Ordinanza n. 242 del 1996

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ORDINANZA N. 242

ANNO 1996

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-     Avv. Mauro FERRI Presidente

-     Prof. Luigi MENGONI

-     Prof. Enzo CHELI

-     Dott. Renato GRANATA

-     Prof. Giuliano VASSALLI

-     Prof. Francesco GUIZZI

-     Prof. Cesare MIRABELLI

-     Prof. Fernando SANTOSUOSSO

-     Avv. Massimo VARI

-     Dott. Cesare RUPERTO

-     Dott. Riccardo CHIEPPA

-     Prof. Gustavo ZAGREBELSKY

-     Prof. Valerio ONIDA

-     Prof. Carlo MEZZANOTTE

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 4 del decreto-legge 19 settembre 1992, n. 384 (Misure urgenti in materia di previdenza, di sanità e di pubblico impiego, nonché disposizioni fiscali), convertito in legge 14 novembre 1992, n. 438, promossi con due ordinanze emesse l'8 novembre 1995 e il 29 novembre 1995 dal Pretore di Milano nei procedimenti civili riuniti vertenti tra Panizzardi Angelina ed altri e l'INPS e Andreetta Mafalda ed altra e l'INPS, iscritte ai nn. 139 e 161 del registro ordinanze 1996 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 9, prima serie speciale, dell'anno 1996.

Visti gli atti di costituzione di Panizzardi Angelina e dell'INPS nonché l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 12 giugno 1996 il Giudice relatore Luigi Mengoni.

RITENUTO che, nel corso di due giudizi promossi contro l'INPS da Angelina Panizzardi ed altri per ottenere l'inte- grazione al minimo di pensioni già in godimento, il Pretore di Milano, con due ordinanze dell'8 e del 29 novembre 1995, ha sollevato, in riferimento agli artt. 24 e 38, secondo comma, Cost., questione di legittimità costituzionale dell'art. 4 del d.l. 19 settembre 1992, n. 384, convertito in legge 14 novembre 1992, n. 438, nella parte (comma 3) che prevede l'applicabilità del nuovo regime decadenziale triennale anche nel caso in cui, essendo stata la domanda di prestazione presentata prima dell'entrata in vigore del decreto-legge citato (19 settembre 1992), a questa data non fosse stato ancora proposto il ricorso amministrativo. Il primo comma della disposizione in esame reca un nuovo testo dell'art. 47, secondo e terzo comma, del d.P.R. 30 aprile 1970, n. 639, che riduce da dieci a tre anni il termine decadenziale del diritto ai ratei dei trattamenti pensionistici, aggiungendo alle due date di decorrenza alternativamente indicate dal testo originario (data di comunicazione del- la decisione del ricorso pronunziata dai competenti organi dell'Istituto, ovvero data di scadenza del termine stabili- to per la pronunzia) una terza ipotesi riferita alla "data di scadenza dei termini prescritti per l'esaurimento del procedimento amministrativo, computati a decorrere dalla da- ta di presentazione della richiesta di prestazione"; il comma 3 dispone che la nuova disciplina non si applica "ai procedimenti instaurati anteriormente alla data di entrata in vigore del presente decreto ancora in corso alla medesima data";

che, nei casi di specie, essendo stato il ricorso amministrativo proposto dopo l'entrata in vigore del d.l. n. 384 del 1992, il giudice rimettente, ha ritenuto di argomentare a contrario dalla sentenza n. 20 del 1994 di questa Corte l'applicabilità dell'art. 4, comma 1, del decreto-legge, a stregua del quale i ricorrenti sarebbero decaduti dall'azione giudiziaria, essendo ampiamente trascorsi al momento della sua proposizione tre anni dalla scadenza dei termini prescritti per l'esaurimento del procedimento amministrativo;

che, così interpretato, l'art. 4 del decreto-legge citato viene impugnato per contrasto: a) con l'art. 24 Cost., in quanto comporta il sacrificio di diritti che, fino al giorno dell'entrata in vigore del nuovo regime, esistevano e potevano essere fatti valere in giudizio; b) con l'art. 38, secondo comma, Cost., perché la mancata previsione di un regime transitorio per situazioni come quelle in questione attua una sorta di espropriazione di diritti previdenziali costituzionalmente garantiti;

che nel primo giudizio davanti alla Corte si è costituita la ricorrente concludendo per la fondatezza della questione;

che in entrambi i giudizi si è costituito l'INPS chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile o, in subordine, infondata, ed è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura dello Stato, concludendo per una dichiarazione di infondatezza.

CONSIDERATO che la questione è già stata esaminata da questa Corte e dichiarata non fondata, nei sensi di cui in motivazione, con sentenza n. 128 del 1996.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 4, comma 3, del decreto-legge 19 settembre 1992, n. 384 (Misure urgenti in materia di previdenza, di sanità e di pubblico impiego, nonché disposizioni fiscali), convertito, con modificazioni, nella legge 14 novembre 1992, n. 438, sollevata, in riferimento agli artt. 24 e 38, secondo comma, della Costituzione, dal Pretore di Milano con le ordinanze in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 27 giugno 1996.

Mauro FERRI, Presidente

Luigi MENGONI, Redattore

Depositata in cancelleria il 9 luglio 1996.