ORDINANZA N. 198
ANNO 1997
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Dott. Renato GRANATA, Presidente
- Prof. Giuliano VASSALLI
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Cesare MIRABELLI
- Prof. Fernando SANTOSUOSSO
- Avv. Massimo VARI
- Dott. Cesare RUPERTO
- Dott. Riccardo CHIEPPA
- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY
- Prof. Valerio ONIDA
- Prof. Carlo MEZZANOTTE
- Avv. Fernanda CONTRI
- Prof. Guido NEPPI MODONA
- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 6, commi 1 e 1-bis, del decreto-legge 12 settembre 1983, n. 463 (Misure urgenti in materia previdenziale e sanitaria e per il contenimento della spesa pubblica, disposizioni per vari settori della pubblica amministrazione e proroga di taluni termini) convertito in legge 11 novembre 1983, n. 638, come modificato dagli artt. 4 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503 (Norme per il riordinamento del sistema previdenziale dei lavoratori privati e pubblici, a norma dell'art. 3 della legge 23 ottobre 1992, n. 421) e 2, comma 14, della legge 8 agosto 1995, n. 335 (Riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare), promosso con ordinanza emessa il 30 dicembre 1995 dal Pretore di Bologna nei procedimenti civili riuniti vertenti tra Di Ciocco Maria Fiorina ed altri e INPS, iscritta al n. 162 del registro ordinanze 1996 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 9, prima serie speciale, dell'anno 1996.
Visto l'atto di costituzione dell'INPS nonchè l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell'udienza pubblica del 6 maggio 1997 il Giudice relatore Fernanda Contri;
udito l'Avvocato Carlo De Angelis per l'INPS e l'Avvocato dello Stato Giuseppe Stipo per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto che, nel corso di tre procedimenti civili riuniti a norma dell'art. 151 disp. att. del codice di procedura civile, promossi contro l'INPS da Maria Fiorina Di Ciocco, Lina Bongiovanni ed altri (eredi della pensionata Florinda Carpanelli), e Adelmina Maini, il Pretore di Bologna, con ordinanza emessa il 30 dicembre 1995, ha sollevato, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, tre distinte questioni di legittimità costituzionale dei commi 1 e 1-bis dell'art. 6 del decreto-legge 12 settembre 1983, n. 463 (Misure urgenti in materia previdenziale e sanitaria e per il contenimento della spesa pubblica, disposizioni per vari settori della pubblica amministrazione e proroga di taluni termini) convertito, con modificazioni, nella legge 11 novembre 1983, n. 638, nel testo risultante dalle modifiche introdotte dall'art. 4 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503 e dall'art. 2, comma 14, della legge 8 agosto 1995, n. 335, nella parte in cui negli stessi non é previsto quale limite di reddito oltre il quale venga meno il diritto all'integrazione al minimo delle pensioni, l'importo del trattamento minimo che la stessa integrazione assicura; nella parte in cui lo stesso limite di reddito non é previsto per tutti i pensionati, compresi i coniugati; ed altresì nella parte in cui non é prescritto che tutti i redditi non soggetti a tassazione separata ai fini dell'Irpef, compreso quello della pensione da integrare, concorrano al computo necessario alla verifica reddituale di cui si tratta;
che con i menzionati ricorsi, le parti ricorrenti nel procedimento civile a quo chiedevano il riconoscimento del diritto all'integrazione al trattamento minimo della seconda pensione, nei limiti della cosiddetta "cristallizzazione", a decorrere dal 1° ottobre 1983, ex art. 6, settimo comma, del decreto-legge 12 settembre 1983, n. 463;
che in relazione a tutti e tre i ricorsi l'INPS eccepiva l'esclusione, nei casi di bititolarità di pensioni erogate dall'INPS, di ogni trattamento integrativo sulla seconda pensione, in sèguito all'interpretazione autentica dell'art. 6 del decreto-legge n. 463 del 1983, recata dall'art. 11, comma 22, della legge 24 dicembre 1993, n. 537;
che quest'ultima disposizione, entrata in vigore poco dopo il deposito dei ricorsi con i quali sono stati instaurati i procedimenti riuniti a quibus, nelle more di questi ultimi é stata dichiarata costituzionalmente illegittima dalla Corte costituzionale, con la sentenza n. 240 del 1994, "nella parte in cui -- nel caso di concorso di due o più pensioni integrate o integrabili al trattamento minimo, delle quali una sola conserva il diritto all'integrazione ai sensi dell'art. 6, comma 3, del d.l. 12 settembre 1983, n. 463, convertito nella legge 11 novembre 1983, n. 638, non risultando superati al 30 settembre 1983 i limiti di reddito fissati nei commi precedenti -- prevede la riconduzione all'importo a calcolo dell'altra o delle altre pensioni non più integrabili, anzichè il mantenimento di esse nell'importo spettante alla data indicata, fino ad assorbimento negli aumenti della pensione-base derivanti dalla perequazione automatica";
che il richiamo, operato dalla sentenza n. 240 del 1994, ai limiti di reddito indicati nell'art. 6 del decreto-legge n. 463 del 1983, il mancato superamento dei quali condiziona il riconoscimento della cristallizzazione della seconda pensione nell'importo spettante al 30 settembre 1983, renderebbero, ad avviso del pretore rimettente, rilevanti le questioni di legittimità costituzionale dei commi 1 e 1-bis del citato art. 6;
che, ad avviso del giudice rimettente, le disposizioni denunciate sarebbero in contrasto con l'art. 3 della Costituzione, giacchè comporterebbero, senza una ragionevole giustificazione, un trattamento indifferenziato di fattispecie assai diverse;
che nel giudizio promosso davanti a questa Corte si é costituito l'INPS, chiedendo che le questioni sollevate dal Pretore di Bologna siano dichiarate inammissibili per irrilevanza o comunque infondate;
che é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura generale dello Stato, per chiedere che la questione sollevata dal Pretore di Bologna sia dichiarata inammissibile per irrilevanza.
Considerato che, successivamente all'instaurazione del giudizio costituzionale con l'ordinanza indicata in epigrafe, é entrata in vigore la legge 23 dicembre 1996, n. 662, che all'art. 1, commi 181 e 182, modificati dall'art. 3-bis del decreto-legge 28 marzo 1997, n. 79, convertito nella legge 28 maggio 1997, n. 140, detta una nuova disciplina del pagamento delle somme arretrate, maturate fino al 31 dicembre 1995, sui trattamenti pensionistici erogati dagli enti previdenziali interessati, in conseguenza della sentenza della Corte costituzionale n. 240 del 1994, e che il successivo comma 183 dell'art. 1 della legge n. 662 del 1996 dispone che i giudizi pendenti alla data di entrata in vigore della legge aventi ad oggetto le questioni di cui ai commi 181 e 182 sono dichiarati estinti d'ufficio con compensazione delle spese fra le parti;
che pertanto si rende necessaria la restituzione degli atti al giudice a quo affinchè valuti la rilevanza della questione sollevata alla stregua del diritto sopravvenuto.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
ordina la restituzione degli atti al Pretore di Bologna.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 17 giugno 1997.
Renato GRANATA: Presidente
Fernanda CONTRI: Redattore
Depositata in cancelleria il 24 giugno 1997.