ORDINANZA N.197
ANNO 1997
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Dott. Renato GRANATA, Presidente
- Prof. Giuliano VASSALLI
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Cesare MIRABELLI
- Prof. Fernando SANTOSUOSSO
- Avv. Massimo VARI
- Dott. Cesare RUPERTO
- Dott. Riccardo CHIEPPA
- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY
- Prof. Valerio ONIDA
- Avv. Fernanda CONTRI
- Prof. Guido NEPPI MODONA
- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità dell'art. 8, settimo comma, della legge 15 dicembre 1972, n. 772 (Norme per il riconoscimento dell'obiezione di coscienza), promosso con ordinanza emessa il 28 giugno 1996 dalla Corte militare d'appello - sezione distaccata di Verona nel procedimento penale a carico di Dellanoce Christian, iscritta al n. 1188 del registro ordinanze 1996 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 44, prima serie speciale, dell'anno 1996.
Udito nella camera di consiglio del 23 aprile 1997 il Giudice relatore Gustavo Zagrebelsky.
Ritenuto che con ordinanza del 28 giugno 1996 la Corte militare d'appello - sezione distaccata di Verona ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 52, primo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 8, settimo comma, della legge 15 dicembre 1972, n. 772 (Norme per il riconoscimento dell'obiezione di coscienza), nella parte in cui non prevede che anche l'assunzione del servizio militare armato - dopo il rigetto della domanda di ammissione al servizio civile o militare non armato - da parte di chi abbia, in precedenza, rifiutato per motivi di coscienza la prestazione del servizio militare, così integrando il reato previsto dall'art. 8, secondo comma, della medesima legge, estingua l'anzidetto illecito penale al pari di quanto é previsto dalla norma impugnata per l'ipotesi di accoglimento della domanda di ammissione a un servizio alternativo;
che il giudice rimettente osserva che la norma impugnata assicura l'effetto estintivo del reato - e, in caso di condanna, la cessazione dell'esecuzione di pena - in favore di chi, una volta rifiutato il servizio militare adducendo motivi di coscienza, abbia successivamente presentato domanda di ammissione a un servizio sostitutivo (civile o militare disarmato) e abbia visto accolta dall'amministrazione tale istanza; mentre analogo effetto estintivo non si verifica nell'ipotesi in cui, dopo il rifiuto originario, l'interessato si risolva a domandare l'incorporazione e quindi presti effettivamente il servizio militare di leva, giacchè - ad avviso del giudice a quo - non vi é alcuna disposizione che ricolleghi all'accoglimento della domanda, o a un comportamento equipollente dell'amministrazione militare, l'estinzione del reato commesso;
che l'anzidetta omissione legislativa - non colmabile in via di interpretazione - contrasterebbe (a) con l'art. 3 della Costituzione, per l'ingiustificato deteriore trattamento accordato all'obiettore che adempia l'obbligo di difesa della Patria proprio nel suo modo tipico e principale, nel raffronto con l'ipotesi dell'obiettore c.d. totale che, avendo chiesto e ottenuto l'ammissione a un servizio alternativo, può giovarsi della causa estintiva, e (b) con l'art. 52, primo comma, della Costituzione, poichè, affievolito l'incentivo, per l'obiettore, a svolgere il servizio militare, ne risulta contrastato l'obiettivo del precetto costituzionale.
Considerato che questione pressochè identica é già stata dichiarata manifestamente infondata da questa Corte, con l'ordinanza n. 440 del 1989;
che nella richiamata decisione - alla quale il giudice rimettente accenna solo per riferire che essa non é ritenuta vincolante dal rappresentante dell'accusa nel giudizio principale - si é già osservato che la causa di estinzione del reato di rifiuto c.d. totale del servizio militare per motivi di coscienza, prevista dall'art. 8, settimo comma, della legge n. 772 del 1972, nei casi di accoglimento delle domande di ammissione a un servizio alternativo ovvero di prestazione del servizio militare, deve ritenersi applicabile anche a chi abbia effettivamente prestato il servizio di leva, pur senza presentare esplicita domanda di arruolamento; e che l'inclusione di tale specifica ipotesi nell'ambito di operatività della speciale causa estintiva, oltre a non essere preclusa da alcun principio costituzionale, é conseguenza dell'interpretazione logica e sistematica della norma in esame, in relazione alla finalità di incentivazione all'adempimento dell'obbligo di difesa della Patria prescritto dall'art. 52, primo comma, della Costituzione;
che l'accennato principio, affermato in un giudizio originato da un caso nel quale non era stata formulata, da parte dell'interessato, alcuna domanda di incorporazione, vale a maggior ragione nell'ipotesi - che viene ora in rilievo - in cui la prestazione del servizio militare sia effettuata successivamente a una esplicita domanda in tal senso;
che, rispetto alle osservazioni che precedono, non assume rilievo - come del resto nel giudizio definito con l'ordinanza n. 440 del 1989 di questa Corte - la circostanza della presentazione, dopo il rifiuto originario e prima della prestazione del servizio militare di leva, di una domanda, respinta, di ammissione a un servizio alternativo da parte dell'interessato;
che pertanto, in mancanza di nuovi argomenti tali da indurre a diversa conclusione, la questione di costituzionalità in esame deve essere dichiarata manifestamente infondata.
Visti gli artt. 26 della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 8, settimo comma, della legge 15 dicembre 1972, n. 772 (Norme per il riconoscimento dell'obiezione di coscienza), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 52, primo comma, della Costituzione, dalla Corte militare di appello - sezione distaccata di Verona, con l'ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 17 giugno 1997.
Renato GRANATA: Presidente
Gustavo ZAGREBELSKY: Redattore
Depositata in cancelleria il 24 giugno 1997.