Sentenza n. 137

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SENTENZA N. 137

ANNO 1997

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Dott. Renato GRANATA, Presidente

- Dott. Giuliano VASSALLI

- Prof. Francesco GUIZZI

- Prof. Cesare MIRABELLI

- Prof. Fernando SANTOSUOSSO

- Avv. Massimo VARI

- Dott. Cesare RUPERTO

- Dott. Riccardo CHIEPPA

- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY

- Prof. Valerio ONIDA

- Avv. Fernanda CONTRI  

- Prof. Guido NEPPI MODONA

- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 9, terzo comma, lettera b), del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 637 (Disciplina dell'imposta sulle successioni e donazioni), promosso con ordinanza emessa il 15 giugno 1991 dalla Commissione tributaria di secondo grado di Ravenna sul ricorso proposto dall'Ufficio del Registro di Ravenna contro Ghinassi Ottone Walter ed altri iscritta al n. 532 del registro ordinanze 1996 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 25, prima serie speciale, dell'anno 1996.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 23 aprile 1997 il Giudice relatore Fernando Santosuosso.

Ritenuto in fatto

1.-- Nel corso di una controversia tributaria avente ad oggetto l'inclusione nell'attivo ereditario, ai fini dell'imposta di successione, di alcune somme ricavate dalla vendita di un immobile da parte del de cuius nei sei mesi precedenti il decesso, e reimpiegate nell'acquisto di BOT, la Commissione tributaria di secondo grado di Ravenna, con ordinanza emessa il 15 giugno 1991, pervenuta alla Corte costituzionale il 15 maggio 1996, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 9, terzo comma, lettera b) del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 637 (Disciplina dell'imposta sulle successioni e donazioni).

A parere del giudice rimettente sarebbe evidente la disparità di trattamento ove si assoggettassero ad imposizione fiscale le somme reinvestite in titoli di Stato che il legislatore ha espressamente dichiarato esenti da imposta.

D'altra parte, osserva il giudice a quo, l'art. 8 della legge delega n. 825 del 1971, al punto 4) statuisce la irrilevanza, ai fini della determinazione dell'imponibile sulle successioni ereditarie, delle alienazioni di beni poste in essere dal dante causa negli ultimi sei mesi di vita ove non venga fornita la prova del reinvestimento, che nel caso di specie appare, al contrario, sussistente; ne consegue che i beni in questione andrebbero detratti dal valore degli immobili alienati proprio in quanto esiste la prova del reinvestimento delle somme incassate, pur se le stesse non sono colpite da imposizione per effetto della norma eccezionale di esenzione.

2.-- Nel giudizio davanti alla Corte costituzionale é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata manifestamente inammissibile o manifestamente infondata.

Ha osservato la difesa erariale che il rimettente, affermando che la norma impugnata deve essere interpretata nel senso che i beni soggetti ad imposta sono anche quelli esenti, ha espressamente evidenziato l'irrilevanza della questione in quanto, per accogliere la tesi difensiva del contribuente, la Commissione non aveva bisogno di sollevare la questione di legittimità costituzionale.

Nel merito, la questione sarebbe manifestamente infondata in quanto questa Corte ha già ritenuto la norma impugnata coerente con i criteri della delega fissati dall'art. 8 della legge 9 ottobre 1971, n. 825, volti appunto a prevenire l'evasione del tributo successorio; ed invero, a tal fine, si considerano compresi nell'attivo ereditario quei beni che siano stati trasferiti a terzi negli ultimi sei mesi di vita del defunto, prevedendosi altresì che dal valore di tali beni sia detratto l'ammontare delle somme reinvestite nell'acquisto di beni soggetti ad imposta.

Considerato in diritto

1.-- La Commissione tributaria di secondo grado di Ravenna dubita della legittimità costituzionale dell'art. 9, terzo comma, lettera b) del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 637 (Disciplina dell'imposta sulle successioni e donazioni), nella parte in cui prevede l'assoggettabilità ad imposta delle somme ricavate dalla vendita di immobili effettuata dal de cuius nei sei mesi antecedenti il decesso nel caso in cui le stesse siano state reinvestite nell'acquisto di BOT.

A parere del giudice a quo, che nel dispositivo dell'ordinanza di rimessione non ha indicato alcun parametro costituzionale, la disposizione impugnata si porrebbe in contrasto, come si ricava dalla motivazione, con l'art. 3 della Costituzione, in quanto l'assoggettamento ad imposta di somme reinvestite in titoli di Stato "determinerebbe una ingiustificata disparità di trattamento, avendo il legislatore all'origine escluso l'imposizione tributaria". Con questa espressione il rimettente sembra riferire tale disparità alla situazione tributaria di coloro che hanno acquistato gli stessi titoli in un periodo non sospetto.

