SENTENZA N. 82
ANNO 1997
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Dott. Renato GRANATA, Presidente
- Prof. Giuliano VASSALLI
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Cesare MIRABELLI
- Prof. Fernando SANTOSUOSSO
- Avv. Massimo VARI
- Dott. Cesare RUPERTO
- Dott. Riccardo CHIEPPA
- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY
- Prof. Valerio ONIDA
- Prof. Carlo MEZZANOTTE
- Avv. Fernanda CONTRI
- Prof. Guido NEPPI MODONA
- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 1, 2 e 3 del disegno di legge n. 1204, approvato il 24 marzo 1996, dal titolo: "Provvedimenti urgenti per la formazione e la qualificazione dei tecnici di dialisi. Norme collegate con il piano sanitario regionale. Norme per la tipizzazione tissutale e in materia di ammissione alle scuole di specializzazione", promosso con ricorso del Commissario dello Stato per la Regione Siciliana, notificato il 1° aprile 1996, depositato in cancelleria il 10 successivo ed iscritto al n. 9 del registro ricorsi 1996.
Visto l'atto di costituzione della Regione Siciliana;
udito nell'udienza pubblica del 10 dicembre 1996 il Giudice relatore Valerio Onida;
uditi l'Avvocato dello Stato Giuseppe O. Russo per il ricorrente, e gli avvocati Giovanni Pitruzzella e Laura Ingargiola per la Regione Siciliana.
Ritenuto in fatto
1.- Con ricorso del 1° aprile 1996 il Commissario dello Stato presso la Regione Siciliana ha impugnato - in riferimento all'art. 17, lettera b, dello statuto speciale, e in relazione all'art. 6, lettera q, della legge 23 dicembre 1978, n. 833, e all'art. 6, comma 3, del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502 - gli articoli 1, 2 e 3 della legge approvata dall'Assemblea regionale siciliana nella seduta del 24 marzo 1996, recante "Provvedimenti urgenti per la formazione e la qualificazione dei tecnici di dialisi. Norme collegate con il piano sanitario regionale. Norme per la tipizzazione tissutale e in materia di ammissione alle scuole di specializzazione".
L'art. 1 della legge, intitolato "Formazione tecnici di dialisi", stabilisce che, nelle more dell'approvazione del piano sanitario regionale, il Presidente della Regione é autorizzato a stipulare protocolli d'intesa con i Rettori delle Università siciliane "per l'individuazione e l'organizzazione, sulla base degli ordinamenti didattici vigenti, di scuole o di corsi di formazione per il conseguimento del titolo abilitante per il profilo professionale di tecnico di dialisi". I protocolli dovrebbero prevedere il numero e la tipologia delle strutture adibite alle funzioni didattiche, il dimensionamento nel tempo e la distribuzione territoriale delle attività formative, le modalità di esercizio dei poteri di vigilanza della Regione, l'ammontare presunto degli oneri finanziari a carico della Regione.
L'articolo 2, a sua volta, stabilisce che in sede di prima applicazione della legge i protocolli di intesa devono prevedere che il cinquanta per cento delle attività formative programmate sia volto "alla organizzazione di corsi integrativi teorico-pratici, della durata minima di cento ore", riservati ad allievi, selezionati in base ad un esame attitudinale, che abbiano una esperienza lavorativa almeno triennale come tecnici di dialisi utilizzati per prestazioni emodialitiche, confermata da un attestato rilasciato da una associazione professionale convenzionata con la Regione. Tali corsi integrativi dovrebbero essere "finalizzati al conseguimento di un attestato di tecnico di dialisi" e dovrebbero tenersi in orari compatibili con l'attività lavorativa degli allievi. L'assessore regionale per la sanità é autorizzato a stipulare convenzioni con le associazioni professionali di categoria operanti nel settore dell'assistenza ai pazienti nefropatici cronici, e aventi i requisiti da fissare in apposito disciplinare, in modo da garantire un'adeguata distribuzione territoriale dell'attività di formazione integrativa.
