Ordinanza n. 142 del 1996

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ORDINANZA N. 142

ANNO 1996

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-     Avv. Mauro FERRI, Presidente

-     Prof. Enzo CHELI

-     Dott. Renato GRANATA

-     Prof. Giuliano VASSALLI

-     Prof. Francesco GUIZZI

-     Prof. Cesare MIRABELLI

-     Prof. Fernando SANTOSUOSSO

-     Avv. Massimo VARI

-     Dott. Cesare RUPERTO

-     Dott. Riccardo CHIEPPA

-     Prof. Valerio ONIDA

-     Prof. Carlo MEZZANOTTE

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 15, comma 1, lettera e), della legge 19 marzo 1990, n. 55 (Nuove disposizioni per la prevenzione della delinquenza di tipo mafioso e di altre gravi forme di manifestazione di pericolosità sociale), come modificato dall'art. 1 della legge 18 gennaio 1992, n. 16 (Norme in materia di elezioni e nomine presso le regioni e gli enti locali), promosso con ordinanza emessa il 10 ottobre 1994 dal Tribunale di Patti nel procedimento civile vertente tra Milio Luciano e Sindoni Vincenzo Roberto, iscritta al n. 709 del registro ordinanze 1994 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 49, prima serie speciale, dell'anno 1994.

Visto l'atto di costituzione di Milio Luciano, nonché l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 21 febbraio 1996 il Giudice relatore Francesco Guizzi.

RITENUTO che con ordinanza del 10 ottobre 1994 il Tribunale di Patti - giudicando sul ricorso proposto da Luciano Milio per l'annullamento dell'elezione di Vincenzo Roberto Sindoni a Sindaco del Comune di Capo d'Orlando - ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 51 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 15, comma 1, lettera e), della legge 19 marzo 1990, n. 55 (Nuove disposizioni per la prevenzione della delinquenza di tipo mafioso e di altre gravi forme di manifestazione di pericolosità sociale), come modificato dall'art. 1 della legge 18 gennaio 1992, n. 16 (Norme in materia di elezioni e nomine presso le regioni e gli enti locali), nella parte in cui riconduce la non candidabilità alla condotta di detenzione di sostanza stupefacente come regolamentata dal d.P.R. 5 giugno 1993, n. 171;

che l'art. 15 della legge 19 marzo 1990, n. 55, come modificato dall'art. 1 della citata legge n. 16 del 1992, stabilisce al comma 1, lettera e), la non candidabilità, con conseguente nullità dell'eventuale elezione (comma 4), di coloro nei cui confronti pende procedimento penale per un delitto di cui all'art. 74 (recte: 73) del testo unico approvato con d.P.R. n. 309 del 1990, "concernente la produzione o il traffico di dette sostanze";

che, pur essendo il riferimento all'art. 73 di stretta interpretazione, l'incidentale testé riportata ("concernente la produzione o il traffico") non può essere circoscritta ad alcune ipotesi di detta previsione, e viene intesa dal giudice a quo come rinvio alla rubrica dell'art. 73 ("produzione e traffico") che coinvolge tutte le condotte descritte, ed è dunque causa di non candidabilità l'essere sottoposti a giudizio per una qualsiasi delle condotte descritte dal citato art. 73;

che il Tribunale rimettente osserva come a seguito del d.P.R. 5 giugno 1993, n. 171 - emesso in forza del risultato positivo del referendum abrogativo del 18 e 19 aprile 1993 - la fattispecie di reato contestata al Sindoni abbia rilevanza penale quando la sostanza sia destinata a terzi, dal momento che è stata depenalizzata la detenzione per uso personale;

che tuttavia, inibendosi al giudice dell'azione elettorale l'accertamento, anche in via incidentale, dell'ipotesi di cui alla contestazione (il discrimine tra illecito penale e amministrativo essendo riservato al giudice penale), si dovrebbe statuire l'ineleggibilità per fatti la cui rilevanza penale è ormai incerta;

che pertanto è dubbia la legittimità costituzionale dell'art. 15, comma 1, lettera e), della legge citata, nella parte in cui sancisce la non candidabilità di coloro che siano stati rinviati a giudizio per il reato di cui all'art. 73 del d.P.R. n. 309 del 1990, potendosi configurare una situazione di detenzione per uso personale - perciò depenalizzata - non accertabile dal giudice dell'azione elettorale, per contrasto con l'art. 3 della Costituzione, perché si vengono a equiparare, in difetto di un potere di valutazione, posizioni diverse come quelle dello spacciatore e del detentore per uso personale, nei confronti del quale sia esercitata l'azione penale sulla scorta della normativa previgente, e per contrasto con l'art. 51 della Costituzione, perché l'applicazione della norma porterebbe a statuire l'ineleggibilità anche in assenza di una preclusione legislativa;

che è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che si dichiari non fondata la questione;

che ha depositato atto di costituzione, fuori termine, Luciano Milio, ricorrente nel giudizio a quo, auspicando il rigetto della questione sollevata.

CONSIDERATO che l'atto di costituzione del Milio è tardivo e quindi inammissibile;

che questa Corte, con sentenza n. 141 del 1996, depositata in pari data, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 15, comma 1, lettera e), della citata legge n. 55 del 1990, nella parte in cui prevede la non candidabilità alle elezioni regionali, provinciali, comunali e circoscrizionali di coloro per i quali, in relazione ai delitti indicati nella precedente lettera a), è stato disposto il giudizio, ovvero per coloro che sono stati presentati o citati a comparire in udienza per il giudizio;

che a seguito della pronuncia di illegittimità costituzionale, ora richiamata, è stata espunta in radice dall'ordinamento la norma denunciata dal Tribunale rimettente;

che pertanto la questione è manifestamente inammissibile.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 15, comma 1, lettera e), della legge 19 marzo 1990, n. 55 (Nuove disposizioni per la prevenzione della delinquenza di tipo mafioso e di altre gravi forme di manifestazione di pericolosità sociale), come modificato dall'art. 1 della legge 18 gennaio 1992, n. 16 (Norme in materia di elezioni e nomine presso le regioni e gli enti locali), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 51 della Costituzione, dal Tribunale di Patti con l'ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 2 maggio 1996.

Mauro FERRI, Presidente

Francesco GUIZZI, Redattore

Depositata in cancelleria il 6 maggio 1996.