SENTENZA N. 42
ANNO 1997
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Dott. Renato GRANATA, Presidente
- Dott. Giuliano VASSALLI
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Cesare MIRABELLI
- Prof. Fernando SANTOSUOSSO
- Avv. Massimo VARI
- Dott. Cesare RUPERTO
- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY
- Prof. Valerio ONIDA
- Prof. Carlo MEZZANOTTE
- Avv. Fernanda CONTRI
- Prof. Guido NEPPI MODONA
- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di ammissibilità, ai sensi dell'art. 2, primo comma, della legge costituzionale 11 marzo 1953, n. 1, della richiesta di referendum popolare per l'abrogazione del regio decreto legge n. 436 del 15 marzo 1927, convertito nella legge n. 510 del 19 febbraio 1928, intitolato "Disciplina dei contratti di compravendita degli autoveicoli ed istituzione del Pubblico Registro Automobilistico presso le sedi dell'Automobile club d'Italia", iscritto al n. 111 del registro referendum.
Vista l'ordinanza dell'11-13 dicembre 1996 con la quale l'Ufficio centrale per il referendum costituito presso la Corte di cassazione ha dichiarato legittima la richiesta;
udito nella camera di consiglio del 9 gennaio 1997 il Giudice relatore Fernando Santosuosso;
udito l'avvocato Stefano Nespor per i presentatori Bernardini Rita e Sabatano Mauro.
Ritenuto in fatto
1. -- L'Ufficio centrale per il referendum costituito presso la Corte di cassazione, in applicazione della legge 25 maggio 1970, n. 352, e successive modifiche, ha esaminato la richiesta di referendum popolare presentata in data 5 gennaio 1996 da Stanzani Ghedini Sergio Augusto, Strik Lievers Lorenzo, Bernardini Rita, Sabatano Mauro e Mancuso Fiorella sul seguente quesito: <<Volete voi che sia abrogato l'intero regio decreto legge n. 436 del 15 marzo 1927, convertito nella legge n. 510 del 19 febbraio 1928, intitolato "Disciplina dei contratti di compravendita degli autoveicoli ed istituzione del Pubblico Registro Automobilistico presso le sedi del reale Automobile Club d'Italia"?>>.
2. -- L'Ufficio centrale, dopo aver verificato la regolarità della richiesta, con esito positivo, ha rilevato che il quesito conteneva un errore materiale, consistente nell'indicazione della parola "reale" nel titolo del decreto-legge oggetto del referendum. Di conseguenza, l'Ufficio centrale ha provveduto a riformulare il quesito del referendum nei seguenti termini: <<Volete voi che sia abrogato l'intero regio decreto legge n. 436 del 15 marzo 1927, convertito nella legge n. 510 del 19 febbraio 1928, intitolato "Disciplina dei contratti di compravendita degli autoveicoli ed istituzione del Pubblico Registro Automobilistico presso le sedi dell'Automobile Club d'Italia"?>>.
Ricevuta comunicazione dell'ordinanza, il Presidente di questa Corte ha fissato il giorno 9 gennaio 1997 per l'udienza in camera di consiglio, dandone regolare comunicazione.
3.-- In prossimità della camera di consiglio hanno presentato memoria i promotori del referendum, insistendo per la declaratoria di ammissibilità della richiesta.
Premette il Comitato promotore che il Pubblico Registro Automobilistico (PRA) ha perso la sua originaria funzione di attestazione dei passaggi di proprietà degli autoveicoli, divenendo un duplicato del registro conservato presso il dipartimento della Motorizzazione civile del Ministero dei trasporti; ciò comporta per gli utenti una duplicazione di spese ed un inutile cumulo di pratiche burocratiche, la cui eliminazione gioverebbe al miglioramento dell'attività amministrativa.
