SENTENZA N.40
ANNO 1997
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Dott. Renato GRANATA, Presidente
- Prof. Giuliano VASSALLI
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Cesare MIRABELLI
- Prof. Fernando SANTOSUOSSO
- Avv. Massimo VARI
- Dott. Cesare RUPERTO
- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY
- Prof. Valerio ONIDA
- Prof. Carlo MEZZANOTTE
- Avv. Fernanda CONTRI
- Prof. Guido NEPPI MODONA
- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di ammissibilità, ai sensi dell'art. 2, primo comma, della legge costituzionale 11 marzo 1953, n. 1, della richiesta di referendum popolare per l'abrogazione del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, recante "Approvazione del testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado", limitatamente a:
- articolo 121, comma 3 ("I docenti sono utilizzati secondo moduli organizzativi costituiti da tre docenti su due classi nell'ambito del plesso di titolarità o di plessi diversi del circolo; qualora ciò non sia possibile, sono utilizzati nel plesso di titolarità secondo moduli costituiti da quattro docenti su tre classi, in modo da assicurare in ogni scuola l'orario di attività didattica di cui all'articolo 129.");
- articolo 127, comma 3, limitatamente alle parole "del modulo organizzativo di cui all'articolo 121" e comma 5, limitatamente alle parole "A tal fine, il collegio dei docenti, in sede di programmazione, propone al direttore didattico i necessari adattamenti in materia di costituzione dei moduli.";
- articolo 128, comma 3 ("Il direttore didattico, sulla base di quanto stabilito dalla programmazione dell'azione educativa, dispone l'assegnazione dei docenti alle classi di ciascuno dei moduli organizzativi di cui all'articolo 121 e l'assegnazione degli ambiti disciplinari ai docenti, avendo cura di garantire le condizioni per la continuità didattica, nonché la migliore utilizzazione delle competenze e delle esperienze professionali, assicurando, ove possibile, un'opportuna rotazione nel tempo."), comma 4 ("Nell'ambito dello stesso modulo organizzativo, i docenti operano collegialmente e sono contitolari della classe o delle classi a cui il modulo si riferisce."), comma 5 ("Nei primi due anni della scuola elementare, per favorire l'impostazione unitaria e pre-disciplinare dei programmi, la specifica articolazione del modulo organizzativo di cui all'articolo 121 è, di norma, tale da consentire una maggiore presenza temporale di un singolo docente in ognuna delle classi."), comma 6 ("La pluralità degli interventi è articolata, di norma, per ambiti disciplinari, anche in riferimento allo sviluppo delle più ampie opportunità formative.") e comma 7 ("Il collegio dei docenti, nel quadro della programmazione dell'azione educativa, procede all'aggregazione delle materie per ambiti disciplinari, nonché alla ripartizione del tempo da dedicare all'insegnamento delle diverse discipline del curricolo secondo i criteri definiti dal Ministro della pubblica istruzione, sentito il Consiglio nazionale della pubblica istruzione, tenendo conto: a) dell'affinità delle discipline, soprattutto nei primi due anni della scuola elementare; b) dell'esigenza di non raggruppare da sole o in unico ambito disciplinare l'educazione all'immagine, l'educazione al suono e alla musica e l'educazione motoria.");
- articolo 130, comma 2, lettera c), limitatamente alle parole: "e che l'organizzazione didattica preveda la suddivisione dei docenti per ambiti disciplinari come previsto dall'articolo 128." e comma 3 ("I posti derivanti da eventuali soppressioni delle predette attività di tempo pieno saranno utilizzati esclusivamente per l'attuazione dei moduli organizzativi di cui all'articolo 121.");
- articolo 131, comma 1, limitatamente alle parole: "da attuarsi in incontri collegiali dei docenti di ciascun modulo";
- articolo 133, comma 4, limitatamente alle parole: "per l'attuazione del modulo organizzativo", comma 5 ("Il modulo organizzativo e didattico di cui agli articoli 121, 128 e 130, si realizza gradualmente, con la conversione dei posti istituiti o comunque assegnati ai sensi delle vigenti disposizioni."), comma 6 ("Soddisfatte le esigenze di cui all'articolo 121 i posti eventualmente residui nell'organico provinciale possono essere redistribuiti, man mano che si rendano vacanti, nelle province nelle quali sia necessaria ulteriore disponibilità per l'attivazione del nuovo modulo organizzativo."), e comma 9, limitatamente alle parole: ", nonché all'attuazione del programma del nuovo modulo", iscritto al n. 109 del registro referendum.
