SENTENZA N. 46
ANNO 1997
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Dott. Renato GRANATA, Presidente
- Prof. Giuliano VASSALLI
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Cesare MIRABELLI
- Prof. Fernando SANTOSUOSSO
- Avv. Massimo VARI
- Dott. Cesare RUPERTO
- Dott. Riccardo CHIEPPA
- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY
- Prof. Valerio ONIDA
- Prof. Carlo MEZZANOTTE
- Avv. Fernanda CONTRI
- Prof. Guido NEPPI MODONA
- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 696, primo comma, cod. proc. civ., promosso con ordinanza emessa il 23 gennaio 1996 dal Pretore di Torino nel procedimento vertente tra Pietro Corino e FIAT AUTO s.p.a, iscritta al n. 237 del registro ordinanze 1996 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 12, prima serie speciale, dell'anno 1996.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 27 novembre 1996 il Giudice relatore Cesare Mirabelli.
Ritenuto in fatto
1. -- Con ordinanza emessa il 23 gennaio 1996 nel corso di un procedimento di istruzione preventiva promosso per far verificare, con un accertamento tecnico prima del giudizio, la causa dell'incendio di un'autovettura ed in particolare se esso derivasse da un vizio di fabbricazione, il Pretore di Torino ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 696, primo comma, cod. proc. civ., nella parte in cui non prevede che il giudice possa disporre l'accertamento tecnico preventivo anche sulla causa dei danni.
Il Pretore ricorda che la disposizione denunciata limita tale atto di istruzione preventiva alla verifica dello stato dei luoghi o della qualità o condizione di cose, senza che possano essere formulati al consulente tecnico, secondo l'interpretazione della Corte di cassazione, quesiti sulle cause e sull'entità dei danni, in previsione di un'azione di risarcimento; ma un accertamento così ristretto sarebbe di scarsa utilità e menomerebbe il diritto alla prova, considerato nucleo essenziale del diritto di agire in giudizio, garantito dall'art. 24 della Costituzione.
Ad avviso del giudice rimettente, la mancata estensione dell'accertamento tecnico preventivo alle cause del danno determinerebbe anche, in contrasto con l'art. 3 della Costituzione, un'irragionevole disparità di trattamento. Difatti, quando tale accertamento sia stato esteso dal giudice o dal consulente, sia pure in contrasto con quanto prevede la legge, sino a comprendere le cause e l'entità dei danni, l'accertamento stesso potrebbe essere successivamente acquisito, in mancanza di opposizione della parte controinteressata, al giudizio di merito; mentre, rispettando l'ambito previsto per questo atto di istruzione preventiva dall'art. 696 cod. proc. civ., l'accertamento, egualmente utile nel giudizio di merito, non potrebbe essere effettuato.
2. -- Nel giudizio dinanzi alla Corte è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione di legittimità costituzionale sia dichiarata inammissibile o non fondata.
L'Avvocatura rileva che l'ordinanza di rimessione non considera i limiti propri dell'accertamento tecnico preventivo, che è un procedimento sommario destinato ad impedire il venire meno dell'oggetto di una prova, ritenuta rilevante per un futuro giudizio di merito. Estendere anche in questo procedimento l'accertamento alla causa del danno significherebbe ampliare il contenuto dell'atto di istruzione preventiva, per sua natura limitato, essendo connesso ad una situazione dalla quale può eventualmente sorgere una pretesa, che dovrà essere fatta valere in un futuro giudizio. Questa particolarità dimostra, ad avviso dell'Avvocatura, che non sarebbe posta a rischio la tutela del diritto nel futuro processo, giacché solo nel successivo giudizio di merito la causa del danno potrà essere riconosciuta, mediante una valida consulenza tecnica.
Non sarebbe neppure violato l'art. 3 della Costituzione, perché l'accertamento, disposto dal giudice o effettuato dal consulente in contrasto con i limiti posti dalla norma denunciata, costituirebbe una patologia processuale e non potrebbe essere considerato un utile termine di confronto.
Considerato in diritto
1. -- La questione di legittimità costituzionale investe la disciplina dell'accertamento tecnico nell'ambito dei procedimenti di istruzione preventiva.
Il Pretore di Torino ritiene che l'art. 696, primo comma, cod. proc. civ., nel prevedere che chi ha urgenza di far verificare prima del giudizio lo stato dei luoghi o la condizione di cose può chiedere che sia disposto un accertamento tecnico, non consenta di accertare la causa e l'entità dei danni, in vista di un giudizio di risarcimento. Ciò determinerebbe una lesione del diritto di agire in giudizio, garantito dall'art. 24 della Costituzione, che comprenderebbe, nel suo nucleo essenziale, anche il diritto alla prova. Inoltre si determinerebbe, in violazione dell'art. 3 della Costituzione, una ingiustificata disparità di trattamento rispetto a chi abbia ottenuto dal giudice o dal consulente, sia pure in contrasto con la disciplina legislativa, un accertamento tecnico esteso alla causa del danno, giacché in tal caso i risultati dell'accertamento potrebbero essere acquisiti, in mancanza di opposizione della parte controinteressata, nel successivo giudizio di merito.