Tanto premesso, il Comitato rileva che la richiesta di referendum è ammissibile sia perché il quesito non investe alcuna delle materie di cui all'art. 75 della Costituzione, sia perché lo stesso è formulato nel rispetto dei criteri di omogeneità, semplicità e chiarezza costantemente indicati dalla giurisprudenza di questa Corte. Essendo interessato, infatti, un intero testo legislativo, la proposta abrogativa è di significato univoco; né, d'altra parte, vengono violati i limiti indicati dalla sentenza n. 16 del 1978 di questa Corte. Ad avviso del Comitato, d'altronde, non può avere alcun rilievo il vuoto normativo conseguente all'eventuale esito positivo della consultazione popolare, sia perché il legislatore potrebbe comunque intervenire tempestivamente, sia perché tutta la documentazione esistente presso il PRA è conservata presso la Motorizzazione civile, per cui non vi sarebbe alcun rischio di perdita di documenti o di danno per i cittadini. Il fatto che nel quesito referendario, poi, non vi sia alcun riferimento alla varia normativa, sparsa in diverse leggi e concernente il PRA, non può portare all'inammissibilità del referendum, perché tale normativa residua è comunque destinata a cadere in conseguenza dell'eliminazione del PRA.
4.-- Nel corso della camera di consiglio del 9 gennaio 1997 è stato sentito l'avvocato Stefano Nespor che ha insistito per l'ammissibilità del referendum.
Considerato in diritto
1.-- Questa Corte è chiamata a valutare l'ammissibilità del referendum volto all'abrogazione dell'intero testo del regio decreto legge 15 marzo 1927, n. 436, convertito in legge 19 febbraio 1928, n. 510, riguardante la "Disciplina dei contratti di compravendita degli autoveicoli ed istituzione del Pubblico Registro Automobilistico presso le sedi dell'Automobile Club d'Italia".
Per poter procedere in maniera adeguata a tale valutazione è necessario premettere un accenno al quadro normativo e strutturale nel quale viene ad incidere il quesito referendario, e cioè alle funzioni assunte nel corso del tempo dall'ufficio del PRA nonché dall'ente (ACI) preposto alla organizzazione ed alla gestione dello stesso.
Con la citata disciplina del 1927 fu istituito il menzionato Registro essenzialmente come strumento per dare pubblicità legale ai trasferimenti di proprietà ed agli altri diritti sugli autoveicoli. La situazione economica del nostro Paese era tale che l'automobile veniva spesso acquistata a rate, con conseguente necessità di iscrizione di un privilegio a favore del venditore. Successivamente il PRA è andato sempre più assumendo altri compiti di rilevante carattere pubblicistico. Se l'originaria funzione privatistica ancora permanente è analoga a quella che la trascrizione svolge per i beni immobili -- com'è dimostrato anche dalla collocazione di una parte della materia nel sesto libro del codice civile (artt. 2683 e seguenti) --, parimenti non può negarsi che, per diverse esigenze sociali, la possibilità di individuare in ogni momento il titolare del diritto di proprietà sul veicolo risponda ad un interesse più generale. Al riguardo basti pensare al crescente fenomeno dell'infortunistica stradale ed agli aspetti tributari connessi alle risultanze del PRA. Numerose leggi successive, infatti, hanno collegato il compimento di atti da iscrivere nel PRA o la mera appartenenza di un autoveicolo al pagamento di una serie di tributi, l'esazione dei quali è curata -- per specifica concessione del Ministero delle finanze -- direttamente dall'ACI, presso il quale ente è organizzato il predetto Registro.
Sulla base di tale complessa situazione questa Corte ha già osservato, nella sentenza n. 291 del 1992, che la regolamentazione attuale della pubblicità automobilistica è "contrassegnata da un intreccio inestricabile fra aspetti privatistici e funzione pubblicistica".
Non può essere taciuto, inoltre, che l'imponente numero di autoveicoli in circolazione ha portato all'istituzione di vari uffici (come la Motorizzazione civile) preposti alla cura di altri aspetti relativi all'automobile. Sussistono, quindi, distinti apparati, facenti capo a vari enti (e ai Ministeri delle finanze e dei trasporti), le cui funzioni possono apparire parzialmente sovrapponibili. In particolare, benché la recente legge 9 luglio 1990, n. 187, abbia disposto l'automazione degli uffici del PRA, il proprietario dell'autoveicolo è oggi tenuto a compiere diverse pratiche presso l'ACI, che rilascia il certificato di proprietà, mentre l'aspetto tecnico del mezzo è soggetto alla verifica da parte della Motorizzazione civile, che rilascia per lo stesso veicolo la carta di circolazione. Tale duplicazione di pratiche, documenti e spese sono evidenziati dal Comitato promotore per motivare l'intento di quella semplificazione che è alla base della richiesta di abrogazione.
