi o diversi rispetto a quelli a suo tempo esaminati, per cui la questione va dichiarata manifestamente inammissibile.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 12-sexies della legge 1° dicembre 1970, n. 898 (Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio) -- aggiunto dall'art. 21 della legge 6 marzo 1987, n. 74 (Nuove norme sulla disciplina dei casi di scioglimento di matrimonio) --, sollevata, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dal Pretore di Forlì con l'ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il17 giugno 1997.

Presidente: Dott. Renato GRANATA

Redattore: Prof. Cesare MIRABELLI

Depositata in cancelleria il 27 giugno 1997.