Ordinanza n. 412 del 1996

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ORDINANZA N. 412

ANNO 1996

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-     Dott. Renato GRANATA, Presidente

-     Prof. Cesare MIRABELLI

-     Prof. Fernando SANTOSUOSSO

-     Avv. Massimo VARI

-     Dott. Cesare RUPERTO

-     Prof. Gustavo ZAGREBELSKY

-     Prof. Valerio ONIDA

-     Prof. Carlo MEZZANOTTE

-     Avv. Fernanda CONTRI

-     Prof. Guido NEPPI MODONA

-     Prof. Pier Alberto CAPOTOSTI

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 37, comma 1 e 34, comma 2, del codice di procedura penale, promossi con ordinanze emesse il 22 marzo 1996 dal tribunale di Siena, il 12 gennaio 1996 dal tribunale di Foggia, il 31 ottobre 1995 dal tribunale di Prato, il 15 gennaio, il 2 febbraio e il 28 marzo 1996 dal tribunale di Foggia e l'11 marzo 1996 dalla Corte d'assise di Chieti, rispettivamente iscritte ai nn. 744, 771, 812, 861, 867, 940 e 942 del registro ordinanze 1996 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 34, 36, 38 e 40, prima serie speciale, dell'anno 1996;

Udito nella camera di consiglio del 13 novembre 1996 il giudice relatore Gustavo Zagrebelsky;

RITENUTO che il tribunale di Foggia, con ordinanze del 12 e 15 gennaio 1996 (r.o. 771 e 861 del 1996), del 2 febbraio 1996 (r.o. 867 del 1996) e del 28 marzo 1996 (r.o. 940 del 1996); il tribunale di Prato, con ordinanza del 31 ottobre 1995 (r.o. 812 del 1996); la Corte d'assise di Chieti, con ordinanza dell'11 marzo 1996 (r.o. 942 del 1996), hanno sollevato questioni di legittimità costituzionale dell'art. 34, comma 2, cod. proc. pen., nella parte in cui non prevede che non possa partecipare al giudizio dibattimentale il giudice che abbia in precedenza fatto parte del collegio del tribunale del riesame - o dell'appello, secondo un profilo prospettato dalla Corte d'assise di Chieti - avverso ordinanze in tema di misure cautelari personali, in riferimento a diversi parametri costituzionali, individuati dai giudici rimettenti negli artt. 3, 24 e 25 della Costituzione;

che il tribunale di Siena, con ordinanza del 22 marzo 1996 (r.o. n. 744 del 1996), ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 37, comma 1, cod. proc. pen., nella parte in cui non prevede la possibilità di ricusare il giudice del dibattimento che abbia concorso a pronunciare ordinanza di conferma, in sede di riesame, di un provvedimento applicativo di misura cautelare personale, in riferimento agli artt. 3, primo comma, e 24 della Costituzione;

che le ordinanze di rimessione sopra indicate individuano una lesione dei parametri costituzionali invocati nella sostanziale duplicazione di valutazioni nel merito che, nelle ipotesi considerate, verrebbe ad essere effettuata dal giudice del dibattimento, richiamando generalmente, a tal fine, gli enunciati della sentenza n. 432 del 1995 di questa Corte;

che, relativamente alla questione sollevata dal tribunale di Siena (r.o. 744 del 1996), le suddette argomentazioni si indirizzano verso la norma che stabilisce i casi di ricusazione del giudice;

CONSIDERATO che le questioni prospettate sono identiche o analoghe, e che pertanto i relativi giudizi possono essere riuniti e decisi congiuntamente;

che le norme impugnate sono già state sottoposte all'esame di questa Corte, sotto i profili e in relazione ai parametri indicati;

che con la sentenza n. 131 del 1996 è stata dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'art. 34, comma 2, cod. proc. pen., nella parte in cui non prevede l'incompatibilità alla funzione di giudizio del giudice che come componente del tribunale del riesame (art. 309 cod. proc. pen.) si sia pronunciato sull'ordinanza che dispone una misura cautelare personale nei confronti dell'indagato o dell'imputato, ovvero che come componente del tribunale dell'appello avverso l'ordinanza che provvede in ordine a una misura cautelare personale nei confronti dell'indagato o dell'imputato (art. 310 cod. proc. pen.) si sia pronunciato su aspetti non esclusivamente formali dell'ordinanza anzidetta;

che, quindi, essendo stata la disposizione oggetto di impugnativa dichiarata costituzionalmente illegittima nel senso prospettato dai giudici rimettenti, le relative questioni devono essere dichiarate manifestamente inammissibili (v. anche ordinanze nn. 184, 213, 285 e 392 del 1996);

che il rilievo che precede vale anche per la questione sollevata dal tribunale di Siena nei confronti dell'art. 37, comma 1, cod. proc. pen., essendosi già rilevato (ordinanza n. 213 del 1996) che la censura lamenta la mancata previsione di un caso di ricusazione che, stante il richiamo della disposizione impugnata all'art. 36 (comma 1, lettera g)) e perciò tramite questo all'art. 34 del codice, rimanda al presupposto sostanziale della ricusazione, costituito appunto dalla previsione concernente l'incompatibilità del giudice, in relazione all'ipotesi oggetto della statuizione di incostituzionalità n. 131 del 1996 sopra ricordata;

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

Riuniti i giudizi, dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 34, comma 2, e dell'art. 37, comma 1, cod. proc. pen., sollevate, in riferimento agli artt. 3, 24 e 25 della Costituzione, dai tribunali di Foggia, Prato e Siena e dalla Corte d'assise di Chieti, con le ordinanze indicate in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'11 dicembre 1996.

Renato GRANATA, Presidente

Gustavo ZAGREBELSKY, Redattore

Depositata in cancelleria il 24 dicembre 1996.