2.-- Tanto premesso, questa Corte ritiene sussistenti motivi ostativi all'ammissibilità della richiesta referendaria.
Va rilevata anzitutto la molteplicità dei testi legislativi che, direttamente o indirettamente, fanno riferimento al PRA: oltre al codice civile -- che dedica gli articoli 2683-2695 alla materia della trascrizione degli atti concernenti i beni mobili registrati -- il nuovo codice della strada si richiama frequentemente al PRA, ed altre leggi, come si è detto, hanno collegato le risultanze di questo registro al pagamento di vari tributi. L'omessa indicazione di tali testi nel quesito referendario non è peraltro causa, di per sé, di inammissibilità del referendum. L'incompletezza è, infatti, ravvisabile solo quando la stessa norma o lo stesso principio oggetto del referendum costituiscano il contenuto essenziale di un altro autonomo corpo normativo che, sopravvivendo all'eventuale abrogazione per voto popolare, determinerebbe una intollerabile contraddizione del quesito, traducendosi in un difetto di chiarezza verso gli elettori.
La richiesta referendaria è peraltro inammissibile per l'assorbente criterio più volte enunciato in precedenti sentenze di questa Corte: quello per cui deve ritenersi inammissibile il quesito che non si presenti al corpo elettorale in termini di omogeneità. In altre parole, occorre che l'elettore sia messo in condizioni di esprimersi, con unica risposta affermativa o negativa, su una questione ben determinata nel contenuto e nelle finalità, rispettando così la sua libertà -- nel caso di pluralità di disposizioni coinvolte non riconducibili ad una matrice razionalmente unitaria -- di formulare scelte differenziate.
3.-- Nel caso specifico, ad una prima valutazione il quesito potrebbe apparire omogeneo perché finalizzato all'eliminazione del PRA. Ma tale affermazione non regge ad un esame più attento, in considerazione delle molteplici implicazioni del quesito medesimo, dal momento che esso, anche se indirettamente, coinvolge una pluralità di soggetti od uffici, nonché la pluralità delle funzioni svolte da ciascuno di essi; funzioni di diversa natura e disciplinate da distinti testi normativi.
L'ACI, come si è detto, gestisce l'ufficio del PRA non soltanto ai fini privatistici della pubblicità legale delle trascrizioni e iscrizioni relative alla proprietà ed agli altri diritti reali o privilegi, ma anche a fini pubblicistici (sentenza n. 291 del 1992). Queste diverse funzioni, infine, sono disciplinate -- come già si è accennato -- da una molteplicità di corpi normativi.
Tale complessità di strutture, di funzioni e di norme, se può giustificare l'esigenza di riforme semplificatrici, induce alla conclusione della inammissibilità della richiesta di questo referendum, per il motivo che il quesito, investendo con una sola domanda più contenuti eterogenei, può generare equivoci per l'elettore, al quale non viene quindi consentita la libertà di esprimersi con chiara consapevolezza sull'unico contenuto normativo che può univocamente formare oggetto di una richiesta referendaria.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara inammissibile la richiesta di referendum popolare per l'abrogazione del regio decreto legge 15 marzo 1927, n. 436, convertito in legge 19 febbraio 1928, n. 510, (Disciplina dei contratti di compravendita degli autoveicoli ed istituzione del Pubblico Registro Automobilistico presso le sedi dell'Automobile Club d'Italia), richiesta dichiarata legittima con ordinanza in data 11-13 dicembre 1996 dell'Ufficio centrale per il referendum costituito presso la Corte di Cassazione.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 30 gennaio 1997.
Il Presidente: Renato Granata
Il redattore: Fernando Santosuosso.
Depositata in cancelleria il 10 febbraio 1997.