Vista l'ordinanza dell'11-13 dicembre 1996 con la quale l'Ufficio centrale per il referendum presso la Corte di cassazione ha dichiarato legittima la richiesta;
udito nella camera di consiglio dell'8 gennaio 1997 il Giudice relatore Gustavo Zagrebelsky;
udito l'Avvocato Beniamino Caravita di Toritto per i presentatori Bernardini Rita e Sabatano Mauro.
Ritenuto in fatto
1. -- L'Ufficio centrale per il referendum, costituito presso la Corte di cassazione ai sensi dell'art. 12 della legge 25 maggio 1970, n. 352 e successive modifiche e integrazioni, ha esaminato la richiesta di referendum popolare, presentata il 28 settembre 1995 da tredici cittadini elettori, sul seguente quesito:
«Volete voi che sia abrogato il d.lgs. 16 aprile 1994, n. 297, recante "Approvazione del testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado", limitatamente a: articolo 121, comma 3 ("I docenti sono utilizzati secondo moduli organizzativi costituiti da tre docenti su due classi nell'ambito del plesso di titolarità o di plessi diversi del circolo; qualora ciò non sia possibile, sono utilizzati nel plesso di titolarità secondo moduli costituiti da quattro docenti su tre classi, in modo da assicurare in ogni scuola l'orario di attività didattica di cui all'articolo 129."); articolo 127, comma 3, limitatamente alle parole "del modulo organizzativo di cui all'articolo 121" e comma 5, limitatamente alle parole "A tal fine, il collegio dei docenti, in sede di programmazione, propone al direttore didattico i necessari adattamenti in materia di costituzione dei moduli."; articolo 128, comma 3 ("Il direttore didattico, sulla base di quanto stabilito dalla programmazione dell'azione educativa, dispone l'assegnazione dei docenti alle classi di ciascuno dei moduli organizzativi di cui all'articolo 121 e l'assegnazione degli ambiti disciplinari ai docenti, avendo cura di garantire le condizioni per la continuità didattica, nonché la migliore utilizzazione delle competenze e delle esperienze professionali, assicurando, ove possibile, un'opportuna rotazione nel tempo."), comma 4 ("Nell'ambito dello stesso modulo organizzativo, i docenti operano collegialmente e sono contitolari della classe o delle classi a cui il modulo si riferisce."), comma 5 ("Nei primi due anni della scuola elementare, per favorire l'impostazione unitaria e pre-disciplinare dei programmi, la specifica articolazione del modulo organizzativo di cui all'articolo 121 è, di norma, tale da consentire una maggiore presenza temporale di un singolo docente in ognuna delle classi."), comma 6 ("La pluralità degli interventi è articolata, di norma, per ambiti disciplinari, anche in riferimento allo sviluppo delle più ampie attività formative.") e comma 7 ("Il collegio dei docenti, nel quadro della programmazione dell'azione educativa, procede all'aggregazione delle materie per ambiti disciplinari, nonché alla ripartizione del tempo da dedicare all'insegnamento e delle diverse discipline del curricolo secondo i criteri definiti dal Ministro della pubblica istruzione, sentito il Consiglio nazionale della pubblica istruzione, tenendo conto: a) dell'affinità delle discipline, soprattutto nei primi due anni della scuola elementare; b) dell'esigenza di non raggruppare da sole o in unico ambito disciplinare l'educazione all'immagine, l'educazione al suono e alla musica e l'educazione motoria."); articolo 130, comma 2, lettera c), limitatamente alle parole: "e che l'organizzazione didattica preveda la suddivisione dei docenti per ambiti disciplinari come previsto dall'articolo 128." e comma 3 ("I posti derivanti da eventuali soppressioni delle predette attività di tempo pieno saranno utilizzati esclusivamente per l'attuazione dei moduli organizzativi di cui all'articolo 121."); articolo 131, comma 11, limitatamente alle parole: "da attuarsi in incontri collegiali dei docenti di ciascun modulo"; articolo 133, comma 4, limitatamente alle parole: "per l'attuazione del modulo organizzativo", comma 5 ("Il modulo organizzativo e didattico di cui agli articoli 121, 128 e 130, si realizza gradualmente, con la conversione dei posti istituiti o comunque assegnati ai sensi delle vigenti disposizioni."), comma 6, limitatamente alle parole: "per l'attivazione del nuovo modulo organizzativo.", e comma 9, limitatamente alle parole: ", nonché all'attuazione del programma del nuovo modulo,"?».
