Sentenza n. 119 del 1996

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SENTENZA N. 119

ANNO 1996

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-     Avv. Mauro FERRI, Presidente

-     Prof. Luigi MENGONI

-     Prof. Enzo CHELI

-     Dott. Renato GRANATA

-     Prof. Giuliano VASSALLI

-     Prof. Francesco GUIZZI

-     Prof. Cesare MIRABELLI

-     Prof. Fernando SANTOSUOSSO

-     Avv. Massimo VARI

-     Dott. Cesare RUPERTO

-     Dott. Riccardo CHIEPPA

-     Prof. Gustavo ZAGREBELSKY

-     Prof. Valerio ONIDA

-     Prof. Carlo MEZZANOTTE

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 391- bis del codice di procedura civile, introdotto con l'art. 67 della legge 26 novembre 1990, n. 353 (Provvedimenti urgenti per il processo civile), promosso con ordinanza emessa il 4 aprile 1995 dalla Corte di cassazione sul ricorso proposto dal Comune di Venezia contro Pometon s.p.a. ed altra, iscritta al numero 677 del registro ordinanze 1995 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 43, prima serie speciale, dell'anno 1995.

Visto l'atto di costituzione del Comune di Venezia;

udito nella udienza pubblica del 5 marzo 1996 il Giudice relatore Fernando Santosuosso.

Ritenuto in fatto

1.-- Nel corso di un procedimento promosso dal Comune di Venezia contro la s.p.a. Pometon - Polveri e metalli metallurgica Toniolo - avente ad oggetto la correzione di errore materiale contenuto in una sentenza della Corte di cassazione, quest'ultima, con ordinanza emessa in data 4 aprile 1995, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 391-bis del codice di procedura civile, introdotto con l'art. 67 della legge 26 novembre 1990, n. 353 (Provvedimenti urgenti per il processo civile), nella parte in cui prevede un termine per la proposizione dell'istanza di correzione degli errori materiali delle sentenze della Corte di cassazione.

A parere del giudice a quo la norma impugnata nel prevedere un termine per la proposizione dell'istanza di correzione di errore materiale (sessanta giorni dalla comunicazione della sentenza ovvero un anno dalla pubblicazione), apparirebbe irragionevole in quanto non sarebbe rinvenibile alcun valido motivo per far acquisire definitiva immutabilità ad un provvedimento "che contiene in se stesso la esplicitazione che la dichiarazione giudiziale in esso contenuta non corrisponde alla diversa dichiarazione che invece il giudice aveva inteso emettere". Sembrerebbe inoltre violato anche il diritto di difesa perché far acquisire definitiva immutabilità ad una sentenza affetta da errore materiale equivale a precludere al soggetto di far valere un diritto che quel provvedimento giurisdizionale gli attribuisce.

Rileva infine il giudice rimettente che l'irragionevolezza della previsione contenuta nella norma censurata sarebbe avvalorata dal fatto che nel giudizio di merito l'istituto della correzione di errori materiali non risulta essere sottoposto ad alcun termine, come si evince dall'art. 287 del codice di procedura civile.

2.-- Nel giudizio avanti alla Corte costituzionale si è costituito il Comune di Venezia insistendo per l'accoglimento della questione.

La difesa, nell'aderire alle argomentazioni formulate nell'ordinanza di rimessione, ha osservato che la disciplina della correzione degli errori materiali delle sentenze della Corte di cassazione, introdotta con la novella del 1990, discende da una affrettata quanto inopportuna scelta di voler accomunare la disciplina suddetta a quella, concettualmente del tutto diversa, dell'errore di fatto revocatorio. Ed invero, mentre la revocazione per errore di fatto è suscettibile di condurre ad una modificazione "sostanziale" del provvedimento impugnato, non è così per la correzione di errore materiale che è semplicemente diretta ad emendare la sentenza degli errori per far sì che essa corrisponda effettivamente al provvedimento che il giudice aveva voluto emettere.

3.-- Non ha spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei ministri.

