Ordinanza n. 103 del 1996

 CONSULTA ONLINE 

ORDINANZA N.103

ANNO 1996

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-     Avv. Mauro FERRI, Presidente

-     Prof. Luigi MENGONI

-     Prof. Enzo CHELI

-     Dott. Renato GRANATA

-     Prof. Giuliano VASSALLI

-     Prof. Francesco GUIZZI

-     Prof. Cesare MIRABELLI

-     Prof. Fernando SANTOSUOSSO

-     Avv. Massimo VARI

-     Dott. Cesare RUPERTO

-     Dott. Riccardo CHIEPPA

-     Prof. Gustavo ZAGREBELSKY

-     Prof. Valerio ONIDA

-     Prof. Carlo MEZZANOTTE

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 29 della legge 16 giugno 1927, n. 1766 (Conversione in legge del r.d. 22 maggio 1924, n. 751, riguardante il riordinamento degli usi civici nel Regno, del r.d. 28 agosto 1924, n. 1484, che modifica l'art. 26 del r.d. 22 maggio 1924, n. 751, e del r.d 16 maggio 1926, n. 895, che proroga i termini assegnati dall'art. 2 del r.d.l. 22 maggio 1924, n. 751), e 66 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 (Attuazione della delega di cui all'art. 1 della legge 22 luglio 1975, n. 382), promosso con ordinanza emessa il 22 maggio 1995 dal Commissario per la liquidazione degli usi civici della Toscana, del Lazio e dell'Umbria, nel procedimento civile vertente tra il Comune di Barbarano Romano e Cocchi Filippo ed altro iscritta al n. 433 del registro ordinanze 1995 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 30, prima serie speciale, dell'anno 1995.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 20 marzo 1996 il giudice relatore Luigi Mengoni.

RITENUTO che nel corso di un giudizio promosso dal Comune di Barbarano Romano contro i signori Filippo e Giuseppe Cocchi per fare accertare la natura giuridica di alcuni terreni, siti nel territorio comunale, attualmente posseduti dai convenuti, il Commissario per la liquidazione degli usi civici della Toscana, del Lazio e dell'Umbria, con ordinanza in data 22 maggio 1995, ha sollevato - in riferimento agli artt. 3, 9, 24, primo comma, 97, primo comma, 104, primo comma, e 108, secondo comma, della Costituzione - questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 29 della legge 16 giugno 1927, n. 1766, e 66 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, nella parte in cui rendono possibile la contemporanea pendenza, in sede di giurisdizione commissariale e in sede di amministrazione regionale, di due procedimenti paralleli entrambi tendenti ad accertare la qualitas soli dei medesimi terreni, creando le premesse per: a) l'insorgenza di un eventuale conflitto tra le attribuzioni del Commissario e quelle della Regione; b) l'eventuale mancato rispetto sostanziale, da parte della Regione stessa, del giudicato formale in ipotesi formatosi in sede di giurisdizione commissariale;

che, ad avviso del rimettente, i citati parametri costituzionali sarebbero violati in quanto la normativa impugnata, a causa dell'irrazionale mancanza di coordinamento dell'art. 66 del d.P.R. n. 616 con l'organico sistema normativo preesistente nella materia, non assicura "un'efficace tutela giudiziaria ai diritti di carattere immobiliare, privati e collettivi, a rilievo anche paesaggistico", coinvolti nelle procedure in questione, e neppure garantisce la necessaria indipendenza dell'attività giudiziaria e l'imparzialità e la correttezza dell'attività amministrativa, dando luogo alla possibilità di accertamenti contraddittori;

che, per rimuovere tale stato di diritto, ritenuto non conforme alla Costituzione, si propone a questa Corte una sentenza che o riconosca al giudicato commissariale in tema di demani collettivi efficacia preclusiva dell'esercizio dei poteri di accertamento dell'autorità amministrativa regionale oppure attribuisca alla pendenza di un giudizio di accertamento della qualitas soli davanti al Commissario efficacia sospensiva del procedimento amministrativo in corso;

che nel giudizio davanti alla Corte costituzionale è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura dello Stato, chiedendo che la questione dia dichiarata inammissibile o infondata.

CONSIDERATO che non sussiste pregiudizialità in senso tecnico tra l'accertamento giudiziale della qualitas soli e l'esercizio delle funzioni amministrative spettanti alla Regione in ordine ai diritti civici gravanti sui terreni di cui si controverte, essendo sempre possibile promuovere davanti al Commissario l'accertamento di una situazione giuridica diversa da quella asseverata dalla perizia regionale e posta a base del relativo provvedimento;

che pertanto il mancato coordinamento dei due procedimenti nella forma della sospensione obbligatoria di quello amministrativo, essendo il riflesso della loro autonomia, non contrasta con nessuno dei principi costituzionali richiamati, tanto più che nel caso in esame non si prospetta nemmeno la possibilità, presente in altri casi, di giudicati contraddittori (si pensi, per esempio, alla possibilità di proposizione contestuale dell'azione individuale di impugnativa del licenziamento ex art. 18, ultimo comma, della legge 20 maggio 1970, n. 300, e dell'azione collettiva inibitoria ex art. 28 della medesima legge);

che la soluzione - proposta in alternativa alla sospensione obbligatoria del procedimento amministrativo - di rendere opponibile il giudicato commissariale alla Regione pur quando non sia stata parte del processo, in deroga al principio dell'art. 2909 cod.civ., è chiaramente osteggiata dall'art. 24 Cost.;

che nei casi, come quello di specie, in cui la controversia sulla demanialità civica di un terreno insorga tra il Comune e un privato, il Commissario ha il mezzo per ovviare ai paventati inconvenienti ordinando l'intervento della Regione nel processo ai sensi dell'art. 107 cod. proc. civ.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 57, e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 29 della legge 16 giugno 1927, n. 1766 (Conversione in legge del r.d. 22 maggio 1924, n. 751, riguardante il riordinamento degli usi civici nel Regno, del r.d. 28 agosto 1924, n. 1484, che modifica l'art. 26 del r.d. 22 maggio 1924, n. 751 e del r.d. 16 maggio 1926, n. 895, che proroga i termini assegnati dall'art. 2 del r.d.l. 22 maggio 1924, n. 751), e dell'art. 66 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 (Attuazione della delega di cui all'art. 1 della legge 22 luglio 1975, n. 382), sollevata, in riferimento agli artt. 3, 9, 24, primo comma, 97, primo comma, 104, primo comma, e 108, secondo comma, della Costituzione, dal Commissario per la liquidazione degli usi civici della Toscana, del Lazio e dell'Umbria con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 25 marzo 1996.

Mauro FERRI, Presidente

Luigi MENGONI, Redattore

Depositata in cancelleria il 3 aprile 1996.