2. -- Con ordinanza dell'11-13 dicembre 1996 l'Ufficio centrale per il referendum ha dichiarato la legittimità della richiesta, provvedendo a correggere l'errore materiale in cui si è indicato l'art. 131, comma 11, come la norma nella quale figurano le parole di cui si chiede l'abrogazione, che invece sono contenute nel comma 1 del medesimo articolo, e stabilendo altresì la denominazione della richiesta di referendum nel seguente tenore "scuola elementare: abolizione dei moduli organizzativi con più maestri nelle classi".
3. -- Ricevuta comunicazione dell'ordinanza dell'Ufficio centrale, il Presidente di questa Corte ha fissato, per la conseguente deliberazione, la camera di consiglio dell'8 gennaio 1997, disponendone a sua volta la comunicazione ai presentatori della richiesta di referendum e al Presidente del Consiglio dei ministri ai sensi dell'art. 33, secondo comma, della legge 25 maggio 1970, n. 352.
4. -- Con successiva ordinanza del 20 dicembre 1996, l'Ufficio centrale ha provveduto alla correzione degli errori materiali nei seguenti termini:
- nella parte relativa all'art. 128, comma 6, si deve leggere:
"La pluralità degli interventi è articolata, di norma, per ambiti disciplinari, anche in riferimento allo sviluppo delle più ampie opportunità formative";
- nella parte relativa all'art. 128, comma 7, si deve leggere:
"Il collegio dei docenti, nel quadro della programmazione dell'azione educativa, procede all'aggregazione delle materie per ambiti disciplinari, nonché alla ripartizione del tempo da dedicare all'insegnamento delle diverse discipline del curricolo secondo i criteri definiti dal Ministro della pubblica istruzione, sentito il Consiglio nazionale della pubblica istruzione, tenendo conto: a) dell'affinità delle discipline, soprattutto nei primi due anni della scuola elementare; b) dell'esigenza di non raggruppare da sole o in unico ambito disciplinare l'educazione all'immagine, l'educazione al suono e alla musica e l'educazione motoria.");
- nella parte relativa all'art. 133, comma 6, si deve leggere:
"Soddisfatte le esigenze di cui all'articolo 121 i posti eventualmente residui nell'organico provinciale possono essere redistribuiti, man mano che si rendano vacanti, nelle province nelle quali sia necessaria ulteriore disponibilità per l'attivazione del nuovo modulo organizzativo".
5. -- Nell'imminenza della camera di consiglio il Comitato promotore del referendum ha depositato una prima memoria, nella quale chiarisce che la richiesta è diretta alla abrogazione delle disposizioni del decreto legislativo n. 297 del 1994 che impongono all'amministrazione scolastica l'obbligo di impiegare i docenti delle elementari secondo moduli organizzativi composti da più insegnanti, e ciò nel presupposto che la frammentazione dell'insegnamento sia inopportuna e dannosa per il buon andamento dell'attività didattica e l'interesse degli alunni. Ed invero, nella memoria si afferma che, venuta meno la figura dell'insegnante che indirizza in modo unitario l'attività scolastica dei bambini ed introdotto il sistema per cui i docenti si alternano nelle varie discipline, l'insegnamento risulta foriero di disorientamento e confusione per gli alunni che vengono privati di un punto di riferimento stabile, rappresentato dall'insegnante unico.
La difesa del comitato sostiene che la domanda referendaria avrebbe tutti i requisiti per essere dichiarata ammissibile, perché non riguarda le materie di cui all'art. 75, secondo comma, della Costituzione, non tende all'abrogazione di atti normativi dotati di forza passiva peculiare, non ha per oggetto disposizioni legislative ordinarie a contenuto costituzionalmente vincolato e non mira all'abrogazione di un organo o istituto la cui esistenza è prevista dalla Costituzione; essa è diretta, invece, alla soppressione di un determinato modulo organizzativo che il legislatore ha discrezionalmente scelto per le scuole elementari. Inoltre la richiesta concerne disposizioni contenute in un atto avente forza di legge, qual è il testo unico in esame emanato nell'esercizio della funzione legislativa delegata ai sensi dell'art. 76 della Costituzione.