L'articolo 3 della legge, infine, detta norme procedimentali per la stipulazione e l'attuazione dei protocolli d'intesa.
2.- Il ricorrente rileva che il profilo professionale di tecnico di dialisi non trova riscontro nella normativa nazionale, e che al legislatore regionale è precluso di istituire nuove qualifiche. Ricorda poi che, ai sensi dell'art. 6, lettera q, della legge n. 833 del 1978, sono riservate allo Stato la fissazione dei requisiti per la determinazione dei profili professionali degli operatori sanitari e l'emanazione delle norme generali per la durata e la conclusione dei corsi, per la determinazione dei requisiti di ammissione alle scuole nonchè per l'esercizio delle professioni sanitarie ausiliarie; e che, secondo l'art. 6, comma 3, del d.lgs. n. 502 del 1992, spetta al Ministro della sanità individuare le figure professionali da formare e i relativi profili, ciò che é avvenuto con una serie di decreti del 14 settembre 1994.
In questo quadro normativo, secondo il ricorrente, le norme impugnate violerebbero l'art. 17, lettera b, dello statuto speciale, che prevede la potestà legislativa "ripartita" della Regione in materia di igiene e sanità pubblica, in relazione ai citati art. 6, lettera q, della legge n. 833 del 1978 e art. 6, comma 3, del d.lgs. n. 502 del 1992.
Con riferimento poi all'art. 2 della legge impugnata, il Commissario ricorrente osserva che esso contrasterebbe con i principi della legislazione nazionale in tema di criteri e requisiti di accesso ai corsi nonchè di durata degli stessi, là dove prevede la istituzione di corsi integrativi di durata assai ridotta, riservati a soggetti con esperienza triennale di lavoro nel settore.
Quanto all'art. 3 della legge impugnata, il ricorrente afferma che é conseguenzialmente illegittima la disciplina ivi prevista dei protocolli d'intesa fra Regione e Università.
3.- Si é costituita la Regione Siciliana, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile ed infondata.
La Regione afferma che la legge impugnata non istituisce una nuova figura professionale, ma si limita a disporre l'attivazione di corsi di formazione per il conseguimento del titolo abilitante nel profilo professionale di tecnico di dialisi, già istituito dall'art. 138 del d.P.R. 29 dicembre 1984, n. 1219.
Richiamati i dati risultanti dal piano sanitario nazionale, da cui emergerebbe l'urgenza di interventi regionali nella materia, la Regione ribadisce che la legge in questione non fa che rendere operativi istituti già esistenti nell'ordinamento statale, e prevede interventi formativi alla luce degli obiettivi fissati dallo stesso piano sanitario nazionale.
Quanto all'art. 2 della legge, la Regione afferma che esso non individua un nuovo sistema di accesso alla figura professionale di tecnico di dialisi, ma prevede un regime transitorio necessario per fare fronte alla situazione dell'assistenza ai pazienti nefropatici cronici, riguardo alla quale in Sicilia si é finora intervenuti per lo più in regime di assistenza indiretta; mentre il personale utilizzato dalle strutture operanti nel suddetto regime, pur vantando la frequenza di corsi di formazione e talora lunghe esperienze professionali, non risultava fornito di apposito titolo.
La natura transitoria della previsione di detto art. 2 non consentirebbe, secondo la Regione resistente, di ravvisare la denunciata illegittimità della disciplina.
Anche la censura relativa alla brevità dei corsi sarebbe infondata, avendo riguardo al fatto che ai corsi stessi parteciperebbe personale già fornito di professionalità. Peraltro, secondo la Regione, tale censura sarebbe inammissibile, in quanto nel ricorso non sarebbero indicate le norme specificamente violate.
4.- In prossimità dell'udienza l'Avvocatura dello Stato ha depositato una memoria per il Commissario dello Stato, insistendo per l'accoglimento del ricorso.
