Ordinanza n. 116 del 1996

 CONSULTA ONLINE 

ORDINANZA N. 116

ANNO 1996

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-     Avv. Mauro FERRI, Presidente

-     Prof. Luigi MENGONI

-     Prof. Enzo CHELI

-     Dott. Renato GRANATA

-     Prof. Giuliano VASSALLI

-     Prof. Francesco GUIZZI

-     Prof. Cesare MIRABELLI

-     Prof. Fernando SANTOSUOSSO

-     Avv. Massimo VARI

-     Dott. Cesare RUPERTO

-     Dott. Riccardo CHIEPPA

-     Prof. Gustavo ZAGREBELSKY

-     Prof. Valerio ONIDA

-     Prof. Carlo MEZZANOTTE

ha pronunciato la seguente

 

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 1, 2, e 5 del decreto-legge 25 novembre 1994, n. 649 (Misure urgenti per il rilancio economico ed occupazionale dei lavori pubblici e dell'edilizia privata), promosso con ordinanza emessa il 29 novembre 1994 dal Pretore di Lecce, sezione distaccata di Nardò, nel procedimento penale a carico di Murciano Michele ed altro, iscritta al n. 502 del registro ordinanze 1995 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 38, prima serie speciale, dell'anno 1995.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 26 marzo 1996 il Giudice relatore Riccardo Chieppa.

RITENUTO che, nel corso di un procedimento penale per violazioni edilizie, il Pretore di Lecce, sezione distaccata di Nardò, con ordinanza del 29 novembre 1994, pervenuta alla Corte costituzionale il 26 luglio 1995 (R.O. n. 502 del 1995), ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt. 1, 2 e 5 del decreto-legge 25 novembre 1994, n. 649 (Misure urgenti per il rilancio economico ed occupazionale dei lavori pubblici e dell'edilizia privata);

che, ad avviso del giudice a quo, la normativa impugnata, nel riaprire, a distanza di circa dieci anni, i termini per la concessione del cosiddetto "condono edilizio" previsto dai Capi IV e V della legge 28 febbraio 1985, n. 47, si porrebbe anzitutto in contrasto con gli artt. 77 e 87 della Costituzione, per mancanza del requisito della necessità e dell'urgenza -- che, solo, legittima il ricorso al decreto-legge -- non apparendo la normativa stessa determinata dalla insorgenza di circostanze impreviste ma, se mai, dalla verifica di una progressiva estensione del fenomeno dell'abusivismo;

che, sarebbe, altresì, violato l'art. 79 della Costituzione, in quanto la reviviscenza dell'istituto del condono costituirebbe specie di una generale misura di clemenza, emessa al di fuori dei limiti procedimentali sanciti dalla invocata norma costituzionale per la concessione dell'amnistia, con incidenza negativa anche sul principio di uguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione;

che, infine, il pretore rimettente deduce il vulnus all'art. 9 della Costituzione, sotto il profilo della violazione del principio della tutela dei valori dell'ambiente e del patrimonio storico ed artistico della Nazione;

che nel giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, con il patrocinio dell'Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso per la manifesta inammissibilità della questione.

CONSIDERATO che il decreto-legge impugnato è decaduto per la mancata conversione in legge nel termine previsto dall'art. 77 della Costituzione, come risulta dal comunicato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 21 del 26 gennaio 1995;

che, peraltro, anteriormente alla decadenza del citato decreto-legge, è entrata in vigore la legge 23 dicembre 1994, n. 724, che, all'art. 39, ha regolato il sistema del nuovo condono edilizio in modo parzialmente diverso (e non completo) rispetto a quello previsto dal decreto stesso;

che detto art. 39 deve, a sua volta, essere letto (sentenza n. 427 del 1995) in connessione indissolubile con le altre disposizioni dettate in materia di sanatoria edilizia ed in materia urbanistica ed edilizia, in origine in uno stesso testo normativo e poi separate dai successivi decreti-legge -- l'ultimo dei quali, attualmente vigente, è il d.l. 25 marzo 1996, n. 154 -- che hanno, nel frattempo, riprodotto, in maniera tutt'altro che coincidente e con una serie di progressive varianti, parte delle originarie disposizioni del d.l. n. 649 del 1994, oggetto del presente giudizio di legittimità costituzionale;

che tale mutato quadro normativo rende necessaria la restituzione degli atti al giudice a quo perché valuti la rilevanza della questione sollevata alla stregua della nuova disciplina.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

ordina la restituzione degli atti al Pretore di Lecce, sezione distaccata di Nardò.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 28 marzo 1996.

Mauro FERRI, Presidente

Riccardo CHIEPPA, Redattore

Depositata in cancelleria il 12 aprile 1996.