2.-- Deve preliminarmente esaminarsi l'eccezione di inammissibilità sollevata dall'Avvocatura dello Stato. Si sostiene che il giudice a quo, affermando che la norma impugnata deve essere interpretata nel senso che i beni soggetti ad imposta sono anche quelli esenti, avrebbe con ciò stesso evidenziato l'irrilevanza della questione; e ciò in quanto, nel ritenere corretta la tesi interpretativa sostenuta dal contribuente, la Commissione poteva accogliere la tesi medesima, senza bisogno di sollevare la questione di legittimità costituzionale.

L'eccezione va disattesa.

Occorre in proposito rilevare che il rimettente, sollevando la questione, afferma che la norma di cui all'art. 9, lettera b) del d.P.R. n. 637 del 1972, - ai sensi della quale possono essere detratte dall'attivo ereditario le somme solo se reinvestite in beni "soggetti ad imposta", - comporta che, ove le somme ricavate dalla vendita effettuata negli ultimi sei mesi di vita del de cuius, siano, come nel caso, reinvestite in BOT, i titoli in questione devono essere considerati come beni presuntivamente afferenti all'asse ereditario e quindi soggetti all'imposta di successione pur se esenti. Il giudice, quindi, ritenendo di dovere - in base a tale interpretazione - assoggettare ad imposta i titoli in questione, dubita della legittimità costituzionale della norma, in quanto in tal modo vengono ad essere colpiti da imposizione beni che il legislatore ha invece ritenuto meritevoli di esenzione di tipo oggettivo.

3.-- Nel merito la questione deve essere dichiarata non fondata.

Dal punto di vista testuale l'art. 9 del d.P.R. n. 637 del 1972, dopo aver fissato la regola secondo cui si considera compreso nell'attivo ereditario il valore dei beni trasferiti a terzi a titolo oneroso negli ultimi sei mesi di vita del de cuius, rende detraibili da tale valore le somme reinvestite, ma esplicitamente limitando le detraibilità ai soli reinvestimenti in beni "soggetti ad imposta". Tale espressione ha riguardo ai beni che vanno effettivamente a formare la base imponibile, con conseguente esclusione dei beni che godano esenzioni del predetto tipo.

La ratio di tale disposizione é evidente, e ne costituisce un valido fondamento giustificativo, in quanto: da un lato, si vuole evitare una doppia imposizione, e, dall'altro, scongiurare depauperamenti dell'attivo ereditario, preordinati, in virtù della loro collocazione temporale, a ridurre il carico impositivo dell'erede. Come viene osservato dalla giurisprudenza della Cassazione, rispetto a tale finalità devono considerarsi equivalenti l'ipotesi della vendita con pura e semplice monetizzazione del valore trasferito e quella seguita dall'impiego della somma ricavata nell'acquisto di beni esenti dal tributo successorio.

In proposito va inoltre evidenziato che questa Corte - dopo aver più volte riconosciuto che il ricorso alle presunzioni legali in materia tributaria é lecito, essendo volto a proteggere l'interesse generale alla riscossione contro ogni tentativo di evasione - ha avuto modo di affermare, in un' altra ipotesi ma con specifico riferimento alla norma della cui legittimità ora si dubita (ordinanza n. 982 del 1988), che é ragionevole presumere, da un lato, che le alienazioni compiute negli ultimi sei mesi di vita del dante causa siano intese ad eludere l'imposta di successione, e, dall'altro, che l'impiego della somma ricavata nell'estinzione di una passività vada detratta dall'attivo ereditario, allo scopo di evitare una doppia tassazione.

Per quanto riguarda più direttamente l'ipotesi in esame, é decisivo considerare che non può essere ritenuta sussistente la denunciata disparità di trattamento per il fatto che il godimento dell'esenzione dei BOT dipenderebbe dalla data del loro acquisto da parte del contribuente, in quanto, come anche correttamente osservato dalla Corte di cassazione, la norma impugnata non tocca l'esenzione prevista per tali titoli, ma ha riguardo esclusivamente al diverso atto che ha preceduto l'acquisto degli stessi: é la vendita dei beni del de cuius effettuata nei sei mesi antecedenti il decesso che viene considerata non idonea a determinare una decurtazione dell'imponibile esistente all'epoca della sua stipulazione. In altri termini, la eccezione (prevista dal terzo comma lettera b) dell'art. 9) alla presunzione di cui al primo comma opera unicamente nel caso in cui il ricavato della vendita del bene sia reinvestito in altri beni "soggetti ad imposta"; altrimenti il tributo successorio colpisce i beni venduti che si considerano ancora compresi nell'asse ereditario.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 9, terzo comma, lettera b) del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 637 (Disciplina dell'imposta sulle successioni e donazioni), sollevata, in riferimento all'art.3 della Costituzione, dalla Commissione tributaria di secondo grado di Ravenna, con l'ordinanza di cui in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'8 maggio 1997.

Renato GRANATA, Presidente

Fernando SANTOSUOSSO, Redattore.

Depositata in cancelleria il 16 maggio 1997.