Con riferimento all'art. 138 del d.P.R. n. 1219 del 1984, che secondo la resistente avrebbe istituito il profilo professionale di tecnico di dialisi, l'Avvocatura osserva che detto decreto definisce ed individua esclusivamente i profili professionali dei dipendenti dell'amministrazione statale, e che lo stesso deve ritenersi superato, per quanto riguarda il personale infermieristico, tecnico e della riabilitazione, dalla sopravvenuta legislazione nazionale e comunitaria nella materia.
Infatti - rileva il ricorrente - all'autorità statale é riservata l'esclusiva competenza ad individuare le figure professionali e i relativi profili, nonchè a definire l'equipollenza degli attestati e dei diplomi, conseguiti in base al precedente ordinamento, al diploma universitario ora richiesto per l'esercizio delle professioni in questione; in attuazione dell'art. 6, comma 3, del d.lgs. n. 502 del 1992, come modificato dal d.lgs. n. 517 del 1993, il Ministro della sanità ha proceduto alla individuazione di varie figure professionali, con decreti del 14 settembre 1994.
Sarebbe dunque illegittima la disposizione della legge impugnata, che sostituisce alla frequenza di un corso universitario triennale la partecipazione ad una attività formativa della durata di cento ore, mostrandosi così l'intento, perseguito dal legislatore regionale, di regolarizzare posizioni anomale di soggetti che hanno sinora esercitato la professione con ogni verosimiglianza in assenza di requisiti e dei titoli di studio richiesti.
Considerato in diritto
1.- La questione é fondata.
Essa va decisa alla luce del quadro normativo definito dalle leggi nazionali che disciplinano il servizio sanitario e l'ordinamento universitario. Infatti la Regione Siciliana ha bensì competenza sia in materia di "igiene e sanità pubblica" (art. 17, lettera b, stat. spec.), sia in materia di "istruzione media e universitaria" (art. 17, lettera d, stat. spec.), sia infine in materia di "istruzione professionale" (cfr. le norme di attuazione dello statuto emanate con d.P.R. 16 febbraio 1979, n. 143, con riferimento alla competenza in materia di "legislazione sociale" di cui all'art. 17, lettera f, dello statuto): ma si tratta in ogni caso di potestà "ripartita", da esercitarsi nel rispetto dei principi della legislazione statale e della competenza riservata allo Stato in tema di determinazione dei profili professionali degli operatori sanitari e di requisiti per l'esercizio delle professioni sanitarie ausiliarie (art. 6, lettera q, della legge n. 833 del 1978, richiamato dall'art. 1, quarto comma, del d.P.R. 9 agosto 1956, n. 1111, come sostituito dall'art. 1 del d.P.R. 13 maggio 1985, n. 256, contenente le norme di attuazione dello statuto siciliano in materia di igiene, sanità pubblica ed assistenza sanitaria; e cfr. adesso l'art. 6, comma 3, del d.lgs. n. 502 del 1992), nonchè in tema di ordinamento degli studi e tipologia dei titoli di studio universitari (art. 4, primo comma, lettera b, del d.P.R. 14 maggio 1985, n. 246, contenente le norme di attuazione dello statuto in materia di pubblica istruzione).
Da tale quadro normativo risulta, anzitutto, che la formazione degli operatori sanitari non medici - in passato realizzata fra l'altro nell'ambito delle specifiche attività di istruzione professionale organizzate in particolare presso gli ospedali, e quindi nell'ambito del sistema sanitario regionalizzato, sia pure riservandosi allo Stato la fissazione dei requisiti per la determinazione dei profili professionali, per l'ammissione alle scuole e per l'esercizio delle professioni, nonchè le disposizioni generali sui corsi (art. 6, lettera q, della legge n. 833 del 1978) - oggi fa capo ai corsi di diploma universitario istituiti ai sensi dell'art. 2 della legge 19 novembre 1990, n. 341, recante "Riforma degli ordinamenti didattici universitari" , ancorchè in base ad una disciplina speciale.
