Ordinanza n. 54
Anno 1997
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Dott. Renato GRANATA
- Prof. Giuliano VASSALLI
- Prof. Cesare MIRABELLI
- Prof. Fernando SANTOSUOSSO
- Avv. Massimo VARI
- Dott. Cesare RUPERTO
- Dott. Riccardo CHIEPPA
- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY
- Prof. Valerio ONIDA
- Avv. Fernanda CONTRI
- Prof. Guido NEPPI MODONA
- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI,
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 6, comma 10-bis, del decreto-legge 10 maggio 1993, n 148 (Interventi urgenti a sostegno dell'occupazione), convertito, con modificazioni, nella legge 19 luglio 1993, n. 236, come interpretato dall'art. 5, comma 7, del decreto-legge 16 maggio 1994, n. 299 (Disposizioni urgenti in materia di occupazione e di fiscalizzazione degli oneri sociali), convertito nella legge 19 luglio 1994, n. 451, promosso con ordinanza emessa il 22 marzo 1996 dal Pretore di Torino sul ricorso proposto da Levorato Maria contro INPS, iscritta al n. 518 del registro ordinanze 1996 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 24, prima serie speciale, dell'anno 1996.
Visti gli atti di costituzione di Levorato Maria e dell'INPS, nonché l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell'udienza pubblica dell'11 febbraio 1997 il Giudice relatore Fernando Santosuosso;
uditi l'avvocato Salvatore Cabibbo per Levorato Maria, Carlo De Angelis per l'INPS e l'avvocato dello Stato Giuseppe Stipo per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto che, con ordinanza emessa il 22 marzo 1996, il Pretore di Torino ha sollevato, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 6, comma 10-bis, del decreto-legge 10 maggio 1993, n 148 (Interventi urgenti a sostegno dell'occupazione), convertito, con modificazioni, nella legge 19 luglio 1993, n. 236, come interpretato dall'art. 5, comma 7, del decreto-legge 16 maggio 1994, n. 299 (Disposizioni urgenti in materia di occupazione e di fiscalizzazione degli oneri sociali), convertito nella legge 19 luglio 1994, n. 451, nella parte in cui non fa salvi i limiti di età previsti dalla pregressa normativa anche con riguardo ai soggetti posti in mobilità corta anteriormente al decreto legislativo n. 503 del 1992, per i quali il diritto alla pensione di vecchiaia sarebbe maturato allo scadere del triennio di indennità di mobilità;
che a parere del rimettente la norma impugnata impedirebbe di fatto la possibilità di estendere alle ipotesi di mobilità corta la disciplina prevista per le ipotesi di mobilità lunga, così determinando una disparità di trattamento tra coloro che, prima della riforma dei limiti di età pensionabile, siano stati collocati in mobilità lunga e coloro che siano stati collocati in mobilità corta; solo per i primi, infatti, la norma impugnata stabilisce la deroga alla nuova normativa sui limiti dell'età pensionabile, disciplinando così in modo differente situazioni analoghe;
che nel giudizio davanti alla Corte costituzionale si sono costituiti la parte privata e l'INPS; la parte privata, con argomentazioni analoghe a quelle svolte dal giudice rimettente, ha concluso per l'accoglimento della questione; l'INPS ne ha invece sostenuto l'infondatezza rilevando la non equiparabilità dei due istituti posti a raffronto, in considerazione del fatto che gli stessi rispondono a diverse finalità;
che è anche intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, concludendo per la restituzione degli atti al giudice a quo alla stregua dello ius superveniens rappresentato dal d.l. 12 aprile 1996, n. 195.
Considerato che successivamente alla emanazione dell'ordinanza di rimessione è entrato in vigore il decreto-legge 14 giugno 1996, n. 318 (Disposizioni urgenti in materia previdenziale e di sostegno del reddito), convertito in legge 29 luglio 1996, n. 402, il cui art. 1, comma 3, ha esteso ai lavoratori disoccupati, per i quali non trovava applicazione la disposizione di cui all'art. 7, comma 6, della legge 23 luglio 1991, n. 223, (e cioè quelli posti in mobilità corta) il trattamento di indennità di mobilità fino al momento della maturazione del diritto alla pensione;
che a seguito di tale intervento legislativo, risultando mutato il quadro normativo assunto dal giudice rimettente, si rende necessario, pertanto, restituire gli atti al giudice a quo affinché provveda al riesame della rilevanza della questione alla stregua del sopracitato ius superveniens.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
ordina la restituzione degli atti al giudice rimettente indicato in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12 febbraio 1997.
Renato GRANATA, Presidente
Fernando SANTOSUOSSO, Redattore
Depositata in cancelleria il 28 febbraio 1997.