ORDINANZA N.109
ANNO 1996
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Avv. Mauro FERRI, Presidente
- Prof. Luigi MENGONI
- Prof. Enzo CHELI
- Dott. Renato GRANATA
- Prof. Giuliano VASSALLI
- Prof. Cesare MIRABELLI
- Prof. Fernando SANTOSUOSSO
- Avv. Massimo VARI
- Dott. Cesare RUPERTO
- Dott. Riccardo CHIEPPA
- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY
- Prof. Valerio ONIDA
- Prof. Carlo MEZZANOTTE
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 3-bis del decreto-legge 16 febbraio 1987, n. 27 (Misure urgenti in materia di enti di gestione fiduciaria), convertito, con modifiche, in legge 13 aprile 1987, n. 148, promosso con ordinanza emessa il 19 ottobre 1993 dal Tribunale di Torino nel procedimento civile vertente tra Coop. Financial Improvement Cooperative s.r.l. e Fallimento Coop. Financial Improvement Cooperative s.r.l., iscritta al n. 732 del registro ordinanze 1995 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 46, prima serie speciale, dell'anno 1995.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 6 marzo 1996 il Giudice relatore Renato Granata.
RITENUTO che il Tribunale di Torino con ordinanza del 19 ottobre 1993 ha sollevato questione incidentale di legittimità costituzionale,per contrasto con l'art. 3 della Costituzione, dell'art. 3-bis del decreto-legge 16 febbraio 1987, n. 27 (Misure urgenti in materia di enti di gestione fiduciaria), convertito con modifiche in legge 13 aprile 1987, n.148, nella parte in cui assoggetta a liquidazione coatta amministrativa con esclusione del fallimento le sole società che, senza autorizzazione, svolgano attività corrispondente alle previsioni di cui alla legge 23 novembre 1939, n.1966 (c.d. fiduciarie di fatto) e non anche gli enti i quali, parimenti senza autorizzazione, svolgano attività corrispondente a quella degli enti di gestione fiduciaria di cui all'abrogato art. 45 del Testo Unico 13 febbraio 1959, n. 448;
che in tal modo si determina un'arbitraria diversità di trattamento tra società fiduciarie di fatto (sottoponibili, ai sensi della menzionata norma, esclusivamente a liquidazione coatta amministrativa) ed enti di gestione fiduciaria di fatto (assoggettabili invece a fallimento);
che tale differente disciplina è - secondo il giudice rimettente - arbitraria ove si consideri che sia le società fiduciarie sia gli enti di gestione fiduciaria sono esenti da fallimento e sottoposti invece a liquidazione coatta;
che vi è quindi una ingiustificata asimmetria nel sistema istituito dal legislatore ordinario, per effetto della quale, nell'ambito dell'attività fiduciaria in genere, le società fiduciarie sono soggette a liquidazione coatta con esclusione di fallimento sia che operino con autorizzazione sia che operino di fatto, mentre per gli enti di gestione fiduciaria, di cui all'abrogato art. 45 cit., la sottoposizione a liquidazione coatta con esenzione da fallimento è circoscritta ai soli enti autorizzati essendo invece soggetti a fallimento quelli che operino di fatto;
che è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile per difetto di rilevanza o comunque infondata nel merito, atteso che la radicale differenza tra le società fiduciarie e gli enti di gestione fiduciaria e la diversità organizzativa e funzionale dei due soggetti comportano che ragionevolmente le rispettive discipline siano e possano essere differenziate.
CONSIDERATO che la questione è ammissibile atteso che motivatamente il tribunale rimettente ha ritenuto che nel caso di specie la società opponente alla sua dichiarazione di fallimento abbia svolto attività corrispondente a quella degli enti di gestione fiduciaria;
che nel merito deve innanzi tutto considerarsi la non assimilabilità di tali enti alle società fiduciarie dal momento che queste ultime hanno ad oggetto l'amministrazione dei beni per conto di terzi (oltre alle possibili attività che non rilevano), mentre gli enti suddetti hanno ad oggetto la gestione fiduciaria dei beni conferiti da terzi, corrispondendo utili sulla gestione (o interessi) sicché le discipline dettate per le une e per gli altri non sono riconducibili ad una medesima ratio e conseguentemente non è possibile porle in comparazione per dedurne alcuna disparità di trattamento;
che d'altra parte neppure sussiste alcuna simmetria tra la fattispecie legale e quella di fatto giacché mentre la società fiduciaria di fatto ha il suo referente in quella ritualmente autorizzata, l'ente fiduciario di fatto non avrebbe analogo corrispondente essendo stato abrogato l'art. 45 cit. proprio dall'art. 1 d.l. 16 febbraio 1987, n. 27, cit.; sarebbe stato quindi illogico e contradditorio - come esattamente ha rilevato l'Avvocatura dello Stato - che il legislatore, mentre abrogava l'art. 45, avesse dato rilievo ad una (non più ipotizzabile) attività corrispondente a quella degli enti di gestione fiduciaria in via di estinzione come tali;
che, infine, la disposizione allegata come tertium comparationis ha carattere eccezionale e quindi, in ragione di tale natura, non può essere utilmente invocata per estenderne l'ambito di operatività.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.87 e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 3-bis del decreto-legge 16 febbraio 1987, n. 27 (Misure urgenti in materia di enti di gestione fiduciaria), convertito, con modifiche, in legge 13 aprile 1987, n.148, sollevata, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dal Tribunale di Torino con l'ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 26 marzo 1996.
Mauro FERRI, Presidente
Renato GRANATA, Redattore
Depositata in cancelleria il 4 aprile 1996.