2. -- La questione, proposta con riferimento al principio di eguaglianza (art. 3 Cost.), è inammissibile.
Difatti l'ordinanza di rimessione assume, quale termine di comparazione per chiedere il superamento di un limite legislativo, una situazione che la stessa ordinanza considera patologica nel processo, in quanto determinata dalla violazione del limite che si vuole rimuovere. Mentre il presupposto per la corretta proposizione di un giudizio di comparazione, necessario per valutare la parità di trattamento di situazioni che si assumono eguali, è che la situazione indicata quale termine di raffronto non costituisca, come invece avviene nella prospettazione offerta dall'ordinanza di rimessione, la violazione di una norma, rispettando la quale non si determinerebbe la dedotta ineguaglianza. D'altra parte, la disparità di trattamento, che viene riferita ai limiti dell'accertamento tecnico preventivo, sarebbe piuttosto collegata alle successive vicende dell'acquisizione della prova nel processo e risponde, quindi, ad altri e diversi profili, che attengono alla logica del principio dispositivo, al quale si conforma il processo civile.
3. -- Con riferimento all'art. 24 della Costituzione la questione è infondata.
Il potere di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti, garantito dalla Costituzione, trova gli strumenti per la sua concreta esplicazione nella disciplina del processo, secondo le modalità proprie di esso, attraverso una molteplicità di istituti. Nel processo civile, e per la configurazione delle prove in esso previste, la garanzia dell'azione e del giudizio, per non essere compressa se non addirittura vanificata, implica che, quando sia presente un rischio di dispersione degli elementi necessari per la formazione della prova, sia resa possibile la ricognizione e la raccolta di tali elementi, mediante procedure e provvedimenti di urgenza destinati ad evitare che la modifica delle situazioni e gli eventi che si possono verificare prima del giudizio ne impediscano la tempestiva acquisizione. Altrimenti potrebbero essere definitivamente compromessi gli accertamenti e le valutazioni che devono essere effettuati nel processo di merito e la domanda verrebbe privata del suo supporto probatorio.
La necessità di prevedere e disciplinare atti urgenti di istruzione preventiva, che rendano possibile l'accertamento del proprio diritto anche in caso di dispersione degli elementi di prova, non deve tuttavia estendersi, perché si possa dire garantito il diritto di agire in giudizio, sino a comprendere nella sede preventiva le ulteriori valutazioni tecniche che, anche sulla scorta degli elementi acquisiti in via di urgenza, possano essere svolte successivamente, con la consulenza nel processo di merito, in rapporto ad una azione già esercitata e nel rispetto del pieno contraddittorio tra le parti.
La garanzia del diritto di agire in giudizio non impone, dunque, che l'atto di istruzione preventiva sia configurato come sostanziale anticipazione, in via di urgenza, dell'apprezzamento che deve formarsi nel giudizio, mentre necessaria è solo una misura diretta all'acquisizione di tutti gli elementi di fatto, anche connotativi delle cause del danno, che rischiano di essere dispersi.
A questa esigenza è diretto a rispondere l'accertamento tecnico preventivo disciplinato dall'art. 696 cod. proc. civ., la cui portata va interpretata in coerenza con il sistema ed alla luce dei principi costituzionali che garantiscono la tutela in giudizio del proprio diritto. La disposizione processuale denunciata consente, con una espressione generica e dal contenuto molto ampio, la preventiva verifica dello stato dei luoghi e della qualità o condizione di cose. Il termine "verifica" comprende difatti, nel suo significato letterale, l'esame, la constatazione, il controllo, la prova di quanto viene sottoposto all'attività di accertamento in sede di istruzione preventiva, come tale preordinata al futuro giudizio. La stessa disposizione denunciata può, dunque, essere interpretata nel senso che il previsto accertamento tecnico comprenda tutti gli elementi conoscitivi considerati necessari per le valutazioni che dovranno essere effettuate nel giudizio di merito ed includa, quindi, ogni acquisizione preordinata alla successiva valutazione, anche tecnica, che in quel giudizio si dovrà esprimere per determinare la causa del danno o l'entità di esso. In tal modo non si ha una impropria anticipazione del giudizio, ma non manca un'anticipata raccolta di ogni elemento di fatto necessario per il giudizio.
Questo discrimine tra atti consentiti ed atti non previsti in sede di accertamento tecnico preventivo, desumibile da una adeguata interpretazione dell'art. 696 cod. proc. civ., coerente con il sistema ed orientata dal principio di garanzia del diritto alla prova, supera il dubbio di legittimità costituzionale prospettato dal Pretore di Torino.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara:
a) inammissibile la questione di legittimità costituzione dell'art. 696, primo comma, cod. proc. civ., sollevata dal Pretore di Torino, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, con l'ordinanza indicata in epigrafe;
b) non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 696, primo comma, cod. proc. civ., sollevata dallo stesso giudice in riferimento all'art. 24 della Costituzione.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10 febbraio 1997
Presidente: Dott. Renato GRANATA
Redattore: Prof. Cesare MIRABELLI
Depositata in cancelleria il 20 febbraio 1997.