ORDINANZA N. 327
ANNO 1996
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Avv. Mauro FERRI, Presidente
- Prof. Luigi MENGONI
- Prof. Enzo CHELI
- Dott. Renato GRANATA
- Prof. Giuliano VASSALLI
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Cesare MIRABELLI
- Prof. Fernando SANTOSUOSSO
- Avv. Massimo VARI
- Dott. Cesare RUPERTO
- Dott. Riccardo CHIEPPA
- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY
- Prof. Valerio ONIDA
- Prof. Carlo MEZZANOTTE
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 2, comma 1, lettera a), del d.P.R. 20 marzo 1967, n. 223 (Approvazione del testo unico delle leggi per la disciplina dell'elettorato attivo e per la tenuta e la revisione delle liste elettorali), sostituito dall'art. 1 della legge 16 gennaio 1992, n. 15 (Modificazioni al testo unico delle leggi per la disciplina dell'elettorato attivo e per la tenuta e la revisione delle liste elettorali, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 1967, n. 223, e al testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361), promosso con ordinanza emessa il 4 luglio 1995 dal Tribunale di Tolmezzo sul reclamo proposto da Di Carlo Mirella contro Varisco Giuseppe, nella qualità, e altre, iscritta al n. 754 del registro ordinanze 1995 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 47, prima serie speciale, dell'anno 1995.
Udito nella camera di consiglio del 15 maggio 1996 il Giudice relatore Francesco Guizzi.
RITENUTO che il Tribunale di Tolmezzo - investito del reclamo proposto da Di Carlo Mirella, ai sensi dell'art. 669-terdecies del codice di procedura civile, avverso l'ordinanza emessa dal Giudice istruttore di detto Tribunale il 9 giugno 1995 nella causa di opposizione alla sentenza dichiarativa del fallimento della DueAzeta Elettronica - ha sollevato, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 2, comma 1, lettera a), del d.P.R. 20 marzo 1967, n. 223 (Approvazione del testo unico delle leggi per la disciplina dell'elettorato attivo e per la tenuta e la revisione delle liste elettorali), sostituito dall'art. 1 della legge 16 gennaio 1992, n. 15;
che la norma denunciata esclude, per coloro i quali sono stati dichiarati falliti, il diritto di elettorato attivo finché dura lo stato di fallimento e, comunque, non oltre cinque anni dalla sentenza dichiarativa dello stesso;
che secondo il giudice a quo il giudizio sulla persona del fallito ha perduto nel comune sentire la sua valenza negativa, e nella sentenza n. 203 del 1995 della Corte costituzionale vi è un esplicito richiamo all'incremento delle dichiarazioni di fallimento, pur incolpevole, e alla riflessione dottrinale che ha superato la visione tradizionale che presupponeva la indegnità del fallito;
che spetta sì al legislatore ordinario di definire i casi di indegnità morale di cui all'art. 48 della Costituzione, ma nel rispetto del principio di ragionevolezza;
che l'art. 2 del d.P.R. n. 223 del 1967 sarebbe in contrasto con l'art. 3 della Costituzione, in quanto l'esclusione dall'elettorato attivo prescinde da ogni verifica su comportamenti colpevoli del soggetto e si rivolge unicamente a danno di alcuni, lasciando indenni altri, come il piccolo imprenditore e l'artigiano.
CONSIDERATO che occorre verificare, in via preliminare, la rilevanza della questione;
che la parte richiedeva al Tribunale rimettente la sospensione o la revoca di uno degli effetti tipici della sentenza dichiarativa di fallimento, nella specie la perdita temporanea del diritto di elettorato attivo;
che tale effetto cessa, secondo le norme vigenti, allo spirare del termine quinquennale previsto dall'art. 2 del d.P.R. n. 223 del 1967, o per la revoca o annullamento della sentenza dichiarativa di fallimento;
che la richiesta avanzata dalla parte - dapprima innanzi al Giudice istruttore della causa di opposizione al fallimento, ai sensi degli artt. 669-quater e 700 del codice di procedura civile, e poi con reclamo al Collegio, ex art. 669-terdecies dello stesso codice - mira alla emissione di un provvedimento abnorme, non concedibile dal giudice;
che è palese l'irrilevanza, e dunque l'inammissibilità, della questione di legittimità costituzionale dell'art. 2, lettera a), del d.P.R. n. 223 del 1967.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 2, comma 1, lettera a), del d.P.R. 20 marzo 1967, n. 223 (Approvazione del testo unico delle leggi per la disciplina dell'elettorato attivo e per la tenuta e la revisione delle liste elettorali), sostituito dall'art. 1 della legge 16 gennaio 1992, n. 15 (Modificazioni al testo unico delle leggi per la disciplina dell'elettorato attivo e per la tenuta e la revisione delle liste elettorali, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 1967, n. 223, e al testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361), sollevata, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dal Tribunale di Tolmezzo con l'ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 18 luglio 1996.
Mauro FERRI, Presidente
Francesco GUIZZI, Redattore
Depositata in cancelleria il 29 luglio 1996.