Considerato in diritto

1.-- La Corte di cassazione ritiene rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 391-bis, del codice di procedura civile, introdotto con l'art. 67 della legge 26 novembre 1990, n. 353, nella parte in cui prevede un termine per la proposizione dell'istanza di correzione degli errori materiali delle sentenze della Corte di cassazione. A parere del giudice a quo tale previsione si porrebbe in contrasto:

- con l'art. 3 della Costituzione in quanto appare irragionevole far acquisire immutabilità ad un provvedimento che contiene in se stesso la esplicitazione che la dichiarazione giudiziale in esso formalmente contenuta non corrisponde alla diversa dichiarazione che il giudice aveva inteso emettere;

- con l'art. 3 della Costituzione in quanto l'istituto della correzione degli errori materiali delle sentenze di merito risulta disciplinato diversamente non essendo previsto alcun termine per la proposizione dell'istanza di correzione;

- con l'art. 24 della Costituzione in quanto far acquisire definitiva immutabilità ad una sentenza affetta da un errore materiale equivale a precludere al soggetto di far valere un diritto che un provvedimento giurisdizionale gli attribuisce.

2.-- La questione è fondata.

Com'è noto, prima della introduzione, ad opera della citata novella del 1990, dell'art. 391-bis del codice di procedura civile, parte della dottrina e della giurisprudenza di legittimità erano orientate nel senso di ritenere estensibile il procedimento per la correzione degli errori materiali previsto dall'art. 287 del codice di rito anche alle sentenze della Corte di cassazione. Tale orientamento fu ribadito da una pronuncia delle sezioni unite della Suprema Corte (n. 1104 del 14 febbraio 1983), la quale ebbe modo di affermare che le regole poste dagli artt. 287 e 288 del codice di procedura civile, pur se apparentemente dettate per le sentenze dei giudici di merito, dovevano ritenersi applicabili anche alle decisioni del giudice di legittimità in quanto la procedura di correzione, non costituendo un mezzo di impugnazione, non ferisce il principio di inimpugnabilità di queste sentenze, atteso che anche le pronunce della Corte di cassazione possono essere affette da errori materiali.

3.-- Successivamente, con l'art. 67 della legge 26 novembre 1990, n. 353, si è inteso inserire nel codice di procedura civile l'art. 391-bis allo scopo di disciplinare sia il procedimento di correzione degli errori materiali che quello di revocazione delle sentenze della Corte di cassazione per errore di fatto ai sensi dell'art. 395, numero 4, uniformando così i due istituti che sono, tuttavia, eterogenei poiché il primo consiste in una emenda che non incide sulla volontà del giudice, mentre il secondo può condurre a modificare la decisione.

Nel dettare una disciplina unitaria, il legislatore ha condizionato entrambi i ricorsi al rispetto di termini perentori, e parte della dottrina ha ritenuto che questo comune condizionamento risponderebbe all'esigenza di evitare difficoltà ad interpreti e ad operatori del diritto, specie nella distinzione in concreto fra errore materiale ed errore revocatorio.

4.-- Senonché, come esattamente rilevato nell'ordinanza di rimessione, questa previsione normativa appare porsi in contrasto con gli artt. 3 e 24 della Costituzione, dal momento che - impedendo dopo un certo tempo la correzione di errori materiali - viene a cristallizzare, senza un ragionevole motivo, un provvedimento giudiziario contenente un accertabile errore materiale, ovviamente non voluto dal giudice, ma che potrebbe essere pregiudizievole per i diritti soggettivi delle parti; pregiudizio che, peraltro, solo eccezionalmente viene eliminato in via interpretativa in sede di eventuale opposizione all'esecuzione della sentenza.

Non appare pertanto rispondente al canone di ragionevolezza l'aver accomunato, quanto alla disciplina, i due istituti in questione, essendosi anche omesso di considerare che l'errore materiale, stante la sua materialità, emerge dal testo della sentenza, mentre l'errore di fatto revocatorio risulta solo dagli atti e documenti di causa.

Deve, infine, rilevarsi che l'esperibilità senza limiti cronologici della istanza di correzione appare essere in linea con la esigenza di porre in chiaro l'effettivo contenuto della decisione svisato nella sua documentazione grafica.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 391-bis del codice di procedura civile, introdotto con l'art. 67 della legge 26 novembre 1990, n. 353 (Provvedimenti urgenti per il processo civile), nella parte in cui prevede un termine per la proposizione dell'istanza di correzione degli errori materiali delle sentenze della Corte di cassazione.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 15 aprile 1996.

Mauro FERRI, Presidente

Fernando SANTOSUOSSO, Redattore

Depositata in cancelleria il 18 aprile 1996.