Il quesito risponderebbe, poi, ai canoni di omogeneità, univocità e chiarezza enucleati dalla giurisprudenza costituzionale, poiché coinvolge una normativa della quale è possibile individuare una matrice razionalmente unitaria, consentendo così ai cittadini la piena consapevolezza del significato del voto.
Nella memoria si precisa che il quesito non è stato esteso anche al comma 2 dell'art. 121, che disciplina l'organico di ciascun circolo didattico della scuola elementare - costituito da un numero di posti pari al numero delle classi e delle pluriclassi, nonché da un ulteriore numero di posti in ragione di uno ogni due classi, e ciò in qualche modo in vista dell'attivazione del "modulo dei tre docenti" - perché il legislatore e l'amministrazione scolastica, fermo restando quell'organico, possono sempre disciplinare l'insegnamento secondo modelli alternativi, comunque compatibili con il mantenimento del docente unico.
E, d'altra parte, se il quesito avesse riguardato anche la norma sull'organico, ne sarebbe derivata una domanda eterogenea rispetto alla doverosa matrice unitaria, perché il corpo votante sarebbe stato chiamato ad esprimersi, da un canto, sull'eliminazione del "modulo dei tre docenti", e, dall'altro, sulla composizione dell'organico degli insegnanti.
Da ultimo nessuna influenza dovrebbe avere sull'ammissibilità della richiesta la sopravvenuta legge 23 dicembre 1996 n. 662 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica), il cui art. 1, comma 72, reca norme in tema di organizzazione dell'attività didattica, espressamente richiamando l'art. 128 del decreto legislativo n. 297 del 1994, che è una delle norme oggetto del referendum. L'art. 128, infatti, disciplina una pluralità di profili in tema di programmazione e di organizzazione didattica, alcuni dei quali del tutto estranei al quesito referendario e alla sua ratio e, in caso di esito positivo della consultazione popolare, il riferimento a quella norma rimarrebbe comunque efficace per le parti non toccate dal referendum.
6. -- Con una seconda memoria, il comitato promotore ha ulteriormente esplicitato le motivazioni che stanno alla base della richiesta referendaria e gli obiettivi che si intendono conseguire in caso di risultato positivo della consultazione popolare. In particolare precisa che ciò che si chiede è l'eliminazione dell'obbligo di adottare il modulo organizzativo dei "tre insegnanti", quale "unica, necessaria e uniforme formula organizzativa e di impiego dei docenti della scuola elementare", e ciò al fine di "ristabilire la libertà metodologica di insegnamento costituzionalmente garantita e di fatto compromessa dalle norme che il quesito referendario mira ad abrogare". Ne consegue che il successo del quesito "non comporterebbe l'impossibilità di scegliere, nelle singole scuole, responsabilmente, anche un'organizzazione di tipo modulare", ma ciò sarebbe conseguente a valutazioni di opportunità professionale e didattica e non più invece imposto dalla legge, sì che ogni circolo didattico avrebbe la possibilità di scegliere le formule organizzative ritenute più idonee agli scopi istituzionali.
Considerato in diritto
1. -- La richiesta di referendum abrogativo di alcune parti del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297 (Approvazione del testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado), emanato a seguito dell'autorizzazione contenuta nell'art. 1 della legge 10 aprile 1991, n. 121, concerne, nel suo nucleo, disposizioni ed elementi di disposizioni (analiticamente indicati nell'esposizione del fatto) che, nelle scuole elementari, istituiscono i "moduli organizzativi" attraverso i quali tre docenti vengono assegnati a due classi, ovvero, quando ciò non sia possibile, quattro docenti a tre classi.
Il decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, emanato per mettere ordine nelle leggi concernenti l'istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado, esclusa l'istruzione universitaria, ha riprodotto in un testo organico, con efficacia innovativa e quindi abrogativa delle leggi anteriori (v. art. 676), la disciplina venutasi a stratificare nel tempo, anche a seguito di esperienze accumulatesi attraverso varie attività di sperimentazione.
Tra esse, per la scuola elementare, spicca il "modulo di organizzazione didattica", che è comparso in modo embrionale già nel d.P.R. 12 febbraio 1985, n. 104 (Approvazione dei nuovi programmi didattici per la scuola primaria) ed è stato poi introdotto come formula organizzativa ordinaria dall'art. 4 della legge 5 giugno 1990, n. 148 (Riforma dell'ordinamento della scuola elementare).
