ORDINANZA N. 160
ANNO 1996
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Avv. Mauro FERRI, Presidente
- Prof. Luigi MENGONI
- Prof. Enzo CHELI
- Dott. Renato GRANATA
- Prof. Giuliano VASSALLI
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Cesare MIRABELLI
- Prof. Fernando SANTOSUOSSO
- Avv. Massimo VARI
- Dott. Cesare RUPERTO
- Dott. Riccardo CHIEPPA
- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY
- Prof. Valerio ONIDA
- Prof. Carlo MEZZANOTTE
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 7, comma 6, ultimo periodo, della legge 25 marzo 1993, n. 81 (Elezione diretta del sindaco, del presidente della provincia, del consiglio comunale e del consiglio provinciale) promosso con ordinanza emessa il 1° marzo 1995 dal Tribunale amministrativo regionale della Lombardia sul ricorso proposto da Ligorio Rocco Soleti contro il Comune di Trezzano sul Naviglio ed altra, iscritta al n. 463 del registro ordinanze 1995 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 36, prima serie speciale, dell'anno 1995.
Visto l'atto di costituzione di Ligorio Rocco Soleti nonché l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 26 marzo 1996 il Giudice relatore Cesare Mirabelli.
RITENUTO che, con ordinanza emessa il 1° marzo 1995 nel corso di un giudizio promosso da Ligorio Rocco Soleti per l'annullamento della proclamazione degli eletti alla carica di consigliere del Comune di Trezzano sul Naviglio e per correggere l'attribuzione di un seggio effettuata dall'Ufficio centrale elettorale, il Tribunale amministrativo regionale della Lombardia ha sollevato, in riferimento agli artt. 1, secondo comma, 48, secondo comma, 49 e 51, primo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 7, comma 6, ultimo periodo, della legge 25 marzo 1993, n. 81 (Elezione diretta del sindaco, del presidente della provincia, del consiglio comunale e del consiglio provinciale), limitatamente alle parole "o gruppi di liste collegate", che fanno considerare unitariamente tali liste nella ripartizione dei seggi;
che la disposizione denunciata concerne l'elezione del consiglio nei Comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti e prevede che, dopo l'assegnazione del 60 per cento dei seggi alla lista o al gruppo di liste collegate al candidato eletto sindaco, i restanti seggi siano assegnati alle altre liste o, appunto, gruppi di liste collegate con candidati non eletti alla carica di sindaco, sicché le liste raggruppate vengono considerate unitariamente ai fini della determinazione dei quozienti elettorali per l'assegnazione dei seggi, ripartiti poi nell'ambito delle liste stesse in base ai quozienti più alti di ciascuna di esse, mentre l'attribuzione dei seggi sarebbe diversa se per la minoranza avvenisse in base alla cifra elettorale di ciascuna lista, senza tener conto del loro raggruppamento;
che il giudice rimettente, condividendo i dubbi di legittimità costituzionale espressi in una precedente ordinanza del Consiglio di Stato, che ha sollevato analoga questione, ritiene che la disposizione denunciata sia in contrasto: a) con il principio di eguaglianza del voto (art. 48, secondo comma, Cost.), che non solo vieterebbe di accordare un diverso peso al voto a seconda delle qualità personali dell'elettore, ma imporrebbe anche l'applicazione di un criterio di maggioranza, coincidente con il principio di sovranità popolare (art. 1, secondo comma, Cost.), secondo la regola che è eletto chi ha più voti; b) con il pari trattamento dei candidati, quale espressione del diritto di tutti i cittadini di accedere alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza (art. 51, primo comma, Cost.); c) con il pari trattamento delle liste elettorali, da considerare come partiti politici al momento del voto (art. 49 Cost.);
che nel giudizio dinanzi alla Corte si è costituita la parte privata ricorrente nel giudizio principale, aderendo alle argomentazioni espresse dall'ordinanza di rimessione;
che è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha chiesto che la questione sia dichiarata non fondata.
CONSIDERATO che il dubbio di legittimità costituzionale concerne l'art. 7, comma 6, ultimo periodo, della legge 25 marzo 1993, n. 81, nella parte in cui prevede, facendo riferimento ai "gruppi di liste collegate", che le loro cifre elettorali siano considerate unitariamente ai fini della determinazione dei quozienti elettorali per l'assegnazione dei seggi, da ripartire poi nell'ambito delle liste collegate in base ai quozienti più alti di ciascuna di esse;
che, successivamente all'ordinanza del Tribunale amministrativo regionale della Lombardia, analoga questione, sollevata con riferimento ai medesimi parametri costituzionali, è stata dichiarata non fondata (sentenza n. 429 del 1995) in quanto: il principio di eguaglianza del voto assicura la parità di condizione dei cittadini nel momento in cui il voto è espresso, ma non si estende al risultato concreto della volontà dell'elettore, che dipende dal sistema elettorale rimesso alla scelta del legislatore ordinario (sentenze n. 43 del 1961, n. 39 del 1973 e n. 203 del 1975; da ultimo, sentenza n. 107 del 1996); inoltre il criterio di assegnazione dei seggi, che attribuisce rilievo alla somma dei voti ottenuti dalle singole liste collegate per comporre la cifra elettorale complessiva dei gruppi, anche di minoranza, considera aggregazioni che, in ragione del collegamento con lo stesso candidato alla carica di sindaco, presuppongono omogeneità di programmi politici e coalizioni dichiarate prima della votazione per l'elezione del sindaco; tale criterio non costituisce, quindi, un arbitrario trasferimento di voti da una lista ad un'altra, né altera l'espressione del voto;
che il meccanismo di ripartizione dei seggi, oggettivamente predeterminato, opera in modo eguale per tutti i candidati, attribuendo rilievo a collegamenti liberamente stabiliti e sottoposti alla valutazione degli elettori; non è quindi lesa la parità di condizione dei candidati alla carica di consigliere comunale, né toccata la libertà di associarsi in partiti politici;
che l'ordinanza di rimessione non prospetta profili o argomenti nuovi rispetto a quelli già valutati con la sentenza n. 429 del 1995; pertanto la questione deve essere dichiarata manifestamente infondata.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 7, comma 6, ultimo periodo, limitatamente alle parole "o gruppi di liste collegate", della legge 25 marzo 1993, n. 81 (Elezione diretta del sindaco, del presidente della provincia, del consiglio comunale e del consiglio provinciale), sollevata, in riferimento agli artt. 1, secondo comma, 48, secondo comma, 49 e 51, primo comma, della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale della Lombardia con l'ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 13 maggio 1996.
Mauro FERRI, Presidente
Cesare MIRABELLI, Redattore
Depositata in cancelleria il 20 maggio 1996.