Ordinanza n. 166

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ORDINANZA N. 166

ANNO 1997

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Dott. Renato GRANATA, Presidente

- Prof. Giuliano VASSALLI

- Prof. Francesco GUIZZI

- Prof. Cesare MIRABELLI

- Prof. Fernando SANTOSUOSSO

- Avv. Massimo VARI

- Dott. Cesare RUPERTO

- Dott. Riccardo CHIEPPA

- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY

- Prof. Valerio ONIDA

- Prof. Guido NEPPI MODONA

- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 7 della legge 5 agosto 1991, n. 249 (Riforma dell'Ente di previdenza ed assistenza per i consulenti del lavoro) promosso con ordinanza emessa il 27 ottobre 1995 dal Pretore di Messina nel procedimento civile vertente tra Angelo Scaramozzino e l'Ente Nazionale di Previdenza e Assistenza per i Consulenti del Lavoro iscritta al n. 202 del registro ordinanze 1996 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 11, prima serie speciale, dell'anno 1996.

Visto l'atto di costituzione di Angelo Scaramozzino nonchè l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 9 aprile 1997 il Giudice relatore Piero Alberto Capotosti.

Ritenuto che nel corso di un giudizio proposto da Angelo Scaramozzino nei confronti dell' ENPACL (Ente Nazionale di Previdenza e Assistenza per i Consulenti del Lavoro) per ottenere la pensione di inabilità, il Pretore di Messina ha sollevato, con ordinanza del 27 ottobre 1995, questione di legittimità costituzionale dell'art. 7 della legge 5 agosto 1991, n. 249, nella parte in cui dispone che "il rapporto assicurativo di iscritto che goda di trattamento pensionistico diretto a carico di altro istituto previdenziale non può dar titolo alla maturazione di pensione di inabilità o di invalidità";

che, a giudizio del rimettente, tale norma si pone in contrasto con gli artt.3 e 38 della Costituzione, sia perchè introduce una ingiustificata disparità di trattamento nei confronti di tutti coloro che, beneficiando di altre forme di previdenza, non soffrono una simile incompatibilità, sia perchè lede il diritto dei lavoratori in questione ad una adeguata tutela previdenziale;

che, avendo il ricorrente maturato i requisiti assicurativi per godere della pensione di inabilità, la norma impugnata appare sorretta esclusivamente da esigenze economiche, che, tuttavia, non possono spingersi sino al punto da sopprimere del tutto il diritto di beneficiare di adeguate prestazioni assistenziali da assicurare a chi versa in stato di totale incapacità ad ogni attività lavorativa;

che, secondo il giudice rimettente, l'incompatibilità colpisce trattamenti assicurativi, a carico di istituti diversi, aventi natura giuridica e finalità del tutto differenti, perfino nell'ipotesi teorica in cui, a seguito del cumulo, non sia raggiunto un importo pari al minimo garantito, a differenza di quanto prevede la legge n. 1338 del 1962 che esclude il trattamento di pensione di invalidità INPS solo per coloro che, percependo altra pensione a carico dell'assicurazione obbligatoria o di altre forme di previdenza sostitutiva, per l'effetto del cumulo, vengano a percepire un importo superiore al minimo garantito;

che sotto quest'ultimo aspetto, secondo il giudice a quo, la norma impugnata introduce anche una ingiustificata disparità di trattamento nei confronti di tutti coloro che beneficiano di altre forme di previdenza sostitutiva quali, ad esempio, quelle a carico della Cassa di previdenza dei dipendenti degli enti locali;

che nel giudizio davanti a questa Corte costituzionale le parti non si sono costituite, mentre sono state depositate note difensive - fuori termine - da parte di Angelo Scaramozzino;

che nel presente giudizio é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso per l' inammissibilità o, comunque, la manifesta infondatezza della questione.

Considerato che l'ordinanza del Pretore di Messina appare per più versi carente difettando in essa l'indicazione precisa di circostanze di fatto, da cui si possa desumere la rilevanza della questione di legittimità costituzionale sollevata;

che, in particolare, l'ordinanza non precisa se al momento della domanda di pensione di invalidità il ricorrente avesse o meno raggiunto l'età prevista per la pensione di vecchiaia, non potendo avere, nel primo caso, l'incapacità lavorativa, anche totale, alcun rilievo ai fini di una autonoma prestazione previdenziale;

che, inoltre, l'ordinanza non precisa se il ricorrente, percependo altra pensione a carico di diversa gestione assicurativa, fruisse di un trattamento inferiore al minimo garantito, sicchè l'incompatibilità posta dalla norma impugnata si tradurrebbe in una lesione della garanzia minima assicurata dall'art. 38, secondo comma, della Costituzione;

che, infine, non vengono forniti dall'ordinanza elementi che escludano la possibilità di una ricongiunzione presso l'INPS dei periodi contributivi afferenti all'attività libero-professionale in costanza dell'iscrizione del ricorrente alla Cassa professionale di appartenenza;

che, pertanto, sotto più profili la questione va dichiarata manifestamente inammissibile.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 7 della legge 5 agosto 1991, n. 249 (Riforma dell'Ente di previdenza ed assistenza per i consulenti del lavoro) sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 38 della Costituzione, dal Pretore di Messina con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 2 giugno 1997.

Presidente Renato GRANATA

Redattore Piero Alberto CAPOTOSTI

Depositata in cancelleria il 4 giugno 1997.