Sentenza n. 3 del 1997

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SENTENZA N. 3

ANNO 1997

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-        Dott. Renato GRANATA, Presidente

-        Prof. Giuliano VASSALLI

-        Prof. Francesco GUIZZI

-        Prof. Cesare MIRABELLI

-        Prof. Fernando SANTOSUOSSO

-        Avv. Massimo VARI

-        Dott. Cesare RUPERTO

-        Dott. Riccardo CHIEPPA

-        Prof. Gustavo ZAGREBELSKY

-        Prof. Valerio ONIDA

-        Prof. Carlo MEZZANOTTE

-        Avv. Fernanda CONTRI

-        Prof. Guido NEPPI MODONA

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 116, comma 13, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), promosso con ordinanza emessa il 17 gennaio 1996 dal Pretore di Ascoli Piceno, nel procedimento penale a carico di Barbagrigia Salvatore, iscritta al n. 238 del registro ordinanze 1996 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 12, prima serie speciale, dell'anno 1996.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio dell'11 dicembre 1996 il Giudice relatore Francesco Guizzi.

Ritenuto in fatto

1. -- Nel corso del procedimento penale a carico di Barbagrigia Salvatore, imputato del reato previsto dall'art. 116, comma 13, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), per aver circolato alla guida di un motociclo "Yamaha 660" sprovvisto della patente prescritta, il Pretore di Ascoli Piceno ha sollevato, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale del predetto articolo.

Osserva il giudice a quo che vi sarebbe una irragionevole disparità di trattamento fra l'ipotesi, soggetta a sanzione penale, in cui il titolare di patente di categoria B circoli alla guida del motociclo senza specifico titolo di abilitazione (la patente di categoria A) e quella, sottoposta a semplice sanzione amministrativa, in cui il medesimo titolare di patente B guidi un qualsiasi autoveicolo per il quale sia richiesta patente di categoria superiore.

Tale disparità sarebbe giustificabile se e in quanto si configurasse ragionevolmente, per il caso in esame, un obiettivo giudizio di maggiore pericolosità rispetto all'ipotesi di guida d'un autoveicolo per il quale sia richiesta la patente di categoria superiore alla B. Le due fattispecie appaiono invece equivalenti, per quanto attiene alla pericolosità, ove si pensi alla guida d'un autoveicolo di grandi dimensioni (ad esempio, un autosnodato) da parte di chi non sia munito della patente C. Di qui, la non manifesta infondatezza per disparità di trattamento.

2. -- E' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato, che ha concluso per la manifesta inammissibilità, richiamando la sentenza n. 246 del 1995 di questa Corte e sottolineando la mancanza di nuovi argomenti meritevoli di un ulteriore esame.

Considerato in diritto

1. -- Viene riproposta all'esame della Corte, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 116, comma 13, del codice della strada, di cui al decreto legislativo n. 285 del 1992, nella parte in cui prevede una sanzione penale in luogo dell'originaria sanzione amministrativa stabilita per tutte le altre ipotesi similari. La fattispecie in esame è quella della guida di un motoveicolo, con cilindrata superiore a 125 centimetri cubici e potenza superiore a 11 cavalli, da parte di persona munita della patente di categoria B e non invece di quella prescritta, la A, giusta gli artt. 3 e 5 del decreto 8 agosto 1994 del Ministero dei trasporti e della navigazione - che ha recepito la direttiva del Consiglio n. 91/439/CEE del 29 luglio 1991, concernente le patenti di guida - emanato ai sensi dell'art. 229 del codice della strada e dell'art. 406 del regolamento di esecuzione di esso (d.P.R. 16 dicembre 1992, n. 495).

La denunciata disparità di trattamento si configurerebbe in relazione alla previsione della sanzione amministrativa stabilita dall'art. 125, comma 3, del codice della strada, per l'ipotesi che il medesimo titolare di patente B guidi un qualsiasi autoveicolo per il quale sia richiesta una patente di categoria superiore o diversa (in proposito il Pretore rimettente fa l'esempio della conduzione d'un autosnodato).

2. -- Questa Corte ha già affrontato la medesima questione con la sentenza n. 246 del 1995, dando conto della complessa vicenda legislativa, nazionale e comunitaria, che ha portato all'attuale disciplina, caratterizzata dalla sanzione amministrativa (art. 125, commi 3 e 5) per tutte le ipotesi di circolazione alla guida di un autoveicolo diverso da quello per il quale è stata rilasciata la patente posseduta (categoria B, C o D) e dalla sanzione penale (art. 116, comma 13) per l'ipotesi di guida di motoveicoli con cilindrata superiore a 125 centimetri cubici e di potenza superiore a 11 cavalli, giusta quanto dispone l'art. 5 del citato d.m. 8 agosto 1994. Sulla base della rilevata sproporzione, la Corte aveva invitato il legislatore a scegliere per le situazioni analoghe un unico tipo di previsione sanzionatoria.

3. -- Va ricordato che in origine il legislatore aveva stabilito per tutte le fattispecie l'applicazione d'una sanzione amministrativa, ma in seguito all'adeguamento del codice della strada alla disciplina della patente comunitaria (legge 16 marzo 1988, n. 111) aveva inopinatamente differenziato il comportamento illecito, qui esaminato, discriminandolo in peius con la previsione della sanzione penale.

La Corte ha già osservato, e non può non ribadire in questa sede, che tale differenziazione è palesemente arbitraria, perché punisce un comportamento, che non è certo di maggiore gravità, con una sanzione più severa (arresto congiunto con l'ammenda) che si applica a chi non abbia conseguito alcuna abilitazione alla guida o che gli sia stata revocata, o non rinnovata, per mancanza dei requisiti previsti dal codice.

4. -- Essendo rimasta invariata la situazione normativa nonostante l'invito rivolto dalla Corte al legislatore con la sentenza n. 246 del 1995, il comma 13 dell'art. 116 del codice della strada, di cui al decreto legislativo n. 285 del 1992, va pertanto dichiarato costituzionalmente illegittimo, nella parte in cui punisce con la sanzione penale colui che - munito di patente di categoria B, C o D - guida un veicolo per il quale è richiesta patente di categoria A.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 116, comma 13, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), nella parte in cui punisce con la sanzione penale, colui che, munito di patente di categoria B, C o D, guida un veicolo per il quale è richiesta patente di categoria A.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 gennaio 1997.

Renato Granata, Presidente

Francesco Guizzi, Redattore

Depositata in cancelleria il 10 gennaio 1997.