ORDINANZA N. 278
ANNO 1996
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Avv. Mauro FERRI, Presidente
- Prof. Luigi MENGONI
- Prof. Enzo CHELI
- Dott. Renato GRANATA
- Prof. Giuliano VASSALLI
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Cesare MIRABELLI
- Prof. Fernando SANTOSUOSSO
- Avv. Massimo VARI
- Dott. Cesare RUPERTO
- Dott. Riccardo CHIEPPA
- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY
- Prof. Valerio ONIDA
- Prof. Carlo MEZZANOTTE
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 275, comma 2-bis, del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 2 settembre 1995 dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Catania nel procedimento penale a carico di Muratore Giuseppe, iscritta al n. 239 del registro ordinanze 1996 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 12, prima serie speciale, dell'anno 1996.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 26 giugno 1996 il Giudice relatore Giuliano Vassalli.
RITENUTO che il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Catania ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 275, comma 2-bis, del codice di procedura penale, inserito dall'art. 4 della legge 8 agosto 1995, n. 332 (Modifiche al codice di procedura penale in tema di semplificazione dei procedimenti, di misure cautelari e di diritto di difesa), nella parte in cui è stabilito il divieto di applicazione della misura della custodia cautelare se il giudice ritiene che con la sentenza possa essere concessa la sospensione condizionale della pena, deducendo a tal proposito la violazione:
1) dell'art. 27, secondo comma, della Costituzione, in quanto la disciplina censurata finisce per fondarsi esclusivamente sulla previsione della futura condanna prescindendo totalmente dai criteri enunciati dall'art. 274 cod.proc.pen.;
2) degli artt. 101, secondo comma, e 25, primo comma, della Costituzione, in quanto la norma postula una valutazione in concreto circa la concedibilità del beneficio che si risolve in una anticipazione del giudizio di merito, sia per ciò che concerne la sussistenza dei presupposti per la condanna, sia di quelli previsti dagli artt. 163 e 164 cod.pen.; una previsione, dunque, osserva il rimettente, che introduce elementi di irrazionalità e risulta idonea ad innescare un meccanismo "tale da sottoporre il giudice al rischio di essere ricusato da una delle parti del processo", con conseguente sistematico pregiudizio del principio del giudice naturale precostituito per legge;
3) dell'art. 3 della Costituzione, in quanto dalla scelta del giudice possono scaturire effetti discriminatori, "soprattutto in relazione alle strategie processuali";
che nel giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata non fondata.
CONSIDERATO che, come correttamente posto in risalto dalla Avvocatura dello Stato, la previsione oggetto di impugnativa rappresenta il naturale sviluppo del principio di proporzionalità sancito dal comma 2 dello stesso art. 275 cod.proc.pen., giacché, alla indefettibile correlazione che deve stabilirsi tra il differenziato livello di compressione della libertà personale, tipico di ciascuna misura, e l'entità della sanzione che si ritiene possa essere irrogata, coerentemente si sovrappone l'inapplicabilità delle più gravi misure custodiali nell'ipotesi in cui il giudice ritenga che l'irroganda pena possa non essere eseguita per la sussistenza dei presupposti che legittimano la concessione del beneficio della sospensione condizionale;
che, di conseguenza, nessuna violazione subisce il principio di presunzione di non colpevolezza, svolgendosi l'apprezzamento del giudice nel quadro di una valutazione prognostica sul merito della accusa che è coessenziale all'insorgenza stessa del procedimento cautelare, come d'altra parte stanno a testimoniare le pronunce che questa Corte ha avuto modo di adottare in punto di incompatibilità (v., da ultimo, la sentenza n. 155 del 1996);
che del tutto improprio si rivela il richiamo agli artt. 101, secondo comma, e 25, primo comma, della Costituzione, posto che il lumeggiato "rischio" per il giudice "di essere ricusato da una delle parti" non presenta alcun tipo di interferenza con i parametri che il rimettente assume esser stati violati dalla norma oggetto di impugnativa;
che del pari destituita di qualsiasi fondamento è la supposta violazione del principio di uguaglianza, giacché i riflessi che una disposizione può generare sul piano delle singole "strategie processuali" fuoriescono all'evidenza dall'ambito all'interno del quale deve essere condotto lo scrutinio di costituzionalità;
e che, pertanto, la questione deve essere dichiarata manifestamente infondata.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 275, comma 2-bis, del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 25, primo comma, 27, secondo comma, e 101, secondo comma, della Costituzione, dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Catania con l'ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'11 luglio 1996.
Mauro FERRI, Presidente
Giuliano VASSALLI, Redattore
Depositata in cancelleria il 22 luglio 1996.