Infatti le attività formative relative ai corsi per il personale sanitario infermieristico, tecnico e della riabilitazione hanno luogo presso le strutture del servizio sanitario nazionale o istituzioni private accreditate; le figure professionali da formare e i relativi profili sono individuati con decreto del Ministro della sanità; l'ordinamento didattico é definito secondo quanto previsto dall'art. 9 della legge n. 341 del 1990, di concerto fra il Ministro della sanità e quello dell'Università e della ricerca scientifica; l'esame finale abilita all'esercizio professionale; la titolarità dei corsi di insegnamento é affidata di norma a personale sanitario dipendente dalle strutture presso cui si svolge l'attività; ai fini dell'espletamento dei corsi le Regioni e le Università attivano appositi protocolli d'intesa, attuati con accordi fra Università ed istituzioni sanitarie (art. 6, comma 3, d.lgs. n. 502 del 1992, modificato dall'art. 7 del d.lgs. n. 517 del 1993).
Il legislatore nazionale ha bensì previsto, in via transitoria, la prosecuzione dei corsi di studio organizzati secondo l'ordinamento preesistente, relativi a figure professionali individuate secondo la nuova disciplina, ma ne ha stabilito la soppressione entro due anni a decorrere dal 1° gennaio 1994 (termine dunque scaduto il 31 dicembre 1995), garantendo solo il completamento degli studi agli studenti iscritti al primo corso entro detto termine; e ha disciplinato altresì i requisiti di accesso a tali corsi, identificati nel possesso del diploma di scuola secondaria superiore di secondo grado, salva, per i posti non coperti da studenti forniti di tale requisito, la possibilità di accesso degli aspiranti che abbiano superato il primo biennio di scuola secondaria superiore (art. 6, comma 3, cit., ultimi tre periodi).
Sicchè, scaduto il termine della fase transitoria, le uniche nuove attività formative suscettibili di essere organizzate agli effetti del rilascio di diplomi abilitanti per l'esercizio di professioni infermieristiche, tecniche e della riabilitazione sono ormai quelle svolte nell'ambito dei predetti corsi di diploma universitario, per figure e profili professionali stabiliti secondo il nuovo ordinamento.
Diverse di queste figure sono state infatti previste e disciplinate con regolamenti del Ministro della sanità in data 14 settembre 1994 (numeri 665-669 e numeri 739-746) e 15 marzo 1995 (numero 183), i quali stabiliscono che il relativo diploma universitario, conseguito ai sensi dell'art. 6, comma 3, del d.lgs. n. 502 del 1992, abilita all'esercizio della professione (art. 2), e demandano ad un successivo decreto dello stesso Ministro la individuazione dei "diplomi" e degli "attestati", conseguiti in base al precedente ordinamento, che sono equipollenti al diploma universitario ai fini dell'esercizio della attività professionale e dell'accesso ai pubblici uffici (art. 3).
Ora, fra le figure professionali individuate non vi é, ad oggi, quella di tecnico di dialisi; nè quindi vi é alcun ordinamento didattico stabilito per il relativo corso di diploma.
In tale situazione, non possono ritenersi consentite alla Regione, nemmeno attraverso lo strumento (previsto, come si é detto, dalla legislazione nazionale) del protocollo d'intesa con l'Università, la individuazione e l'organizzazione - come vorrebbe l'art. 1 della legge impugnata - "di scuole o di corsi di formazione per il conseguimento del titolo abilitante per il profilo professionale di tecnico di dialisi", per l'assorbente ragione che tale profilo non rientra, allo stato, fra quelli individuati dall'autorità statale competente, e dunque non può essere rilasciato alcun "titolo abilitante" di tal genere.