Tale formula è prevista "al fine di consentire la realizzazione degli obiettivi educativi indicati dai programmi vigenti" (programmi dettati dal già ricordato d.P.R. 12 febbraio 1985, n. 104, i quali prevedono l'inserimento di varie nuove materie di apprendimento, accanto a quelle tradizionali) e presuppone un organico di posti di insegnante, per ogni circolo didattico, pari al numero delle classi (e delle pluriclassi) aumentato da un ulteriore numero in ragione di uno ogni due classi (e, ove possibile, pluriclassi) (art. 121, comma 2, del decreto legislativo n. 297 del 1994). L'innovazione consiste nell'utilizzazione dei docenti <<secondo moduli organizzativi costituiti da tre docenti su due classi nell'ambito del plesso di titolarità o di plessi diversi del circolo>>. Qualora ciò non sia possibile, è stabilito che i docenti <<sono utilizzati nel plesso di titolarità secondo moduli costituiti da quattro docenti su tre classi>> (art. 121, comma 3).
La richiesta di abrogazione referendaria riguarda innanzitutto l'ora ricordato art. 121, limitatamente al solo terzo comma. Essa si estende poi, per conseguenza, ad altre disposizioni o parti di disposizioni che nel decreto legislativo n. 297 fanno vario riferimento al "modulo organizzativo" e che perderebbero ogni giustificazione, una volta che questo fosse espunto dall'organizzazione scolastica. Tra tali disposizioni destinate a essere travolte con l'abrogazione dell'art. 121, comma 3, particolare rilievo assumono quelle contenute nell'art. 128, commi 3, 4, 5, 6 e 7. Esse, nell'ambito della programmazione e organizzazione didattica, prevedono l'assegnazione dei docenti a ciascuno dei moduli e l'assegnazione ai docenti degli "ambiti disciplinari" di competenza; impongono il metodo della collegialità nei rapporti tra docenti dello stesso modulo e riconoscono loro la contitolarità della classe; stabiliscono che, nei primi due anni della scuola elementare, è di norma assicurata la presenza temporalmente maggiore di un docente in ognuna delle classi e configurano l'attività di insegnamento in "ambiti disciplinari", nei quali le singole materie vengono aggregate dal collegio dei docenti, secondo criteri indicati nelle lettere a) e b) del comma 7.
Non risulta invece compreso nella domanda di abrogazione l'art. 396, comma 3, il quale, disciplinando le funzioni del direttore didattico, stabilisce ch'egli, sulla base della programmazione dell'azione educativa, dispone l'assegnazione dei docenti alle classi di ciascuno del moduli di cui all'art. 121 e aggiunge a ciò altri compiti (l'assegnazione degli insegnanti agli ambiti disciplinari e, ove possibile, la rotazione tra gli stessi) che si giustificano soltanto in un'organizzazione modulare. Questa carenza, peraltro, non si risolve in un motivo di inammissibilità. Riguardando una normativa conseguenziale, priva di autonomia rispetto a quella investita dal quesito referendario, non si determina infatti nell'ordinamento quell'insuperabile contraddizione dalla quale possa dirsi frustrato l'intento referendario. La conseguenza - nell'ipotesi di abrogazione - sarebbe un semplice difetto di coordinamento, rimediabile attraverso i consueti strumenti dell'interpretazione sistematica.
2. -- L'anzidetta proposta di referendum abrogativo è, invece, inammissibile per l'intrinseca sua mancanza di chiarezza.
Tale proposta mira all'evidenza a espungere dalla scuola elementare il "modulo" anzidetto, quale elemento-base di organizzazione dell'insegnamento. I promotori infatti, nelle loro memorie, si diffondono a illustrare (oltre al significato di difesa dell'occupazione nella scuola che la normativa sottoposta a domanda di referendum assumerebbe, di fronte al calo demografico comportante una riduzione del numero delle classi) quelle che sarebbero le conseguenze negative, sul piano psicologico e pedagogico, della rottura della regola tradizionale del maestro unico e della sua sostituzione con una pluralità di insegnanti per tutta la durata della scuola elementare.
Il presente referendum, tuttavia, non si propone un intento meramente eliminativo ma, attraverso una abrogazione parziale, mira di per sé all'instaurazione di un sistema diverso, in sostituzione di quello attualmente vigente.
