ORDINANZA N. 427
ANNO 1996
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Dott. Renato GRANATA, Presidente
- Prof. Giuliano VASSALLI
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Cesare MIRABELLI
- Prof. Fernando SANTOSUOSSO
- Avv. Massimo VARI
- Dott. Cesare RUPERTO
- Dott. Riccardo CHIEPPA
- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY
- Prof. Valerio ONIDA
- Prof. Carlo MEZZANOTTE
- Avv. Fernanda CONTRI
- Prof. Guido NEPPI MODONA
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 336 comma 1 del codice penale, promosso con ordinanza emessa il 31 marzo 1995 dal Pretore di Nocera Inferiore nel procedimento penale a carico di Cicalese Gaetano ed altro, iscritta al n. 596 del registro ordinanze 1996 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 27, prima serie speciale, dell'anno 1996.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio dell'11 dicembre 1996 il Giudice relatore Giuliano Vassalli.
RITENUTO che il Pretore di Nocera Inferiore ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 27, terzo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 336, primo comma, del codice penale, nella parte in cui prevede un minimo edittale di sei mesi di reclusione;
che il giudice a quo, nel richiamare integralmente le considerazioni svolte da questa Corte nella sentenza n. 341 del 1994, ha ritenuto la previsione oggetto di impugnativa frutto di una matrice ideologica e di una concezione autoritaria dei rapporti tra pubblici ufficiali e cittadini ormai superata alla luce dei valori sanciti dalla Carta costituzionale, evocando, a conferma della dedotta irragionevolezza, il ben più blando trattamento sanzionatorio minimo previsto per il reato di violenza privata aggravato a norma dell'art. 61 numero 10 del codice penale;
che nel giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata non fondata.
CONSIDERATO che questa Corte ha già dichiarato non fondata l'identica questione (v. sentenza n. 314 del 1995), osservando come nessuna delle considerazioni poste a fondamento della sentenza n. 341 del 1994 possa ritenersi pertinente alla fattispecie oggetto di censura, dal momento che il trattamento sanzionatorio previsto, quanto al minimo edittale, per il reato di cui all'art. 336 del codice penale, lungi dal rappresentare un ""unicum", generato dal codice penale del 1930", come nel caso del reato di oltraggio, si pone in linea con la stessa tradizione codicistica, doverosamente attenta a rimarcare la maggior lesività che presenta una sia pur "minima" violenza o minaccia ad un pubblico ufficiale rispetto ad una parimenti "minima" offesa al suo onore o prestigio;
che nella medesima occasione questa Corte non ha mancato di sottolineare come l'art. 336 del codice penale presenti un elemento teleologico di consistente gravità che risulta, invece, del tutto estraneo alla fattispecie delineata dall'art. 610 cod.pen. evocata quale termine di comparazione, e che, quindi, adeguatamente giustifica il differente trattamento sanzionatorio;
che, pertanto, non essendo stati addotti argomenti nuovi o diversi da quelli allora esaminati, la questione proposta deve essere dichiarata manifestamente infondata.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 336, primo comma, del codice penale, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 27, terzo comma, della Costituzione, dal Pretore di Nocera Inferiore con l'ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12 dicembre 1996.
Renato GRANATA, Presidente
Giuliano VASSALLI, Redattore
Depositata in cancelleria il 27 dicembre 1996.