Non vale in contrario riferirsi ai profili professionali definiti dagli allegati al d.P.R. 29 dicembre 1984, n. 1219 (fra i quali, al numero 138, si trova quello, non già di "tecnico di dialisi", ma di "tecnico di anestesia, rianimazione, circolazione extracorporea e dialisi"). Si tratta dei profili professionali in cui si articolano le qualifiche funzionali nelle quali é classificato il personale dei Ministeri ai fini dell'inquadramento previsto dall'art. 3 della legge 11 luglio 1980, n. 312 (Nuovo assetto retributivo-funzionale del personale civile e militare dello Stato), a tal fine identificati dalla apposita commissione paritetica per l'inquadramento di cui all'art. 10 della stessa legge, e per l'effetto stabiliti con decreto del Presidente della Repubblica proposto dal Presidente del Consiglio dei ministri e dal Ministro per la funzione pubblica. Tali profili dunque non coincidono con quelli previsti dall'ordinamento delle attività di formazione professionale, disciplinato ora dall'art. 6, comma 3, del d.lgs. n. 502 del 1992, nè possono giustificare l'organizzazione di attività formative con effetto abilitante all'esercizio di attività professionali.
2.- Parimenti, stante il quadro normativo descritto, non può giustificarsi la organizzazione ad opera della Regione, nemmeno in via transitoria (essendo ormai scaduto, oltre tutto, il termine di ultrattività del precedente ordinamento, salvo il solo completamento dei corsi già iniziati), di corsi definiti "integrativi teorico-pratici", ma "finalizzati al conseguimento di un attestato di tecnico di dialisi", riservati per di più a operatori con specifica esperienza lavorativa nel settore, attestata da associazioni professionali, come previsto nell'art. 2 della legge impugnata. Infatti il rilascio di attestati (destinati verosimilmente ad essere valutati, ai fini dell'equipollenza, in sede di eventuale futura disciplina della relativa figura professionale, dettata dalla competente autorità statale) appare pur sempre preordinato a far conseguire un titolo, nell'ambito di un ordinamento formativo diverso da quello in vigore - in cui detta figura, come si é detto, non é ancora contemplata - attraverso un'attività formativa diversa da quella unicamente oggi prevista a tale fine, cioé dai corsi di diploma universitario.
3.- La Regione resta ovviamente libera di disciplinare e di organizzare attività di aggiornamento, qualificazione e perfezionamento, nell'ambito della competenza ad essa spettante in tema di formazione professionale (d.P.R. 16 febbraio 1979, n. 143, contenente le norme di attuazione dello statuto in materia); e in questo ambito nulla vieterebbe di prevedere attività di formazione o di aggiornamento, senza effetti abilitanti, per gli operatori in atto impegnati nelle attività di assistenza ai nefropatici e di applicazione della dialisi: fermo restando però che la Regione non può nè sostituire o anticipare l'ordinamento delle figure professionali e dei relativi titoli ed ordinamenti didattici, nè conferire ultrattività al preesistente ordinamento della formazione professionale degli operatori sanitari, al di là dei confini e dei termini previsti dalla legislazione statale.
Poichè gli articoli 1 e 2 della legge impugnata sono volti invece a disciplinare attività di formazione dirette al conseguimento di titoli abilitanti o di attestati inerenti ad una figura professionale in atto non prevista, essi devono essere dichiarati costituzionalmente illegittimi; tale dichiarazione deve estendersi altresì all'art. 3 della legge, che disciplina aspetti meramente procedurali, strumentali all'attuazione di quanto disposto negli articoli precedenti.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la illegittimità costituzionale degli articoli 1, 2 e 3 della legge della Regione siciliana recante "Provvedimenti urgenti per la formazione e la qualificazione dei tecnici di dialisi. Norme collegate con il piano sanitario regionale. Norme per la tipizzazione tissutale e in materia di ammissione alle scuole di specializzazione", approvata dall'Assemblea regionale siciliana in data 24 marzo 1996.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24 marzo 1997,
Presidente: Renato GRANATA
Redattore: Valerio ONIDA
Depositata in cancelleria il 3 aprile 1997.