Ma, quale sia tale sistema resta obiettivamente e insuperabilmente incerto, mancando l'alternatività - condizione di chiarezza del quesito - tra la disciplina vigente, di cui si chiede l'abrogazione, e quella che ne residuerebbe.
Che tale sistema possa consistere nel ripristino dell'insegnante unico, quale mezzo per impedire la lamentata frammentazione dell'insegnamento e, quindi, la rottura del rapporto pedagogico e lo scadimento dell'attività didattica, è dubbio. La normativa che, nel decreto legislativo n. 297 del 1994, eventualmente risultasse dall'abrogazione delle parti sottoposte a referendum non giustifica tale conclusione, mancando regole o principi che possano subentrare alle norme abrogate, i quali abbiano come contenuto, appunto, il ripristino del sistema a insegnante unico.
Di ciò, del resto, si mostrano consapevoli gli stessi promotori del referendum i quali, dopo aver sostenuto nella loro prima memoria (di cui è menzione nella narrativa in fatto) la reviviscenza di tale sistema come effetto dell'eventuale abrogazione, nella seconda memoria correggono visibilmente la ratio dell'iniziativa referendaria. Lasciando cadere evidentemente l'idea che all'abrogazione delle norme sottoposte a referendum possa seguire automaticamente la instaurazione di un sistema alternativo all'attuale e ipotizzando, invece, un vuoto di previsione normativa circa i criteri di organizzazione dell'insegnamento e di utilizzazione degli insegnanti nella scuola elementare, in tale secondo momento si avanza una diversa ratio referendaria. Essa consisterebbe nell'eliminazione non del modulo, ma dell'obbligo di adottare il modulo stesso quale unica, necessaria e uniforme formula organizzativa di impiego dei docenti nella scuola elementare. Il vuoto, in altre parole, dovrebbe essere riempito dall'autonomia degli organi dell'amministrazione scolastica, abilitati dal silenzio della legge ad adottare una qualunque tra le possibili decisioni organizzative, nell'ambito delle disponibilità di personale docente. Una qualunque decisione - occorre aggiungere - compresa quella del modulo, la cui istituzione da conseguenza di un obbligo legale diverrebbe conseguenza di atti di autonomia delle singole istituzioni scolastiche.
Indipendentemente dall'attendibilità e dalla validità di una tale interpretazione della normativa che potrebbe risultare dall'abrogazione delle norme sottoposte a referendum, occorre rilevare che in tal modo l'intento obiettivo del referendum, così ricostruito, è completamente diverso da quello esposto per primo, il quale trova peraltro conferma nella denominazione che l'Ufficio centrale, costituito presso la Corte di cassazione, ha assegnato alla presente richiesta referendaria: <<scuola elementare: abolizione dei moduli organizzativi con più maestri nelle classi>>. Il significato del proposto referendum, in questa altra prospettiva, sarebbe quello, del tutto estraneo alla portata delle norme di cui si chiede l'abrogazione, di mezzo per il potenziamento dell'autonomia della scuola.
Da ciò, un'insuperabile incertezza circa il significato che si debba attribuire (e che gli stessi promotori hanno inteso attribuire) al quesito: se contro il modulo come tale, o a favore dell'autonomia organizzativa delle istituzioni scolastiche, autonomia dal cui esercizio il modulo stesso potrebbe risorgere. Potrebbe risorgere - si deve notare - con questa aggravante per coloro che si fossero espressi per l'abrogazione, nella convinzione circa l'inopportunità della frammentazione del rapporto educativo nei primi anni di frequenza della scuola: non varrebbe più, perché abrogata, quella norma (art. 128, comma 5) che è oggi vòlta ad assicurare nell'ambito del modulo la presenza in ciascuna classe di un docente cui è assicurato un ruolo temporalmente preminente.
Pertanto, l'iniziativa referendaria in questione manca di un fine obiettivo univoco rispetto al quale gli elettori possano esprimere una volontà consapevole dei suoi effetti normativi, alternativi alla disciplina vigente.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara inammissibile, nelle parti indicate in epigrafe, la richiesta di referendum popolare per l'abrogazione del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297 (Approvazione del testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado), richiesta dichiarata legittima con ordinanza dell'11-13 dicembre 1996 dall'Ufficio centrale per il referendum costituito presso la Corte di cassazione.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 30 gennaio 1997
Il Presidente : Renato Granata
Il redattore: Cesare Mirabelli.
Depositata in cancelleria il 10 febbraio 1997.